La Madre di Dio “ebbe tutte le virtù e tutte in grado eroico”. Lo scrive Sant’Alfonso Maria de’ Liguori nel libro Le Glorie di Maria, dove passa in rassegna le virtù che coronarono la Madonna.
In primo luogo, l’umiltà: se manca l’umiltà di cuore, in un’anima, non vi sarà spazio per altre virtù, poiché questa è il fondamento di tutte. Il Signore “ha rovesciato i potenti dai troni e innalzato gli umili”, disse la Vergine alla cugina Elisabetta, quando andò a farle visita.
Il Magnificat da Lei pronunciato è un vero inno di lode e amore a Dio: l’umile Maria rifiuta le lodi e le conferisce tutte a Dio, ama servire il prossimo e per sé sceglie il posto peggiore, come quando nel Cenacolo preferì dare la precedenza agli Apostoli e alle altre donne.
Sant’Alfonso scrive che il primo atto di umiltà è il basso concetto di sé. Maria lo ebbe, non nel senso che si riteneva peccatrice, perché sapeva di non aver mai offeso Dio, però in segno di umiltà volle celare i doni speciali concessi dal Signore. Quando San Giuseppe non riusciva a capire, Lei continuò a nascondere la grazia ricevuta e confidò nell’aiuto divino per risolvere la situazione.
Altra virtù è la carità verso Dio: Maria amò Dio con tutto il cuore sopra ogni cosa, fu l’unica creatura ad adempiere perfettamente a questo precetto che, come dice San Tommaso, l’uomo potrà attuare in maniera perfetta solo in cielo, non su questa terra.
Segue poi la carità verso il prossimo: la Vergine amò ogni persona per amore di Dio, portando soccorso ai bisognosi anche quando non era richiesto, come nel caso delle nozze di Cana, dove fu Lei, Sposa dello Spirito Santo, a suggerire al Figlio che era arrivato il momento di fare il primo miracolo.
La fede. A detta di Sant’Ireneo, Maria riparò con la sua fede il danno causato da Eva con la sua incredulità. “Beata perché hai creduto”, Le disse Elisabetta. Ha creduto alle parole dell’Angelo, “ch’ella restando vergine dovea rendersi Madre del Signore, recò al mondo la salute” (op.cit.).
Fede eccellente, come eccellente fu la virtù della speranza. Abbandonata alla Divina Provvidenza, Maria confidò sempre e solo nel Signore in ogni circostanza della Sua vita, soprattutto nelle avversità, come quando dovette partorire in una stalla o fuggire in Egitto.
C’è, poi, la castità, ovvero la purezza di anima e corpo. San Vincenzo Ferrari diceva che mentre le altre virtù si devono nascondere per umiltà, questa, invece, bisogna farla conoscere a tutti affinché nessuno ne dubiti. Sant’Agostino scriveva che è raro vincere il peccato d’impurità. Il motivo è che non si praticano gli strumenti per vincerlo, che sono Ieiunium (digiuno, mortificazione di occhi e gola), periculorum evitatio (fuga delle occasioni) e oratio (orazione). Maria, piena di grazia, è Regina dei Gigli, Regina della Purezza.
La povertà di spirito, cioè il distacco dai beni mondani, fu un’altra delle virtù in cui eccelse la Madre di Dio, che volle anche essere povera nella realtà. I doni ricevuti dai Magi, ad esempio, li distribuì ai più bisognosi, così da non tenere nulla per sé e da non legarsi ad alcuna cosa materiale.
L’ubbidienza a Dio fu, in Maria, più perfetta rispetto a quella di tutti gli altri santi, poiché Lei era immune dal peccato originale. Sant’Alfonso ricorda che l’Ancella del Signore non contraddisse mai Dio, né nelle opere né con il pensiero ma, spoglia della propria volontà, visse per obbedire unicamente alla Volontà divina, anche quando ciò Le costò vedere il Figlio morire in croce.
Stabat iuxta crucem Iesu Mater eius: la pena patita sul Calvario fu un esempio dell’eccezionale pazienza con cui Maria sopportò il dolore di quelle tribolazioni con cui il Signore suole provare il servo fedele, affinché vinca del tutto se stesso e impari ad abbracciare le croci della vita con amore.
C’è, infine, la virtù dell’orazione, che nella Madonna fu continua e perseverante sin da tenera età. Per amore della preghiera, Maria amò tanto anche la solitudine e quel silenzio che, per dirla con San Bernardo, “sforzano l’anima a uscir col pensiero dalla terra e a meditare i beni del cielo: Silentium et a strepitu quies cogit caelestia meditari” (op. cit.).