Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi, offre oggi ai lettori di Zenit la seguente riflessione sulle letture liturgiche per la domenica di Pentecoste 2013.
Come di consueto, il presule propone anche una lettura patristica.
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LECTIO DIVINA
Chiesa è il luogo “dove fiorisce lo Spirito” (Sant’Ippolito di Roma, Traditio apostolica, 35), è il Popolo eletto e senza frontiere, che proviene da tutti i popoli:“Battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, giudei e greci”(1 Cor12, 13).
Pentecoste – Anno C – 19 maggio 2013
Rito romano
Atti 2, 1-11; Sal 103 (104); Romani 8,8-17; Giovanni 14,15-16.23b-26
Rito ambrosiano
At 2,1-11; Sal 103 (104); 1Cor 12,1-11; Gv 14,15-20
Fuoco e vento
1) L’antica e la nuova Pentecoste.
Per Israele, la Pentecoste, da festa della mietitura, era diventata la festa che faceva memoria della conclusione dell’Alleanza al Sinai. Dio aveva mostrato la sua presenza al popolo attraverso il vento e il fuoco e gli aveva poi fatto dono della sua legge, dei 10 Comandamenti incisi su pietra.
Nel giorno della nuova Pentecoste, quella dei cristiani, Dio ha donato la sua legge di carità, ma non l’ha scritta su due tavole di pietra, bensì l’ha incisa nel cuore degli Apostoli per mezzo dello Spirito Santo, poi l’ha comunicata a tutta la Chiesa per mezzo degli Apostoli. Su di loro il giorno di Pentecoste “lo Spirito Santo è sceso con suono improvviso e ha mutato le loro menti di esseri carnali all’interno del suo amore, e mentre apparvero all’esterno lingue di fuoco, all’interno i cuori divennero fiammeggianti, poiché, accogliendo Dio nella visione del fuoco, soavemente arsero per amore» (San Gregorio Magno, Hom. in Evang. XXX, 1: CCL 141, 256). Il fuoco dello Spirito Santo li riunì in comunione di vita, e di Vita divina per loro e per il mondo. La loro Parola non fu più solo umana, ma Parola di Dio, che lo Spirito Santo aveva posto nei loro cuori e sulle loro bocche di carne. E portarono questo Vangelo di verità e di amore a tutto il mondo.
“La voce di Dio divinizza il linguaggio umano degli Apostoli, i quali diventano capaci di proclamare in modo “polifonico” l’unico Verbo divino. Il soffio dello Spirito Santo riempie l’universo, genera la fede, trascina alla verità, predispone l’unità tra i popoli. «A quel rumore la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua delle grandi opere di Dio» (At 2,6.11)” (Benedetto XVI).
Con il dono dello Spirito Santo è affidato anche a noi, discepoli di oggi, questo fuoco di carità che si fa annuncio di perdono redentore. Annuncio che Dio non ha solamente visitato la terra, Dio non è solamente disceso quaggiù nel mondo, ma Dio si dona a me e a te, vive in me e in te, in noi sua Chiesa, suo Corpo vero.
Recitando spesso la giaculatoria “Vieni Santo Spirito, vieni per Maria”, chiediamo allo Spirito Santo il dono della Sapienza per comprendere (non solo nel senso di capire con la testa ma di accogliere con il cuore, come fa indica l’etimologia del verbo com-prendere= prendere con, accogliere dentro). Leggiamo, infatti, nella Sacra Scrittura: “Pregai e mi fu elargita la prudenza; implorai e venne in me lo spirito della sapienza. La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto” (Sap 7,7-8). Questa superiore sapienza è la radice di una conoscenza nuova, una conoscenza permeata di carità, grazie alla quale l’anima acquista, per così dire, dimestichezza con le cose divine e ne prova gusto. San Tommaso d’Aquinio parla appunto di “un certo sapore di Dio” (Summa Theologiae IIa -IIae, 45, 2, ad 1), per cui il vero sapiente non è semplicemente colui che sa le cose di Dio, ma colui che le sperimenta, le vive e le condivide, facendosi missionario annunciando che Dio è Amore, è pienezza di verità, di gioia e di pace.
2) Lo Spirito: fiori, vita e gioia.
Nella prima Parte della Somma Teologica (I, 37, 2), San Tommaso d’Aquino scrive: “Come il fiorire è produrre fiori così l’amare è spirare1 amore, e come l’albero è fiorente di fiori così il Padre esprime con il Verbo, cioè il figlio, se stesso, e la creatura, e il Padre e il Figlio di amano nello Spirito Santo come amore procedente, nel quale amano se stessi e noi”. Fiori, vita e gioia: ecco lo Spirito. A questo punto si ferma il balbettio della nostra teologia di pellegrini e non ci resta che contemplare questa verità di amore. Chi umanamente avrebbe potuto pensare che Dio con lo stesso medesimo amore, ami se stesso e noi, quasi che un stesso fremito muova e riscaldi congiungendo la nostra vita alla sua?
