Grandi aspettative per il Cardinale Scola a Milano

Tornielli racconta in un libro il nuovo Arcivescovo ambrosiano

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di Antonio Gaspari

ROMA, giovedì, 8 settembre 2011 (ZENIT.org).- La nomina ad Arcivescovo di Milano del Cardinale Angelo Scola sta suscitando molte speranze nel popolo ambrosiano.

Secondo quanto annunciato dal Vicario generale, monsignor Carlo Redaelli, il Cardinale Scola prenderà possesso della Diocesi venerdì 9 settembre.

Sono già previsti incontri con i mondi della “fragilità” (27 settembre), della cultura (29 settembre), dell’economia e del lavoro (4 ottobre) e della politica (6 ottobre).

Tra il 12 ottobre e l’8 novembre il Cardinale Scola visiterà le Zone pastorali.

Tante sono le domande sul nuovo Arcivescovo e su come intende governare la Diocesi, che è una delle più importanti al mondo.

Per cercare di conoscere la storia e i programmi del nuovo Arcivescovo di Milano, ZENIT ha intervistato il giornalista e scrittore Andrea Tornielli, che ha appena pubblicato una biografia del Cardinale Angelo Scola dal titolo “Il futuro e la speranza” (edizioni Piemme).

Chi è Angelo Scola? Qual è la sua storia e quali le sue rilevanti virtù?

Tornielli: Angelo Scola è un Vescovo che proviene da una famiglia umile: il padre era un camionista, socialista massimalista, e leggeva l’Unità e l’Avanti!. La madre era religiosissima. La mamma lo introdusse alla fede cristiana, il padre volle che studiasse. Il nuovo Arcivescovo di Milano ha ricordato: “La passione per il popolo l’ho presa da lui. Gli devo molto. Compreso il fatto che, essendo un socialista massimalista, mi ha fatto studiare perché ‘l’Unità’ e l’’Avanti!’ raccomandavano di mandare i figli a scuola… Si ammazzò di lavoro, per farci studiare”.

Cosa cambia nella Diocesi di Milano con l’arrivo del Cardinale Scola?

Tornielli: E’ presto per dirlo: ogni nuovo Vescovo, a motivo della sua formazione e del suo temperamento, e soprattutto a motivo delle priorità che individua, porta dei cambiamenti. Si può cercare di intuire qualcosa guardando agli anni – quasi dieci – trascorsi a Venezia. Scola da un lato ha insistito molto sull’evangelizzazione e sull’unità della Chiesa, dall’altro non ha mancato di dialogare con tutti i mondi – da quello della cultura a quello della politica -, puntando in particolare sull’educazione. Il polo Marcianum, che comprende un percorso formativo dalle scuole materne all’università, ne è un esempio.

Negli anni Settanta i seguaci di monsignor Luigi Giussani trovarono difficoltà ad essere pienamente accettati nella Diocesi milanese. Perché?

Tornielli: Erano anni difficili per i nuovi movimenti, vissuti talvolta come un corpo estraneo nella Chiesa “istituzionale”. C’è chi ritiene che la decisa opposizione, soprattutto nei confronti dei chierici vicini a don Giussani, sia stata determinata dal ricordo di quanto accaduto nella Diocesi ambrosiana al tempo del beato Cardinale Andrea Ferrari e protrattosi fino all’episcopato di Achille Ratti, quando a Milano esisteva una sorta di doppio clero, con due seminari, uno di tendenza più “modernista”, l’altro più “tradizionale”. Il Papa aveva mandato l’abate Alfredo Ildefonso Schuster, anche lui oggi beato, a compiere una visita apostolica, e sarebbe stato lo stesso Schuster a diventare, successivamente, Arcivescovo di Milano. Per i preti che si erano formati in quegli anni, lo spettro del clero diviso, del “doppio clero”, doveva ancora aleggiare, e questo potrebbe aver influito in modo significativo nel clima di sospetto che circondava i seminaristi ciellini.

Come è accaduto che l’allora seminarista Angelo Scola dovette andare a Teramo per diventare sacerdote?

