di Paul De Maeyer
ROMA, lunedì, 16 maggio 2011 (ZENIT.org).- Non ci sarà dunque alcuna svolta riguardo al suicidio assistito nel cantone svizzero di Zurigo, il quale ospita nella località di Forch la sede legale della controversa associazione Dignitas. In un referendum locale, tenutosi domenica 15 aprile, gli “Stimmbürger” o “cittadini-elettori” del cantone germanofono, che conta circa 1,2 milioni di abitanti, cioè quasi un sesto dell’intera popolazione della Confederazione elvetica (più di 7,8 milioni di abitanti, suddivisi in 26 cantoni e semicantoni), hanno deciso infatti di lasciare le cose così come stavano e di non apportare alcuna modifica.
Il “popolo sovrano” doveva esprimersi su due iniziative popolari presentate da altrettante formazioni politiche, il Partito Evangelico Popolare e l’Unione Democratica Federale (un partito di ispirazione cattolica). La prima consultazione popolare, la quale si intitolava significativamente “Stopp der Suizidhilfe” (Stop all’aiuto al suicidio), chiedeva di lanciare un’iniziativa cantonale davanti al parlamento federale di Berna per rendere punibile sia il suicidio assistito che l’istigazione alla prassi. Secondo l’agenzia ATS (Agenzia Telegrafica Svizzera), appena il 15,52% dei votanti – ossia 43.165 cittadini – ha detto “sì”. Nettissima invece è stata la percentuale di coloro che hanno respinto la proposta: l’84,48% o meglio 234.956 abitanti del cantone.
Un po’ meno amplia ma altrettanto eloquente è stata la proporzione di cittadini che ha rigettato la seconda iniziativa, battezzata “Nein zum Sterbetourismus im Kanton Zürich” (No al turismo della morte nel cantone Zurigo), la quale mirava a fermare il suicidio assistito di non residenti a Zurigo, sia abitanti di altri cantoni svizzeri che stranieri. Il 78,41 dei votanti ha detto infatti “no” alla proposta, ovvero 218.602 cittadini. Invece poco più di un quinto dell’elettorato del cantone (cioè il 21,59%) l’ha approvata, ossia 60.186 abitanti. Nelle intenzioni dei promotori della seconda iniziativa, solo persone che hanno vissuto almeno un anno nel cantone potevano accedere ai servizi di associazioni come Dignitas.
L’esito è stato accolto con soddisfazione da parte dei sostenitori del suicidio assistito, fra cui Bernhard Sutter. Secondo il vice presidente di Exit – l’altra nota associazione che offre “aiuto” al suicidio -, il risultato di questa domenica rappresenta una sconfitta per i “fondamentalisti religiosi” e una vittoria per l’autodeterminazione. “Né lo Stato né la Chiesa hanno voce in capitolo nel morire. Il popolo non vuole farsi rubare la possiblità di decidere autonomamente sulla morte”, ha detto a caldo Sutter all’ATS. Netta, persino disprezzante, è stata anche la reazione del fondatore di Dignitas, Ludwig Minelli, il quale ha parlato della disfatta dei “Sektenbrüder und Betschwestern”, cioè “dei fratelli settari e delle bigotte” (Tagesanzeiger, 15 maggio).
Mentre la partecipazione alla consultazione popolare – l’elettorato doveva esprimersi in totale su 10 questiti – si è attestata sul 33,6%, la bocciatura della doppia iniziativa popolare riguardante l’eutanasia attiva indiretta conferma dunque l’orientamento liberale o “tollerante” approvato dagli stessi zurighesi già 34 anni fa. E questa volta – così osservano i media svizzeri – non c’è stata neppure la quasi tradizionale differenza città-campagna o “Stadt-Land-Gefälle” : infatti in nessun comune del cantone le due proposte sul suicidio assistito sono state approvate.
E’ rimasto deluso invece Hans Peter Häring, consigliere cantonale per l’Unione Democratica Federale, soprattutto per il fatto che neppure nelle zone tradizionalmente più credenti i “valori della Bibbia e della Parola di Dio” hanno trovato una maggioranza (Tagesanzeiger, idem).
