Riprendiamo di seguito il testo completo della prolusione del cardinale arcivescovo di Esztergom-Budapest e Presidente del CCEE in occasione dell’apertura dei lavori dell’Assemblea plenaria dell’organismo, che si svolge dal 3 al 6 ottobre a Bratislava, in Slovacchia.
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1. Dall’ultima volta che eravamo insieme un anno fa, tante cose sono cambiate nella nostra Chiesa e nel mondo. Anche se la nostra missione rimane la stessa, il cambiamento del Sommo Pontefice e i conseguenti cambiamenti nello “stile” che il nuovo Papa ha assunto nel suo ministero hanno introdotto tante nuove proposte e un grande entusiasmo. Siamo molto grati al Signore per gli anni del pontificato di Benedetto XVI, così pieni di grazie e di momenti decisivi per la Storia della Chiesa. Continuiamo ad essere uniti a lui nella preghiera come ci ha chiesto e ad approfondire il suo ricchissimo magistero.
Iniziamo quindi la nostra Assemblea Plenaria confermando la nostra profonda comunione e fedeltà a Papa Francesco e ringraziamo di cuore il Santo Padre per il messaggio che ci ha indirizzato per questo incontro.
2. Quest’anno abbiamo vissuto insieme l’anno della fede e celebrato i Cinquant’anni dell’apertura del Concilio Vaticano II: questi eventi hanno permesso di capire ancora meglio l’intimo rapporto tra comunità e fede. Come ha detto Papa Francesco poche settimane fa, “un cristiano non è un’isola! Noi non diventiamo cristiani in laboratorio, noi non diventiamo cristiani da soli e con le nostre forze, ma la fede è un regalo, è un dono di Dio che ci viene dato nella Chiesa e attraverso la Chiesa.” Se nessun cristiano è un’isola, ancora meno lo siamo noi Vescovi. Certamente ognuno di noi ha come sua prima e più fondamentale missione quella di dedicarsi al popolo di Dio affidato a lui, ma è anche vero che, come membri del Collegio Episcopale, siamo chiamati ad avere un’attenzione pastorale per tutta la Chiesa. Siamo uniti, infatti, nella grande missione di evangelizzare questo nostro continente così profondamente marcato da una secolarizzazione che lo chiude a Dio e da una cultura dell’individualismo che allontana l’uomo dall’altro fratello. Questo nostro compito ci mette “per forza” in contatto con tante altre persone e con i diversi ambiti della vita sociale e politica sia nei nostri Paesi che al livello europeo.
3. “Dio e lo Stato, Europa tra laicità e laicismo”, ecco il tema che affronteremo in questi giorni. Dopo che un lungo questionario è stato spedito dal nostro segretariato a ogni Conferenza Episcopale, è stata preparata una sintesi che ascolteremo fra poco dalla professoressa Emilia Hrabovec. Avremo a disposizione comunque diversi momenti per approfondire questo argomento.
Siamo di fronte ad una realtà in un certo senso paradossale. Da un lato in Europa sono tuttora molto presenti una cultura e una fede radicate nella lunga tradizione cristiana ricevuta da tanti santi.
Dall’altro lato assistiamo a un crescente rifiuto dell’eredità cristiana e dei princìpi che da essa scaturiscono, con la conseguenza inevitabile di dovere cercare altre “forme di unità” sia nel potere del denaro sia nell’omologazione culturale che si manifesta nell’imposizione di un pensiero unico e di uno stesso stile di vita. Questa omologazione, visibile esteriormente in tante mode e stili di vita, viene spesso accompagnata da un laicismo e da un relativismo morale che portano ad una crisi di valori che si diffonde e si riflette, a sua volta, nella crisi familiare, nella crisi dei rapporti commerciali e nello stesso rapporto tra popolo e governanti che si presenta sempre più confuso.
Noi crediamo, invece, che la società moderna e lo Stato moderno per affrontare la realtà e governare responsabilmente, non possano ignorare la dimensione religiosa, anzi il potere politico dovrebbe garantire la libertà religiosa delle persone e delle comunità per poter costruire una società unita e plurale. È giusto che ci sia una sana separazione tra Stato e Chiesa ma questo non significa sradicare la dimensione religiosa dalla vita della società, ma richiede il riconoscimento della libertà delle singole persone e delle comunità.
Come pastori e come cristiani, ci sentiamo profondamente vicini a tutti quelli che soffrono e attraversano momenti difficili o che sono vittime di una “cultura dello scarto”, come ci ricorda Papa Francesco: pensiamo alle molte persone che sono senza lavoro e senza possibilità di sostenere le proprie famiglie, pensiamo ai bambini lasciati soli, agli anziani considerati come un peso e abbandonati, pensiamo ai tanti che stanno perdendo la speranza. La nostra missione è di essere vicini agli ultimi e lo siamo attraverso le nostre opere di Chiesa dove tanti volontari e tante famiglie si mettono al servizio dei più bisognosi. Ma come Chiesa non offriamo soltanto quello che abbiamo o qualche attività, ma come Giovanni e Pietro all’entrata del Tempio vogliamo svelare il nostro vero tesoro che è Cristo stesso, e condividerlo con tutti.