L’uomo ha sempre cercato un barlume di speranza per vincere la disperazione della morte e delle sofferenze inevitabili, e i sapienti greci avevano trovato questo barlume dichiarando che l’uomo è affine con Dio. Riprendendo questo anelito che l’uomo è di genere divino, nel discorso all’Areopago san Paolo annuncia: “Noi in Dio viviamo e ci muoviamo e siamo” (At 17,20).
Ora, quello che è già mirabile nella partecipazione naturale che l’uomo ha della natura divina, diventa pressoché indicibile, ma consolante, mistero di amore misericordioso nella partecipazione alla natura e vita divina mediante la grazia. Questa grazia ci è stata meritata dalla passione di Cristo. Lo Spirito Santo ci conduce a Figlio, ci rende capaci, assetati e affamati della sua Grazia. Gli Apostoli furono i primi a farne la felice esperienza. Fecero esperienza della Verità che è vedere chiaro nelle cose e in noi stesse, avere la certezza che Dio ci ama e che noi possiamo amare e rifugiarci in lui, chiamandolo “Padre”.
3) Dallo Spirito Santo la Madonna ebbe in dono Gesù.
Se la preghiera consigliata oggi è “Vieni Santo Spirito, vieni per Maria” e la seconda è il “Padre nostro”, la terza è l’Ave Maria, perché “non c’è Pentecoste senza la Madonna” (Benedetto XVI), che dallo Spirito Santo ricevette in dono Gesù.
La presenza di Maria, piena di Grazia, è all’inizio, nel Cenacolo dove gli Apostoli “erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la Madre di Gesù, e ai fratelli di lui” (At 1,14) E così è sempre, oggi come allora, a Gerusalemme e in tutte le parti del mondo.
Già al momento dell’annunciazione Maria aveva sperimentato la venuta dello Spirito Santo. L’angelo Gabriele le aveva detto: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’altissimo; Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio» (Lc 1,35). Per mezzo di questa discesa dello Spirito Santo in lei, Maria è¨ stata associata in modo unico ed irripetibile al mistero di Cristo. Nell’enciclica Redemptoris Mater il Beato Giovanni Paolo II ha scritto: “Nel mistero di Cristo essa è presente già “prima della creazione del mondo” (cf. Ef 1,4) come colei che il Padre ha scelto eternamente come madre del suo Figlio nell’incarnazione – ed insieme al Padre l’ha scelta il Figlio, affidandola eternamente allo Spirito di santità” (n. 8).
Nel cenacolo di Gerusalemme quando mediante gli eventi pasquali il mistero di Cristo sulla terra è giunto al suo compimento, Maria si trova nella comunità dei discepoli per preparare una nuova venuta dello Spirito Santo – e una nuova nascita: la nascita della Chiesa.
E vero che lei stessa è già “tempio dello Spirito Santo”per la sua pienezza di grazia e la sua maternità divina; ma essa partecipa alle suppliche per la venuta del Paraclito (paraclītus
che deriva dal greco παράκλητος ossia chiamato presso, invocato e quindi consolatore), affinché con la sua potenza faccia prorompere nella comunità apostolica lo slancio verso la missione che Gesù Cristo, venendo nel mondo, ha ricevuto dal Padre (cf. Gv 5,36), e, ritornando al Padre, ha trasmesso alla Chiesa (cf. Gv 17,18). Maria, sin dall’inizio, è unita alla Chiesa, come una dei “discepoli” del Figlio, ma nello stesso tempo spicca in tutti i tempi come “figura ed eccellentissimo modello (della Chiesa stessa), nella fede e nella carità” (Conc. Vat. II, Lumen Gentium 53).
Benedetto XVI disse alle Vergini Consacrate: “Siate di nome e di fatto ancelle del Signore a imitazione della Madre di Dio” (RCV, 29) e le invitò alla perseveranza nel donare a Dio tutto il proprio essere indicando nella Vergine di Nazaret e nel suo “sì” la prima straordinaria realizzazione di questa offerta di sè. (cfr Udienza alle Partecipanti al Congresso dell’”ORDO VIRGINUM” 15 maggio 2008). E Papa Francesco ha di recente ricordato loro che le Vergini consacrate “sono icona di Maria e della Chiesa” (7 maggio 2013).
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LETTURA PATRISTICA
DAI DISCORSI DI SAN BERNARDO.
SERMO I DE PENTEC. 1-6. PL 183,323-326.
