Il "Leone liberato e pronto a tutto"

San Giovanni da Capestrano, patrono dei cappellani militari per volontà del beato Giovanni Paolo II

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Per una felice coincidenza – o segno provvidenziale della storia – alla memoria liturgica del beato Giovanni Paolo II fa seguito il 23 ottobre la festa del francescano san Giovanni da Capestrano. Infatti fu proprio papa Wojtyla nel 1984 ad approvare l’elezione di san Giovanni da Capestrano, sacerdote, quale patrono universale presso Dio dei cappellani militari di tutto il mondo.  Nel frattempo l’interesse verso il suddetto Santo francescano si va accrescendo come mostrano i diversi lavori di ricerca finalizzati all’edizione delle sue opere. Di seguito un testo inerente a san Giovanni da Capestrano dell’attuale Segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, monsignor José Rodríguez Carballo, già Ministro Generale dell’Ordine dei Frati Minori   

Giovanni da Capestrano fu penitente austero, grande riformatore, consigliere acuto, legislatore sapiente, scrittore fecondo, infaticabile predicatore del Vangelo, difensore della Sede Apostolica e del Papato, uomo di preghiera e di azione, apostolo dell’Europa, convinto assertore dei diritti dei più deboli, formatore di coscienze, infaticabile apostolo di pace; fu acclamato come «stella Bohemorum», «lux Germaniae», «clara fax Hungariae» e «decus Polonorum».

Ma qual è la chiave di lettura del suo “successo” o per interpretare la sua biografia, il suo linguaggio e la sua azione? Giudice affermato ed uomo “politico” molto apprezzato, Giovanni conobbe la durezza del carcere, che fu per lui causa di una profonda crisi religiosa. Dopo una tenace lotta interiore ed una testarda resistenza alla voce di san Francesco, che lo invitava ad entrare nell’Ordine, decise di abbandonare il mondo e di seguire solo il Signore, come confidò più tardi ad un amico. Il 4 ottobre 1415 iniziò il noviziato a Monte Ripido, durante il quale procedette in modo impetuoso sulla via della minorità, secondo l’esemplarità del Poverello di Assisi, immagine eloquente della kenosis del Cristo (cf 2Lf 4ss). E che cosa avviene – si domanda san Francesco – in chi si è espropriato di tutto per «offrirsi nudo alle braccia del Crocifisso»? Risponde lo stesso Francesco: «Ne uscirebbe come un leone liberato dalle catene, pronto a tutto, e la linfa spirituale assorbita in principio aumenterebbe in lui con un progresso continuo. Alla fine gli si potrebbe affidare con sicurezza il ministero della parola, certi che riverserebbe sugli altri il fervore che lo brucia» (2Cel 194). Subito il «leone liberato e pronto a tutto», ha messo il suo fervore a servizio dell’Ordine e della Chiesa.

È stimolante ripensare all’itinerario della conversione di Giovanni da Capestrano nell’VIII centenario dell’incontro di Francesco di Assisi con il Crocifisso di San Damiano. Tale incontro diede inizio alla tuttora affascinante avventura umana e cristiana del Poverello; ha scandito le riflessioni e le attività dell’Ordine durante il 2006; è stato un punto di riferimento essenziale per il Capitolo generale straordinario, conclusosi da poco, per capire che cosa vuole il Signore oggi da chi ha scelto di seguire il Vangelo, secondo il proposito di vita vissuto e proposto da san Francesco.

Appena ordinato sacerdote, Giovanni da Capestrano assunse questo impegno: «Anche se non ne porto l’ultima responsabilità, sono deciso di porre, fino all’ultimo respiro della mia vita, tutte le mie forze in difesa del gregge di Cristo».

Questa passione per il «gregge di Cristo» lo portò ad avere una devozione senza limiti verso chi aveva la principale responsabilità del gregge, il Papa, al servizio del quale mise tutta la sua vita e le sue energie, come risulta da una sua lettera-confessione a san Bernardino: «Sono un vecchio debole, malaticcio… Non ne posso più… Ma se il Papa dispone altrimenti, non mi ricuso, anche se dovessi trascinarmi mezzo morto, ovvero dovessi attraversare siepi di spine, fuoco ed acqua». Questa incondizionata fiducia nel ministero petrino, l’aveva anche per vivere da Frate Minore. Nelle Costitutionis Martinianae, infatti, san Giovanni Capestrano raccomandava ai Frati l’obbedienza alla Chiesa, secondo la volontà di Francesco nella Regola, come ebbe modo di ricordare polemicamente ad un confratello: «sembra che tu non voglia far servire la Regola alla Chiesa, ma la Chiesa alla Regola. Il nostro serafico Padre S. Francesco, proprio nella sua Regola afferma il contrario. Non la Chiesa deriva dalla nostra Regola, ma la Regola dalla Chiesa». […]