4. Cinquanta anni fa, con il Concilio Vaticano II, la Chiesa – che è semper reformanda giacché è chiamata ad una conversione continua – ha indicato dei passi decisivi per essere presente nel mondo come riflesso della luce delle genti che è Cristo, e condividere le gioie e le speranze, i dolori e le angosce dei fratelli uomini. Gesù sarà con noi fino alla fine del mondo. La Buona Novella è interessante per i nostri tempi! Sì, dobbiamo essere capaci di discernere il nostro agire e la nostra vita per poter essere una realtà più attrattiva, ma non possiamo dubitare dell’efficacia della grazia: essa ci illumina e dà sapore.
È vero che, sotto tanti aspetti, si può e si deve dire che nel nostro mondo di oggi i sogni hanno perso la loro capacità di attrarre. Questo non è un male in sé, piuttosto è un vantaggio per quanti annunciano il Vangelo! Gesù è realtà e gli uomini, nel profondo del loro cuore, desiderano vivere la realtà. La realtà non è, però, soltanto la superficie dell’instante che viviamo, ma essa è anche l’ideale, è anche il senso, dimensione presente in ogni dettaglio e in ogni momento, piano di Dio che si realizza e che ci offre la possibilità di seguirlo liberamente.
Il Vangelo non è più accolto se torniamo indietro e cerchiamo di vivere secondo una idea di società ormai passata e spesso frutto di una immaginazione, dimenticando le difficoltà di altri tempi oppure sognando un futuro paradisiaco in questo mondo. La missione della Chiesa oggi è di evangelizzare la modernità e anche la post-modernità. L’esperienza vissuta in tante delle nostre diocesi e parrocchie, ma anche quella testimoniata da tanti movimenti nella Chiesa, indica che stiamo parlando di qualcosa di concreto, che esiste già e che richiede la nostra generosa collaborazione. La nuova e continua evangelizzazione sarà il modo migliore di continuare a celebrare i Cinquant’anni del Concilio! Dobbiamo uscire, ci ripete il Papa, per andare incontro agli uomini e alle donne di tutte le periferie esistenziali del mondo con i quali Dio vuole iniziare un rapporto di amicizia!
5. Termina proprio oggi il lavoro del Santo Padre con un gruppo di otto Cardinali da lui scelti per aiutarlo a ripensare le strutture della Curia romana. Rinnovamento che avrà certamente la sua incidenza anche sulla vita istituzionale della Chiesa stessa. Assicuriamo quindi tutto il nostro sostegno per le decisioni del successore di Pietro.
Infine vorrei fare riferimento al fatto che il Concilio ha dato seguito e sviluppato il tema dell’impegno ecumenico, in modo particolare in Europa. Oggi i cristiani affrontano una realtà storica decisiva che richiede nuovi sforzi nel dialogo ecumenico. L’esperienza del Forum Cattolico-Ortodosso che ormai ha già svolto tre incontri – sulla famiglia come un bene per l’umanità, sui rapporti tra Chiesa e Stato, sulla povertà e la crisi economica – testimonia l
’esistenza di una vera intesa tra ortodossi e cattolici per quanto riguarda alcune questioni fondamentali in Europa oggi e le esigenze pastorali della Chiesa. Anche il rapporto con la CEC dà segni positivi e mostra come ci siano tanti cristiani, chiese o comunità ecclesiali che sono impegnati come noi nel risvegliare la dimensione religiosa delle persone e portarle a Cristo, persone che operano a favore del vero dialogo ecumenico. Il CCEE da sempre ha avuto l’ecumenismo come uno dei compiti centrali. Vogliamo continuare con questo impegno, anche se non sempre è facile, contando sull’aiuto di Dio e sperando che i nostri sforzi siano utili e portino frutti, nel tempo e nelle modalità che solo Dio conosce, visibili per l’unità della Chiesa di Cristo nel mondo.
6. Prima di concludere vorrei ricordare i nostri fratelli cristiani e tutti quelli che in Siria, nell’Iraq e in tanti Paesi del Medio Oriente o del Nord Africa, ma anche nel Sudan, nel Kenya e nel Congo ed in altri parti del mondo soffrono a causa della guerra e delle persecuzioni. Commossi per l’efficacia che la giornata di preghiera e di digiuno che il Santo Padre ha proposto e alla quale magliaia di persone si sono unite, cattolici e gente di tante altre religioni, e che ha dato luce a nuove proposte diplomatiche, anche noi in questi giorni vogliamo pregare per la pace. Questa sera teniamo una veglia di preghiera in particolare per i cristiani e per la pace in Terra Santa e nel Medio Oriente.
Siamo arrivati qui a Bratislava con tante questioni nel cuore e nella mente e sappiamo che queste non saranno sicuramente tutte risolte: ci auguriamo che questi giorni siano fecondi per tutti e che il fatto che siamo insieme, preghiamo insieme e discutiamo insieme le nostre preoccupazioni pastorali, possa aiutare la Chiesa in Europa ad essere sempre più realista e più decisa nel cammino della Nuova Evangelizzazione.