Oggi celebriamo, dilettissimi, la festa dello Spirito Santo. Onoriamolo con allegrezza e amore adorante, perché in Dio lo Spirito Santo è quanto vi è di più soave. Egli è la bontà stessa di Dio, anzi è Dio. Se celebriamo i santi, quanto più dobbiamo lodare colui che li ha santificati, e se veneriamo i santificati, quanto più dobbiamo onorare il loro Santificatore! Oggi è il giorno in cui lo Spirito Santo da invisibile si è fatto visibile, cosi come il Figlio, invisibile per natura, si degnò mostrarsi nella nostra carne. Oggi lo Spirito rivela qualcosa di sé stesso, come appunto già l’avevano fatto il Padre e il Figlio, perché ci incamminiamo verso la vita eterna, che è la conoscenza perfetta della Trinità. Per il momento, questa conoscenza trinitaria ci è possibile soltanto in parte, mentre cogliamo con la fede tutto quello che ci sfugge. Conosco il Padre grazie alla sua opera creatrice. poiché odo tutte le creature proclamare: Egli ci ha fatti e noi siamo suoi (Sal 99,3). Infatti, dalla creazione del mondo in poi.. le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità. (Rm 1,20)
Invece l’eternità e l’immutabilità del Padre oltrepassano la mia comprensione, perché Dio abita una luce inaccessibile.
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Fra le persone della Santissima Trinità conosco un po’ meglio il Figlio, poiché egli si è incarnato; ma chi potrà mai cogliere la sua generazione eterna e la sua uguaglianza con il Padre? Nei confronti dello Spirito Santo mi è noto soltanto che egli è spirato, poiché la sua processione dal Padre e dal Figlio oltrepassa totalmente le mie capacità: Stupenda per me la tua saggezza,, troppo alta e io non la comprendo. (Sal 138,6)Vi sono due poli in una processione: donde si viene e dove si va..Lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio, ma questa processione è avvolta per me in tenebre fitte. Invece, la sua processione verso gli uomini ha preso ad apparire chiaramente agli occhi dei fedeli. Al tempo della Pentecoste. lo Spirito invisibile manifestò la sua venuta con segni visibili; oggi, questi segni sono spirituali, ben più degni della natura dello Spirito. Allora, lingue di fuoco si posarono sugli apostoli, perché essi potessero proclamare in altre lingue parole di fuoco e predicare con labbra ardenti una legge di fuoco. Non rammarichiamoci se oggi lo Spirito Santo non si presenta più a noi in quel modo, giacché a ciascuno e data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune.(1 Cor12,7)
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Potremmo dire che la manifestazione di Pentecoste è destinata più a noi che agli apostoli.
A che infatti sarebbe loro servito parlare in lingue se non per convertire le genti?
Ma lo Spirito ha agito in essi anche in modo più nascosto, cosi come continua a fare oggi in noi.
L’azione dello Spirito Santo negli apostoli si fa evidente se consideriamo che dopo Pentecoste la loro pusillanimità cede a intrepida fermezza: essi non cercano più di nascondersi per paura dei Giudei, e l’energia che prima mettevano nel fuggire ora li anima nell’annunzio della parola.
Il cambiamento è dovuto senz’altro all’opera dello Spirito di Dio in essi.
Il capo degli apostoli era stato terrorizzato dalla parola di una serva,e ora ha il coraggio per affrontare le autorità.
La Scrittura ci dice che gli apostoli se ne andarono dal sinedrio lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù. (At 5,41)
Chi dubiterà allora che lo Spirito di fortezza li abbia visitati, colmandoli intimamente di energia invisibile? Anche oggi la presenza dello Spirito è manifestata da quanto opera in noi.
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Lo Spirito ci comanda di stare lontani dal male e di fare il bene, ma egli soccorre la nostra debolezza in entrambe le situazioni, e benché le grazie siano diverse, esse provengono dal medesimo Spirito. Per distoglierci dal male, lo Spirito suscita in noi tre mozioni: il pentimento, la supplica e il perdono. Il nostro ritorno a Dio inizia con il pentimento, che non è nostra iniziativa, ma dello Spirito di Dio. Ce lo insegna la ragione e l’autorità lo conferma. Quando qualcuno, intirizzito dal freddo, viene a scaldarsi accanto al fuoco, potrà mai dubitare che il calore gli viene dalla fiamma? Cosi, se uno, congelato nel male, viene sciolto dagli ardori del pentimento, capisce che un altro spirito è venuto a scuotere e a giudicare il suo. Abbiamo anche nel vangelo l’autorità del Signore che sentenzia a proposito dello Spirito Consolatore: Egli convincerà il mondo quanto al peccato. (Gv16,8)
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Abbiamo detto che il pentimento è la prima tappa del ritorno verso Dio.
Ma a che serve pentirsi di una colpa, se non si supplica per ottenere il perdono?
Perciò lo Spirito Santo colma l’anima di una dolce speranza, che la muove a pregare con una fiducia senza incrinature.