«Io dormo due ore e anche una sola – dirà in una predica a Vienna –. Vorrei ora piuttosto dormire che predicare, ma io non appartengo più a me, ma a voi». Non appartenendo più a se stesso, ma al «gregge di Cristo», Giovanni riversò tutto il suo fervore nell’annuncio del Vangelo, non solo in Italia, ma anche oltre le alpi, toccando la Carinzia, l’Austria, l’Ungheria, la Transilvania, la Polonia, la Turingia, la Moravia, la Boemia. Un fervore, quello del Capestrano, entusiasticamente ricambiato, poiché gli uditori delle sue prediche erano così tanti da costringerlo a parlare nelle piazze e nei campi. Non solo, la gente voleva vederlo, toccarlo, prendere pezzi delle sue vesti e rivolgergli suppliche per essere guariti, nonostante portasse loro le reliquie di san Bernardino, neo canonizzato!

In tal modo la predicazione itinerante, caratteristica dei francescani del sec. XIII ed entrata in crisi agli inizi del 1400, fu ripresa da Bernardino da Siena e portata avanti da Giovanni da Capestrano, dandole un’impronta tutta personale: non è solo il momento dell’annuncio del Vangelo, ma anche delle confessioni, della formazione delle coscienze, della visita degli ammalati. Soprattutto è l’occasione per la composizione di discordie e il ristabilimento della pace: il «tractare pacem», «pacem reformare», «bonam pacem conficere» costituisce il cuore della predicazione del Capestrano. In breve, nell’attività apostolica di Giovanni da Capestrano possiamo vedere realizzato quanto il Signore chiedeva ai suoi nell’inviarli ad annunciare il regno di Dio (cf Lc 9,1ss; 10,1ss). […]

Il fervore che lo bruciava, Giovanni da Capestrano l’ha riversato anche a vantaggio dell’Ordine, portando avanti con coraggio e tenacia un’incisiva azione di rinnovamento, assieme ai santi Bernardino da Siena, Giacomo della Marca e ai beati Alberto da Sarteano e Marco Fantuzzi da Bologna. La riforma dell’Ordine è avvenuta attraverso la promozione della fedeltà alla Regola di san Francesco, come dimostrano le Costitutiones Eugenianae, scritte alla Verna nel 1443, e il Commento alla Regola di san Francesco; anche con l’attualizzazione dell’ideale di Francesco per rispondere alle numerose ed impegnative sfide che man mano gli avvenimenti ecclesiali, politici e sociali gli presentavano.

Una molla forte, però, del suo impegno per portare avanti il rinnovamento dell’Ordine fu la convinzione che gli studi, come «ricerca della sapienza», fossero uno strumento formidabile del Frate Minore non solo per dare dignità ed efficacia al ministero, ma anche come ponte per incontrare la cultura dell’epoca. Tale convinzione il Capestranese l’ha manifestata esplicitamente nella Lettera all’Ordine, 4 febbraio 1444, sulla «Necessità di promuovere gli studi tra i Frati Minori». Nella sua appassionata perorazione a favore degli studi, Giovanni da Capestrano, nel tentativo di infrangere le resistenze dei Frati nei confronti degli studi, usa espressioni molto forti: «Nessuno è messaggero di Dio se non annuncia la verità; e non può annunciare la verità chi non la conosce; e non può conoscerla se non l’ha appresa». I Frati, esorta il Santo: «devono trovare il tempo per dedicarsi alle lettere e alle scienze… per non tentare Iddio con una vana presunzione…». Dichiara senza mezzi termini: «O ignoranza, madre stolta e cieca di tutti gli errori…». Distinguendo tra «scienza» e «abuso della scienza», Giovanni da Capestrano afferma che la v
era scienza conduce alla sapienza, «che viene dall’alto ed è… madre di ogni bene e maestra di ogni verità».

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ZENIT Staff

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