Narra la tradizione che all’ora del Vespro del giorno di San Marco, 25 aprile, dell’anno 1467, miracolosamente apparve l’immagine della Madonna con il Bambino su un muro della chiesetta che la terziaria agostiniana Petruccia de Ienco stava restaurando.
“Figlioli miei, non vi preoccupate, perché prima che io muoia (ed era già molto vecchia) la Beata Vergine e Sant’Agostino porteranno a termine questa chiesa”, aveva predetto la pia vedova ai propri concittadini, secondo quanto scrive Ambrogio da Cori, detto “il Coriolano”, nel Defensorium ordinis fratrum heremitarum S. Augustini del 1481.
Quegli stessi che prima l’avevano derisa ammutolirono. Nei giorni che seguirono, dal 27 aprile al 14 agosto, il “Codice dei miracoli” redatto da un notaio riporta ben 161 fatti prodigiosi avvenuti tra i numerosissimi fedeli accorsi a Genazzano alla notizia della stupefacente apparizione.
La tradizione riferisce, inoltre, che l’affresco custodito nel santuario della Madonna del Buon Consiglio retto dai padri agostiniani è stato “portato per mano angelica” attraverso l’Adriatico, dopo essersi staccato da una chiesa di Scutari, in Albania, per sottrarsi all’invasione ottomana, seguito da due fedeli, Giorgi e De Sclavis, i quali attraversarono il mare camminandovi sopra.
Avuta menzione dei prodigi che si stavano verificando a Genazzano il papa, Paolo II, inviò due visitatori apostolici, Gaucerio, vescovo di Gap, e Niccolò, vescovo di Lesina, “per essere sinceramente informato di ciò che stava accadendo; e siccome ebbe sicuri riscontri, che in pochi giorni si erano ivi dai divoti ricevute 161 grazie prodigiose lasciò libero il corso al fervor de’ Fedeli, in difesa de’ quali parlava la voce delle Divine misericordie (Memorie Prenestine in forma di annali, Pietrantonio Petrini, 1795 )”.
Da quegli avvenimenti della seconda metà del Quattrocento e fino ad oggi la fama della miracolosa immagine mariana custodita nel santuario genazzanese si è venuta accrescendo richiamando continuamente pellegrini di ogni età, cittadinanza ed estrazione sociale, i quali si concentrano soprattutto nelle due date dell’anno nelle quali si celebra la Sacra Immagine: il 25 aprile, giorno della Venuta, e l’8 settembre, ricorrenza liturgica della Natività di Maria.
La chiesetta che nella seconda metà del Quattrocento Petruccia de Ienco, beatificata da Clemente XIV il 22 novembre 1735, era intenta a riedificare risaliva al XII secolo ed era dedicata a Santa Maria. La prima citazione si ha nelle Conventiones del 14 dicembre 1277, stipulate dai nobili locali con i principi Pietro e Stefano Colonna, alla presenza dell’arciprete Bonomo della chiesa di Santa Maria.
L’affidamento della chiesetta agli agostiniani eremitani, la cui presenza a Genazzano si pone dal XIII secolo e si lega con ogni probabilità alla figura di Egidio Colonna, meglio noto come Romano, allievo di San Tommaso d’Aquino e generale dell’Ordine. Secondo qualche autore, anzi, sembra che Egidio, il quale a detta di Giordano di Sassonia entrò nell’Ordine degli Eremitani Agostiniani contro la volontà della propria nobile e potente famiglia, abbia tenuto il Capitolo provinciale dell’Ordine a Genazzano nel convento di San Francesco, abbandonato in seguito e crollato nel XVI secolo.
Di certo vi è che il 27 dicembre 1356 avanti il notaio Pietro di Giacomo Jacobelli, il signore del castello di Genazzano, Pietro IV Giordano Colonna, alla presenza dell’arciprete di San Paolo, Petrus De Sclavis, e dell’arciprete della vicina chiesa di San Giovanni, Rocco di Tommaso, assegnò la chiesetta di Santa Maria ai religiosi Eremitani di Sant’Agostino. L’accettazione fu sottoscritta dal priore del convento di San Francesco, padre Domenico di Genazzano, avendo il consenso del vescovo di Palestrina, il cardinale Pietro Des Prez, e del suo vicario Daniele, vescovo di Tivoli. Gli agostiniani provvidero a risistemare e restaurare la chiesetta che conservava un bassorilievo della Vergine.
