Maria, Famiglia e Dottrina sociale

Fatima è vera “Dottrina sociale della Chiesa”, vissuta e condivisa ogni giorno, nel quotidiano

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di padre Mario Piatti icms,
direttore del mensile “Maria di Fatima”

ROMA, giovedì, 31 maggio 2012 (ZENIT.org) – Un ambito privilegiato di riflessione, nel quadro della spiritualità di Fatima, è la Famiglia, come unità di cuori e di intenti, intorno a Cristo Signore. Essa, per i Pastorelli, è l’ambiente “naturale” – o, meglio, soprannaturale – nel quale matura la loro adesione a Cristo, dal quale apprendono ad amare il Signore e il prossimo, alla cui scuola imparano ogni giorno la lezione dell’impegno, della letizia cristiana, della solidarietà, della carità.

Fatima – anche qui si consenta l’espressione – è vera “Dottrina sociale della Chiesa”, vissuta e condivisa ogni giorno, nel quotidiano, fatto di affetti famigliari, di lavoro, di rapporti sociali ed ecclesiali ispirati al Vangelo. Fatima è il richiamo più bello alla sorgente, alla custodia della Grazia nelle nostre case e nel nostro lavoro, all’impegno sofferto, alla intercessione fiduciosa per i nostri cari. Molti vanno all’inferno, perché non c’è chi prega e si sacrifichi per loro, ammonì la Vergine, nell’agosto del 1917.

Fatima, in questi quasi cento anni di Grazia, non ha cessato di insegnare il sentiero certo della Fede genuina, della carità operosa e premurosa, della conversione del cuore. Il Cielo è la nostra meta, la “Via” è il Cuore Immacolato di Maria: rifugio e via (come promise a Lucia), non in senso sentimentale, ma in una corretta e sana prospettiva esistenziale. È il richiamo alla fedeltà, alla obbedienza, alla austerità, allo spirito delle Beatitudini, alla gioia.

La lezione di Fatima ristabilisce la centralità di Dio; centralità di Amore, di Passione e di Provvidenza. L’Amore di Dio è esigente, non esclude la prova; non esonera i Pastorelli dall’affrontare la via stretta della incomprensione, della solitudine e della sofferenza. Li coinvolge, al contrario, nella sua logica di rinnegamento e di Croce. E ricolloca al primo posto l’unica sola preoccupazione che vale: la salvezza eterna dell’uomo: Dio vuole che tutti siano salvati (1 Timoteo 2,4). La prospettiva finale non annulla, anzi favorisce e sollecita l’impegno per il presente: saremo giudicati sulla carità vissuta in terra. È la rivoluzione evangelica dell’Amore: tutto passa, solo la Carità rimane.

I percorsi suggeriti dalla Vergine sono quelli di sempre, che affondano nella Parola di Dio le loro radici. Fatima è, anzitutto, scuola di preghiera, intesa come profonda esperienza di Dio, incontro vivo con il Suo Amore. I Pastorelli stessi fecero uno straordinario cammino di maturazione interiore; si sentirono “immersi” nel mistero di Dio, percepirono la”tristezza” di Dio, offeso dal peccato; avvertirono la necessità di sostare a lungo dinanzi a “Gesù nascosto” (addirittura con la infantile e delicatissima ambizione –secondo un vocabolario tipicamente affettuoso e filiale- di consolare Dio, triste per il peccato dell’uomo). Nell’ “arte” della preghiera (cfr NMI 32 ss) si spinsero fino ai vertici dell’unione con il Signore.

Fatima è anche richiamo alla dimensione comunitaria ed ecclesiale della Fede e della preghiera e le nostre Comunità sono chiamate a essere, prima di tutto, vere Scuole di preghiera (cfr. NMI 33), dove ciascuno è discepolo e maestro al tempo stesso.

A Fatima, “il Cielo è sceso in terra” e la Madre del Signore ha riaffermato il primato di Dio e delle cose di Dio. Al rischio di secolarizzare tutto e di focalizzarci sul piano orizzontale, il Messaggio di Fatima riporta l’uomo e la Chiesa a considerare il loro autentico destino, storico e soprannaturale: la Gloria di Dio e la salvezza delle anime.

Di fronte al relativismo, oggi imperante, la Vergine Maria non teme di indicare, ancora una volta, il vero senso del peccato, con la sua realtà devastante e oscura, ma anche con il conseguente richiamo alla infinita Misericordia di Dio e alla vita di Grazia, donataci in Cristo.

Nonostante il “percorso inverso” della Storia – la deriva, cioè, da Dio e dal proprio stesso bene – la lezione di Fatima ci riporta sempre più “al cuore”, al significato ultimo delle cose. Ci riconduce alla responsabilità della Chiesa e di ogni credente, chiamato a essere custode del Bene suo e del prossimo.

In particolare emergono, nel quadro di una solida e robusta formazione cristiana, l’invito alla interiorità, all’accoglienza di Maria Santissima “tra le proprie cose” più care; l’affidamento, o Consacrazione, al Suo Cuore Immacolato, come gesto maturo di Fede e come criterio quotidiano di disponibilità, di amabilità, di impegno e di zelo in favore delle anime.

Fatima prelude, dunque, a quella “Nuova Evangelizzazione”, tanto desiderata e predicata da Giovanni Paolo II, ma probabilmente ancora molto lontana dalla sua piena realizzazione.

(Tratto da “Maria di Fatima”, rivista della Famiglia del Cuore Immacolato di Maria)

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ZENIT Staff

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