Tornielli: I seminaristi ciellini erano mal sopportati. Nel caso di Scola il motivo dell’allontanamento fu legato al servizio militare. L’obbligo della leva decadeva nel momento in cui i seminaristi ricevevano l’ordine del suddiaconato, che veniva amministrato di norma solo all’inizio dell’ultimo anno di teologia. Ma Scola prima di entrare in seminario aveva fatto l’università: chiese che gli venisse anticipato il suddiaconato, in modo da non dover abbandonare il seminario e gli studi teologici per fare il militare, senza alcuna prospettiva certa di poter rientrare a Venegono. I superiori gli comunicarono che non intendevano anticipare il suddiaconato. E così il futuro Arcivescovo di Milano, durante l’estate del 1969, dopo essersi confrontato con don Giussani ed altri sacerdoti ambrosiani, decise di non incominciare il nuovo anno nel seminario ambrosiano. Voleva diventare prete, non indossare la divisa e abbandonare gli studi per diciotto mesi, che avrebbero potuto comportare fino a tre anni di lontananza dagli studi seminaristici. Trovò accoglienza dal Vescovo di Teramo Abele Conigli.

Quali i problemi pastorali della Diocesi di Milano, e in che modo interverrà il Cardinale Scola?

Tornielli: La Diocesi ha molti problemi, innanzitutto il calo delle vocazioni. Immagino che la cura del seminario sarà una priorità. C’è poi il problema delle comunità pastorali, una riforma che si è resa necessaria a motivo della scarsità dei preti, ma che nell’essere attuata non ha mancato di provocare qualche problema. C’è stata anche qualche difficoltà nell’introduzione del nuovo Lezionario. Ma credo che la vera, decisiva questione rimanga quella dell’annuncio del Vangelo in una società sempre più secolarizzata.

Tutti concordano sulle qualità intellettuali e pastorali del Cardinale Scola. Qualcuno però sostiene che il suo modo di parlare non sia sempre facile da comprendere. Lei che ne pensa?

Tornielli: Credo che lo stesso Cardinale se ne sia reso conto, dato che nella lunga intervista di congedo rilasciata al settimanale diocesano Gente Veneta ha affermato: “Questo tempo a Venezia mi ha fatto via via capire quanto ancora di intellettualistico e di astratto c’era nel mio modo di vivere e di proporre l’esperienza cristiana, cosa che poteva non favorire il mio rapporto con il popolo di Dio, che è invece il compito numero uno del pastore. Ho imparato un po’ di più ad abbandonarmi alle circostanze, a non pretendere di dominarle, ad aprirmi di più a tutte le persone che incontravo, a cercare sempre il positivo nel mio interlocutore anche quando vistosamente aveva un’opinione diversa dalla mia. E’ un ridimensionamento che va nella direzione di una domanda di maggiore umiltà. Meno fiducia nelle mie capacità, nelle mie forze; più domanda di aiuto a Dio e alla Vergine Santissima, come dice il mio motto: Basta la Tua grazia”.

Da Patriarca di Venezia il Cardinale Scola ha sviluppato i rapporti con il mondo islamico e con quello ortodosso. Continuerà quest’opera anche a Milano?

Tornielli: Il Cardinale Scola ha avuto una visione realistica del problema e del fatto che, volenti o nolenti, non possiamo pensare di “difenderci” dalle ondate migratorie provenienti in parte da Paesi musulmani alzando muri. Dobbiamo invece cercare di governare il fenomeno e viverlo come stimolo a riscoprire la nostra identità non come una barriera da alzare di fronte all’altro, ma come l’imprescindibile punto di partenza per un dialogo vero e costruttivo. L’esperimento di Oasis, la rivista internazionale che mette in rete le esperienze dei cristiani in particolare nei Paesi a maggioranza musulmana, è un tentativo che va in questo senso. Non penso che a Milano il Cardinale si comporti in modo diverso, ma – come è bene ripetere – stiamo facendo solo delle speculazioni: bisogna aspettare e vedere. Per quanto riguarda il mondo ortodosso, Venezia aveva e ha una speciale vocazione nei confronti dell’Oriente, e anche se a Milano le priorità possono essere altre mi sembra che la strada del dialogo ecumenico sia tracciata dal magistero dei Pontefici e oggi sia portata avanti dall’esempio di Benedetto XVI.

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ZENIT Staff

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