Il potere dei videogiochi (Seconda parte)

Giuseppe Romano spiega come verrà affrontato il tema al Fiuggi Family Festival

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di Fabrizio Piciarelli

ROMA, mercoledì, 23 maggio 2012 (ZENIT.org) – La prima parte dell’intervista al prof. Giuseppe Romano, giornalista ed esperto di comunicazione, è stata pubblicata ieri, martedì 22 maggio.


Esistono, quando non c’è abuso, degli aspetti positivi nell’uso dei videogiochi?

Romano: Possono essere un modo giusto per creare nuove dinamiche tra genitori e figli e contribuire alla loro crescita?

Se i genitori svolgono il loro difficile ma stupendo ruolo, che consiste nello stare al fianco dei figli, anche i videogame potranno essere strumenti di vita familiare. Si può giocare insieme – ci sono giochi pensati apposta, ormai su tutte le console – ma secondo me ancor più conta che ci si interessi in modo reale agli interessi dei figli, anche quando si tratta di un videogioco apparentemente innocuo o banale. “Interessarsi” del resto è il termine che secondo me compendia la pratica dell’affetto e dell’amore, sempre, ma specialmente in quella relazione intergenerazionale che è la paternità, la maternità e la filiazione.

Oltre a questo, la recente diffusione dei tablet, tavolette elettroniche che si comandano col tocco delle dita e che ospitano contenuti da leggere e con cui interagire, ha dischiuso la soglia di applicazioni nel mondo della scuola e dell’educazione, che si promettono suggestive. Per legge, dall’anno venturo nessun libro di testo scolastico potrà mancare di una componente interattiva: stiamo a vedere…

Come la mettiamo con la rappresentazione della violenza nei videogiochi; possono essere pericolosi secondo lei, creare dei disturbi o istigare reazioni violente? Che criteri dovrebbero seguire i game-designers affinchè la “violenza ludica” non venga assorbita dal fruitore?

Romano: In parte ho già risposto alla domanda: spesso i problemi cominciano prima dei videogiochi e questi non fanno che rispecchiarli. Un bambino rabbioso e violento si tufferà in un videogioco “violento” per trovare un obiettivo per la sua disposizione d’animo. In parte così facendo la sfogherà, in parte potrebbe anche amplificarla.

In effetti, però, sulla violenza bisogna intendersi. Tutti noi spesso facciamo di ogni erba un fascio, e bolliamo con l’etichetta di violenza realtà che in effetti sono assai più complesse. Il rischio è di condannare, di fatto, amplia parte della nostra cultura: da Shakespeare alla Divina Commedia, alla Bibbia e perfino al Vangelo. Il Signore degli Anelli è un’opera violenta? Certo, si combatte, non mancano aggressioni e squartamenti. Però a mio parere questa lettura induce ad amare e a difendere pace e giustizia.

La particolarità dei videogame consiste nell’immedesimazione: si gioca in prima persona. Sicché, sì, può esserci grande violenza nel far impersonare ruoli inaccettabili a chi non ha il distacco critico e la maturità per assumere una consapevolezza ironica. Per questo sconsiglio grandemente di lasciar giocare a bambini e ragazzi un gioco comeGrand Theft Auto, dove si assume la personalità e la carriera di un malvivente. Ma ancor più diffido di giochi come I Sims, dove le relazioni umane vengono “dolcemente” ma seriamente banalizzate.

Quali sono le spie rosse per un genitore che vede un figlio passare molte ore al giorno davanti ai videogiocchi? Quando bisogna allarmarsi e quando invece no?

Romano: Quali sono le spie rosse per un genitore che non vede rientrare un figlio la sera, o che gli vede in mano pubblicazioni deliranti? Ovvio. Le stesse spie rosse dovrebbero però accendersi per un figlio che legge giorno e notte e non incontra mai nessuno.

Tra i ruoli dei genitori c’è l’amministrazione del tempo dei figli. Alcuni videogiochi, è bene saperlo, coinvolgono al punto da far passare decine e decine di ore a chi ne è appassionato. Sono mondi ricchi, complessi, affollati. In questa ricchezza si annida anche il problema del “quanto”. Occorre frequentarli un po’ per volta, un giorno dopo l’altro, entro confini di tempo e di priorità ben precisi: è la maniera di far apprezzare i lati positivi senza eccessi.

Qualche ora davanti allo schermo, in sé, non è un pericolo. Ma è davvero educativo imparare a smettere tanto quanto a cominciare.

Come riconoscere un gioco di qualità, al di là delle certificazioni, recensioni o classifiche di vendita?

Romano: Qualche consiglio, il passaparola, recensioni attendibili. In mancanza di questi, come minimo va rispettata l’indicazione dell’età consigliata che compare sulla copertina.

Più ampiamente, quasi tutti i videogame oggi sono “di qualità” sotto il profilo industriale e commerciale: sono produzioni costose a cui si dedicano professionisti competenti e a volte geniali. In Italia il fatturato annuo dei videogame è il doppio di quello dell’home video, ha superato quello della musica e guarda non tanto da lontano quello dei libri.

Questo non vuol dire certo che tutti i videogame siano consigliabili, ma ciò che senz’altro non si deve fare è sottovalutarli.

Un’ ultima domanda. C’è un improvvisa esplosione  della tecnologia 3D al cinema, come ad esempio in Avatar. Sarà la nuova frontiera anche per i videogame e con quali effetti e conseguenze, tenendo conto che  la tecnologia 3D è sicuramente molto più invasiva delle precedenti?

Romano: Il 3d nei videogame c’è da tempo. Anche nel cinema, di fatto, dal momento che è stato introdotto fin dal 1920.

La ragione per cui ora è in voga, oltre al perfezionamento della tecnologia cinematografica, è che si prospettano apparecchi televisivi adatti a rivedere (e a rivendere) film di questo tipo. Accade anche con molti videogiochi, in qualche caso richiede tecnologie aggiuntive (e costose), in altri è più immediato, come nella console portatile 3DS di Nintendo, che non richiede occhiali.

In quasi tutti i casi oggi la visione è faticosa proprio a causa degli occhiali, ma presto potrebbe diventare facile e “trasparente”.

Al di là del fatto tecnologico, occorre distinguere: se si tratta solo di effetti speciali, ci si abitua come a tutto. Se invece il 3d viene sfruttato come risorsa espressiva e di linguaggio (Avatar, Hugo Cabret), è un’arma in più per raccontare e per coinvolgere non solo gli occhi.

L’intervista a Giuseppe Romano è stata pubblicata da Family and media
http://www.familyandmedia.eu/it/component/content/article/209-il-potere-dei-videogiochi-intervista-al-professor-giuseppe-romano.html

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ZENIT Staff

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