Dopo la miracolosa apparizione dell’affresco, il suo culto fece incrementare donazioni e lasciti, tanto da permettere sia quanto predetto ai propri concittadini dalla santa vedova, sia un suo ampliamento.
Nel testamento del 26 marzo 1470 il principe Antonio Colonna donò beni alla chiesa di Santa Maria, così come fece la moglie Imperiale nel 1480. Grazie alle generose donazioni la chiesa con annesso convento degli agostiniani nel Cinquecento vide all’opera Andrea Bregno, artista tra i prediletti di papa Sisto IV e noto per i monumenti funebri della chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma, retta sempre dagli Agostiniani. L’impronta attuale della chiesa e del convento, come del resto della struttura cittadina di Genazzano, tuttavia, si ebbe nel Seicento ad opera del cardinale Girolamo Colonna, il quale nel 1630 fece erigere l’imponente inferriata che tuttora protegge l’antico tempietto della cappella della Madonna, posto nella navata sinistra della basilica-santuario genazzanese.
La classicheggiante facciata del santuario, arricchita da quattro mosaici con i fatti salienti della sua secolare storia, fu rifinita e rivestita di travertino nel 1956, mentre nel 1966 il portone di legno fu sostituito da uno in bronzo, opera dell’artista Giuseppe Niglia, il quale fu inaugurato nel 1967 per il cinquecentenario della Venuta.
E’ sicuramente da sottolineare che la data tramandata della miracolosa apparizione della Madonna del Buon Consiglio nel santuario genazzanese corrisponde al periodo storico nel quale l’avanzata dei turchi ottomani nella penisola balcanica costrinse numerose popolazioni ad emigrare ed approdare sull’altra sponda dell’Adriatico. La tradizione dei due pellegrini albanesi che seguirono la Madonna a Genazzano sicuramente sintetizza in un’immagine simbolica una migrazione di genti che trovarono rifugio in questa parte del Lazio.
E’ da tener presente che dopo la morte di papa Martino V nato a Genazzano nel 1368, i territori dei Colonna suoi nipoti ribelli a papa Eugenio IV furono devastati dalle truppe del cardinale Giovanni Vitelleschi. Nel 1437 Palestrina fu distrutta e stessa sorte toccò a Zagarolo nel 1439. Entrambe città prenestine dominate dai Colonna e vicinissime a Genazzano, per cui è facile supporre che quest’ultima abbia subito la stessa sorte, data la presenza di un’imponente fortezza colonnese.
Ciò porta a pensare che il territorio prenestino abbia subito notevoli lutti, per cui negli anni seguenti abbia avuto necessità di essere ripopolato, ben disposto ad accettare i profughi dell’altra sponda dell’Adriatico. “Giorgi” spesso nei secoli andati era sinonimo di “greci”, ma anche di contadini dal greco “georgòs”, sicché unendo “giorgi de sclavis” il significato reale potrebbe essere “agricoltori d’origine slava”. Chi è abituato a leggere i testi e gli autori letterari sa benissimo l’attitudine di questi a ingentilire i vocaboli, nonché, per esempio in epoche classicheggianti, a idealizzare la realtà in maniera bucolica.
Di certo questa migrazione di popolazioni orientali in Italia nella seconda metà del Quattrocento e qualche decennio successivo, sotto la spinta dell’avanzata ottomana è stata poco studiata, così come la sua influenza sulle scienze e sulle arti dell’epoca.
“L’inamovibilità di questa immagine sacra – scrive la storica dell’arte ed antropologa, Beniamina Viola – scaturisce, paradossalmente, dalla precarietà che la contraddistingue; si ritiene infatti che non sia fissata alla parete ma solo poggiata ad essa in equilibrio instabile che sembra assumere valenza di un monito ai devoti i quali vengono sollecitati in tal modo ad una fede profonda, costante, rispettosa dei riti attraverso i quali la si rende manifesta e dai quali non si può minimamente deviare senza scatenare il timore della sua perdita”, poiché “La Madonna per essere Lei Miracolosamente
ivi posta, non si deve muovere”.