Tutti i commentatori sono d’accordo che il voto di domenica è un messaggio chiaro e netto alle autorità federali e in particolare al ministro o “consigliera” federale Simonetta Sommaruga. Alla guida del Dipartimento Federale di Giustizia e Polizia dal 1° novembre scorso, la consigliera socialista del Ticino ha promesso infatti di presentare entro l’estate una nuova proposta legislativa per regolamentare la pratica e combattere gli abusi.
La Svizzera ammette infatti l’accompagnamento alla morte a condizione – come stabilisce l’art. 115 del Codice penale della Confederazione – che la pratica non non sia legata a “motivi egoistici”. Secondo gli oppositori al suicidio assistito, proprio questo è forse il caso dell’associazione Dignitas, il cui fondatore e direttore – Ludwig Minelli – è diventato un “milionario” nell’arco di un solo decennio. Come rivelato dal Telegraph (24 giugno 2010), il suo patrimonio personale supera 1,2 milioni di sterline ed include ad esempio una villa lussuosa. Mentre Minelli si è difeso dicendo che si tratta di un’eredità lasciatagli dalla madre, rimane il fatto che il prezzo di un suicidio assistito “semplice” in una “clinica” di Dignitas è aumentato di parecchio negli ultimi anni: da 1.800 sterline nel 2005 è balzato a 4.500 sterline nel 2010. Un suicidio “tutto compreso” (sono incluse ad esempio le spese funebri e mediche) costava l’anno scorso almeno 7.000 sterline.
Un altro punto problematico è lo smaltimento delle urne funerarie delle persone decedute nelle strutture di Dignitas. Sdegno ha provocato l’anno scorso il ritrovamento di una grande quantità di urne nel lago di Zurigo, al largo di Küssnacht, con il logo del crematorio di Nordheim, cioè quello utilizzato dall’associazione di Ludwig Minelli. Anche se la procura di Zurigo ha deciso nel luglio scorso di archiviare la causa per mancanza di prova, c’è un forte sospetto che sia stata proprio Dignitas a gettare le urne nel lago, che funge da riserva idrica. Ancora prima della scoperta, un’ex collaboratrice di Dignitas, Soraya Wernli, aveva accusato infatti l’associazione di aver buttato i resti di circa 300 “clienti” nel lago di Zurigo (Times Online, 25 ottobre 2008).
A gettare ombre scure sul “modus operandi” di Dignitas è stato un altro episodio sconcertante. Nel novembre 2007 l’associazione ha aiutato due cittadini tedeschi a morire in una macchina ferma in un parcheggio nella località di Maur, sul Greifensee, a sud-est di Zurigo.
L’esito del referendum di questa domenica significa dunque che gli stranieri potranno continuare a bussare alla porta di Dignitas (Exit non accetta candidati suicidi stranieri). Dai dati forniti dall’associazione emerge che fino alla fine del 2010 ha accompagnato verso la morte ben 1.138 persone, in grande maggioranza stranieri, soprattutto tedeschi, britannici e francesi.
In tutto il discorso sul suicidio assistito si tende a dimenticare un elemento: come nel caso della pena di morte anche nel suicidio assistito il rischio di un “errore” è sempre dietro l’angolo. Basta alle volte un buon medico di famiglia per rimettere un paziente ritenuto “terminale” sulla strada del miglioramento. Lo dimostra almeno l’esempio di Andrew Barnes, di Topsham, un sobborgo di Exeter, nella Cornovaglia. Come rivela l’Exmouth Journal (13 maggio), a bloccare “in extremis” il viaggio di solo andata in Svizzera del cinquantacinquenne, a cui lo specialista aveva dato solo tre mesi di vita, è stato il proprio medico di base, che gli aveva suggerito di smettere di bere e di seguire una cura per risolvere la mancanza di potassio. Barnes ha seguito questi consigli e oggi sta molto meglio, anche se poi non vuole rinnegare il suicidio assistito.