Sabato 24 maggio 2014 Papa Francesco si recherà in pellegrinaggio in Terra Santa.
Il viaggio del Papa cade nel cinquantesimo anniversario della visita di Paolo VI, che nel 1964 fu il primo pontefice, dopo Pietro, a mettere piede nella terra di Gesù.
Per ricordare quella storica visita, “La Civiltà Cattolica” ha dedicato un articolo a firma dello storico Gesuita Giovanni Sale nel numero uscito sabato 17 maggio.
Il religioso ricorda come lo stesso pontefice “la mattina del 4 dicembre 1963, al termine della seconda sessione conciliare, diede l’annuncio della sua volontà di recarsi nel gennaio successivo in Terra Santa”. Per la prima volta nella storia della Chiesa, un Papa avrebbe varcato i confini europei salendo su un aereo.
Si trattava di un evento storico, reso ancora più importante dal contesto e dal fine. Il viaggio infatti si sarebbe svolto fra la seconda e la terza sessione del Concilio Vaticano II, volendo così significare il desiderio del Papa e di tutta la Chiesa di tornare alle origini. Inoltre il Papa avrebbe incontrato il Patriarca di Costantinopoli Atenagora, mettendo in pratica quell’ecumenismo che sarebbe poi stato uno dei temi più importanti e dibattuti durante il Concilio.
Il pellegrinaggio di Paolo VI voleva essere esclusivamente di natura spirituale, come ribadito più volte dal Pontefice: “Sarà un viaggio di preghiera e d’umiltà, un atto puramente religioso, assolutamente alieno da ogni sorta di considerazione d’ordine politico e temporale”.
Padre Sale si sofferma sui vari preparativi del viaggio papale, mettendo in evidenza come la Santa Sede cercò in tutti i modi di evitare qualsiasi possibile strumentazione politica.
Il religioso si sofferma anche su come la gerarchia cattolica e quella ortodossa si misero in moto per realizzare lo storico incontro fra il successore di Pietro e quello di Andrea che si realizzò nel pomeriggio del 5 gennaio 1964.
Paolo VI si rivolse ad Atenagora dicendo: “Noi desideriamo sinceramente che le buone intenzioni riscontrate in questi ultimi tempi, da una parte e dall’altra, e che trovano conferma in questo incontro benedetto di persone e di anime, portino ad una mutua comunione e ad una maggiore sottomissione alla volontà di Dio”.
Durante il suo viaggio, Paolo VI, oltre al mondo ortodosso, ebbe modo di avvicinare anche quello ebraico. Senza citare mai lo Stato di Israele, che il Vaticano non aveva ancora riconosciuto, il Santo Padre pronunciò queste parole: “Da questa terra unica nel mondo per la grandiosità degli avvenimenti di cui è stata teatro, la Nostra umile supplica si alza verso Dio per tutti gli uomini, credenti e non credenti; e aggiungiamo, per i figli del Paese dell’Alleanza, il cui carattere nella storia religiosa dell’umanità non possiamo dimenticare”.
Non mancò l’occasione per difendere la memoria di Pio XII e ricordare come concretamente si fosse attivato per salvare molte vite innocenti. Paolo VI così parlò del suo predecessore: “Coloro che come Noi hanno conosciuto più da vicino questa anima innocente sanno dove potevano arrivare la sua sensibilità, la sua compassione per le sofferenze umane, il suo valore e la bontà del suo cuore. Ben lo sapevano anche quelli che, finita la guerra, accorsero, con le lacrime agli occhi, a ringraziarlo per avere salvato loro la vita”.
Il viaggio papale – scrive ancora Padre Sale – ebbe una copertura mediatica senza precedenti: più di mille giornalisti di tutte le parti del mondo seguirono il Pontefice nei suoi spostamenti; ciò contribuì a sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale ai problemi del Medio Oriente sotto il profilo sia religioso sia politico.
Conclude il religioso: “Il ritorno a Roma di Paolo VI, la sera del 6 gennaio, fu trionfale: inaspettatamente egli fu accolto con grande entusiasmo dai roma- ni, che avevano seguito i momenti più importanti del suo viaggio in televisione. Essi lo accompagnarono per tutto il percorso fino in Vaticano. Alla fine egli dovette affacciarsi dalla sua finestra per benedire la folla che si era radunata nella piazza”.
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