Un'eurodeputata del Pd per la vita e la famiglia

Silvia Costa parla della necessità di attuare politiche per arrestare il calo demografico e sostenere la famiglia. E non nasconde che alcune sue scelte, a sinistra, le hanno causato problemi

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Le elezioni europee si svolgeranno in primavera, tra il 22 e il 25 maggio. In tema di natalità, tuttavia, quello che sta attraversando il Vecchio Continente è un vero e proprio inverno demografico. Un’Europa sempre più anziana comporta un aumento della spesa pubblica per pensioni e spese sanitarie e una mancanza di slancio e innovazione nel settore produttivo. Per impedire che lo scenario futuro europeo sia senza più famiglie e bambini, occorrono politiche familiari efficaci. Un primo passo è iniziare a parlare di un tema spesso considerato tabù.

“Del tema della denatalità se ne parla troppo poco, soprattutto in un Paese come il nostro, che ha il più basso tasso di natalità del mondo, che non raggiunge neanche il livello di riproduzione delle generazioni”, rileva Silvia Costa, europarlamentare dal 2009 e ricandidata con il Pd nella circoscrizione del Centro alle prossime elezioni europee.

In politica la famiglia è un tema spesso infarcito di retorica, esente però da interventi concreti. “Quello che dispiace – prosegue la Costa – è che coloro che in Italia tanto hanno sbandierato il valore della famiglia, per prima cosa, una volta al governo, hanno eliminato il Ministero della Famiglia e  tagliato il fondo per tutte le politiche sociali, comprese quelle d’aiuto alle famiglie”.

La diagnosi della Costa, che ha iniziato la sua militanza politica nelle file della Democrazia Cristiana, è assai critica. L’europarlamentare osserva che “il tempo del rinvio della maternità in Italia si dilata sempre più, si decide di mettere al mondo il primo figlio dopo i trent’anni”. Un’abitudine che risponde a una tendenza culturale, ma che sovente è anche dettata da mancanza di stabilità economica da parte delle coppie.

Per questo, secondo la Costa, “è necessario ripristinare quelle possibilità economiche nei confronti delle famiglie, per esempio con i mutui agevolati per la casa e con un più esteso welfare familiare”. Un lavoro che l’attuale rappresentante del Pd attuò quando era assessore all’Istruzione nella Regione Lazio, ai tempi della presidenza Marrazzo. “In quel periodo ho fatto due cose di cui posso andare fiera: le sezioni primavera per i bambini tra i due e tre anni che non hanno, nel comune dove risiedono, gli asili nido e le cosiddette tagersmutter (le mamme di giorno), cioè cooperative che accudiscono i bambini creando quelle reti di solidarietà che in altri Paesi hanno molto successo”.

Un impulso verso la natalità arriverebbe anche dalla riorganizzazione delle ore di lavoro. Silvia Costa propone di “rinforzare l’istituto del part-time, con orari flessibili in entrata e uscita dal lavoro”. In Italia, oggi, il 20% delle donne che partoriscono un bambino perde il lavoro. Un dato che non rende onore al nostro Paese.

Forte della sua esperienza a Strasburgo e Bruxelles, Silvia Costa invita ad adeguare le politiche nazionali agli obiettivi nobili dell’Unione europea. Laddove, spiega, “nella scorsa legislatura abbiamo fatto una risoluzione sulle madri sole, per mettere gli Stati membri davanti a questa realtà in espansione composta da nubili, affidatarie”.

Eppure l’impressione che si ha, talvolta, è che in Europa si privilegino politiche tutt’altro che family-friendly. “È vero, negli ultimi 5 anni l’Unione è stata reticente rispetto a questo tema – la riflessione della Costa -, per via di crescenti egoismi o approcci di tipo economicistico. L’illusione che basta il rigore è stata pagata da milioni di famiglie”.

Impressione che viene rafforzata dall’approvazione del Rapporto Lunacek, il quale suggerisce agli Stati membri un’accelerazione di politiche che soddisfino le istanze di alcuni gruppi omosessuali. Silvia Costa, seppur d’estrazione cattolica, ha votato a favore di questo testo e ora difende la sua scelta. Spiega che “del Rapporto Lunacek, sebbene abbia votato contro alcuni passaggi in Commissione, condivido il principio di non discriminazione degli omosessuali, che prevale all’interno del testo. Un testo, per altro, che non impone nulla agli Stati, essendo una direttiva generale”.

Prima del Rapporto Lunacek, c’era stata la votazione sulla Risoluzione Estrela,  “Io ho subito numerosi attacchi da sinistra perché lì ho votato contro”, racconta l’eurodeputata. “Ciò che ritenevo inaccettabile – prosegue – era che si definisse l’aborto un diritto umano, che si dicesse che i minori potessero accedere all’interruzione di gravidanza senza consenso dei genitori e che vi fosse un attacco all’obiezione di coscienza”.

Si sta diffondendo oggi un vulnus culturale che rischia di erodere l’antropologia umana e la famiglia naturale. Sull’ideologia gender Silvia Costa la pensa così: “Ritengo che la differenza sessuale tra maschio e femmina non sia un’opzione, bensì un dato di natura e di cultura. E dunque i bambini hanno il diritto di avere una crescita armonica con la loro identità sessuale”. Lei è inoltre “a favore delle unioni civili, ma contro i matrimoni e le adozioni omosessuali”. Contrarietà che sembra non attirarle simpatie da parte di alcuni gruppi evidentemente molto influenti. “Queste idee le pagherò in campagna elettorale”, chiosa con rammarico Silvia Costa.

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Federico Cenci

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