Permettimi di mostrarti che tale preghiera e opera dello Spirito di Dio.
Fino a quando lo Spirito è lontano dal tuo cuore, tu non troverai la preghiera,perché soltanto lo Spirito può gridare in noi: Abbà, Padre.
Infatti egli intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili. (Rm 8,15-26)
Lo Spirito Santo opera simultaneamente nel nostro cuore e in quello del Padre:
nel nostro cuore intercede per noi presso il Padre; nel cuore del Padre perdona con lui.
Nel nostro cuore è il nostro avvocato, nel cuore del Padre è il nostro Signore.
Nel nostro cuore infonde la grazia della preghiera, nel cuore del Padre egli ci dona quel che chiediamo.
Nel nostro cuore istilla la fiducia verso il Padre, mentre inclina il cuore del Padre ad una misericordia più grande. Sappi bene che è lo Spirito a procurarci il perdono, poiché fu detto agli apostoli:
Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi. (Gv 20,22)
Perciò mediante il pentimento, la supplica e il perdono lo Spirito Santo ci distoglie dal male.
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In che modo lo Spirito agisce in noi per attirarci al bene? Anche qui, con una triplice azione: egli ammonisce, insegna e muove. Esorta la memoria, illumina la ragione, muove la volontà, giacché in queste tre facoltà consiste tutta l’anima Lo Spirito suggerisce alla nostra memoria il ricordo di buoni e santi pensieri .
Ogni volta che ti senti spuntare in cuore l’ispirazione al bene, rendi grazie a Dio e onora lo Spirito Santo, perché ne hai sentito la voce. Il vangelo dice infatti: Lo Spirito Santo vi ricorderà tutto
ciò che io vi ho detto.9
Nota bene la frase che precede: V’insegnerà ogni cosa. (Gv 14,26)Si tratta della seconda opera dello Spirito: e gli istruisce la nostra ragione. Molti cercano di far il bene, ma non sanno che strada prendere. Dopo l’ispirazione al bene è perciò necessaria una seconda grazia che ci permetta di passare agli atti in modo che la grazia di Dio porti frutto. San Giacomo infatti ammonisce:
Chi sa fare il bene e non lo compie, commette peccato. (Gc 4,17)
Non basta che lo Spirito ammonisca la memoria e illumini la ragione sul bene da compiere: deve poi smuovere la volontà perché attuiamo quel bene. Anche qui è all’opera lo Spirito che sorregge la nostra debolezza e riversa nei nostri cuori la carità; questa fa allora sorgere in noi una volontà orientata verso il bene.
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Quando lo Spirito viene in te, s’impossessa di tutta la tua anima e tu odi che ti parla dentro:
suggerisce buoni pensieri alla memoria, istruisce e stimola al bene, illuminando la ragione, poi infiamma la volontà. Non ti vedi l’anima riempita di lingue di fuoco? La loro molteplicità simboleggia la diversità di operazioni, ma esse si uniscono nella luce unica della verità e nella fiamma ardente dell’amore. Soltanto nella consumazione finale la nostra anima sarà totalmente colmata, quando una buona misura pigiata, scossa e traboccante ci sarà versata in grembo. Quando accadrà ciò? Al compiersi dei giorni della Pentecoste. Beati quelli che sono già nel tempo pasquale eterno, ossia i fratelli a cui lo Spirito ha detto di riposarsi dalle fatiche terrene. Essi sono già entrati nell’anno giubilare, e aspettano con noi l’ultima Pentecoste.
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Voi sapete che celebriamo i due tempi liturgici della Quaresima e della Pasqua.
L’uno precede la passione, l’altro segue la risurrezione.
La Quaresima è dedicata alla compunzione del cuore e alle lagrime della penitenza,
mentre nel tempo pasquale il cuore si apre all’amore adorante e al canto solenne dell’alleluia.
La Quaresima è figura della vita presente e Il tempo pasquale rappresenta il riposo dei santi dopo la morte.
Al termine dei cinquanta giorni del periodo di Pasqua celebriamo la Pentecoste.
Essa simboleggia l’ultimo giudizio, quando la casa sarà ricolma della pienezza dello Spirito Santo. Allora la terra intera sarà inondata dalla maestà dello Spirito, quando non solo l’anima ma il corpo risorgerà incorruttibile, a condizione di essere stato seminato in terra, quando ancora era corruttibile.
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NOTE
1 “Spirare” è termine tecnico usato in teologia per designare la ‘relazione di origine’ dal Padre allo Spirito. Il Padre ‘genera’ il Figlio e ‘spira’ lo Spirito.
‘Spirare’ è soprattutto un termine utilizzato per dire che il Padre non genera lo Spirito, dunmque la relazione del Padre l Figlio e la relazione del Padre con lo Spirito non possono essere confuse.