La parrocchia di San Michele Arcangelo sorge in via di Pietralata, nel cuore del quartiere reso famoso una sessantina d’anni fa dai primi romanzi di Pier Paolo Pasolini. Le baraccopoli lungo l’Aniene, hanno lasciato il posto alle case popolari e la “cattiva fama” del luogo negli anni è andata declinando, tuttavia Pietralata conserva tutti i connotati di un quartiere periferico di Roma, con tutte le problematiche che ne conseguono. È in questo scenario che avverrà domani pomeriggio la nuova visita parrocchiale di papa Francesco, annunciata poco più due settimane fa. Il tempo di preparazione al’evento è stato dunque piuttosto limitato e, come riferisce a ZENIT, il viceparroco di San Michele Arcangelo, don Massimo Cautero, c’è anche un pizzico di apprensione nell’organizzazione, con la certezza, tuttavia, che “l’ultima parola l’avrà lo Spirito Santo”.
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Don Massimo, come si sta preparando la vostra comunità parrocchiale alla visita del Santo Padre?
L’abbiamo saputo solo due settimane fa. Organizzare questo evento non è stato facile perchè gli spazi parrocchiali sono limitati. Abbiamo cercato di prepararci spiritualmente attraverso vari incontri tra i gruppi, abbiamo rivisto le visite dei papi precedenti e ci siamo domandati cosa ci aspettiamo da questa visita.
Lo spazio interno è poco e non tutti potranno accedere in chiesa, quindi stiamo allestendo dei maxischermi e altoparlanti all’esterno, di modo che tutta la comunità possa partecipare. Accoglieremo tutti, in particolare i malati, i bambini delle prime comunioni e delle cresime (abbiamo un gruppo scout abbastanza nutrito) e una ventina di barboni, accompagnati da un gruppo di Sant’Egidio, a cui il Papa riserverà un incontro a parte: molti di questi barboni frequentano San Pietro e altre realtà della Caritas Romana. Si è pensato soprattutto a come dare un segno di solidarietà: in questo senso noi siamo una parrocchia abbastanza “in prima linea”.
Non abbiamo avuto il tempo di “metabolizzare” la notizia di questa visita, speriamo quindi più nei frutti che non nei ‘germogli’. L’impegno c’è stato da parte tutti, ora l’ultima parola l’avrà lo Spirito Santo, speriamo tutto vada bene!
In particolare i bambini e i ragazzi della parrocchia come animeranno l’evento?
Con i bambini abbiamo avuto un paio di incontri, uno per informarli della visita, l’altro più organizzativo; hanno preparato ognuno una lettera da consegnare al Papa: chi ha scritto una preghiera, chi ha formulato domande ‘imbarazzanti’ per gli adulti, del tipo: “se fossimo tutti della stessa religione, non sarebbe tutto più facile?’.
Che tipo di periferia è Pietralata?
Il nostro è un quartiere popolare, in cui fino agli anni ’70 c’erano le baraccopoli, il carattere popolare è rimasto nel tempo, anche se negli anni ha perso un po’ la nomea di quartiere “di infima scelta”. Accanto a Pietralata è nato un quartiere popolare di persone medio-borghesi, quindi la nostra anima si divide tra queste due realtà. Ciò potrebbe causare qualche problema: abbiamo uno zoccolo duro di fedeli che hanno la parrocchia come punto di riferimento, oltre ai quali vi sono numerosi frequentatori occasionali che vorranno partecipare ma non ne avranno la possibilità.
La mentalità secolarizzata è diffusa anche in un quartiere come il vostro?
Roma è una piazza molto strana e, anche politicamente, molto eterogenea. Storicamente a Pietralata abbiamo avuto un forte Partito Comunista e una conflittualità molto accentuata con l’istituzione ecclesiale, più che con la fede. Gli abitanti tendono a fare poca distizione, dunque, tra la comunità dei fedeli e un ufficio comunale: in questo purtroppo la fede manca. Fare un discorso di fede è sempre più difficile, si fa molta fatica da questo punto di vista. Anche in occasione di questa visita quindi, ho percepito critiche o attegiamenti di indifferenza nel quartiere. Speriamo quindi che questo incontro con il Papa dia uno “sprint” alla fede di tutti i residenti di Pietralata.
Da questo Papa che ama così tanto le periferie cosa vi aspettate e in che modo lo omaggerete?
Sarà tutto molto lasciato alla spontaneità, com’è nello stile del Santo Padre. Questo Papa è molto immediato e spontaneo e, come sappiamo, talvolta ne paga le conseguenze: aprendo il cuore talvolta le parole possono essere intese anche in senso non convenzionale. Da parte nostra anche noi sacerdoti dobbiamo essere un po’ ‘pietralatini’, un po’ bruschi, in un certo senso ‘difenderci’. Non abbiamo preparato nulla in questo senso. A parte il saluto del parroco, parleremo forse più con i gesti: offriremo al Papa le lettere dei bambini, dei bulbi da piantare nei Giardini Vaticani, infine un’icona di San Michele Arcangelo perché lo protegga: oltrettutto sappiamo che lui è molto devoto a San Michele!