Ci sono studi seri e ricerche ben condotte sul modo di agire dell’uomo e su i suoi fallimenti nella vita privata e pubblica. Di riflesso sono nati manuali d’istruzione, oggi anche on-line, ben congegnati e pronti ad offrire ricette mirate per non cadere negli stessi errori. Dovremmo perciò vivere in un mondo più sereno e più attrezzato per sconfiggere i mali che ci circondano. Ma non è così. Certo per qualcuno il problema è solo di natura formale! Non manca infatti chi ad esempio sostiene, se si dovesse parlare di corruzione, che la stessa era già stata, fin dall’epoca romana, un fenomeno abbastanza presente tra i cittadini e persino tra i membri che componevano l’aula prestigiosa del Senato. Un tentativo questo di fuggire dalla responsabilità di eliminare, senza giustificarlo, un sintomo che incide sfavorevolmente sulla vita quotidiana di una comunità. Nonostante le mille teorie positive esistenziali in campo, la società continua comunque a mostrare i suoi malanni, le sue profonde ferite, le grandi difficoltà a dar vita ad un processo di benessere diffuso. Manca un atto sociale pronto a contribuire ad una rivoluzione in cui l’essere umano si riprenda la centralità della storia, già smarrita. Per attivarlo, a mio avviso, c’è una sola strada. Bisogna smettere di costruire, come ben facevano i vecchi farisei e gli scribi, una religione del corpo, proiettata allora a rafforzare le sole tradizioni antiche, spesso ben architettate per mantenere il dominio spirituale e politico sul popolo. Dio era così diventato un nobile pretesto da utilizzare artatamente, non il Padre a cui tendere per meglio operare nella propria quotidianità. Oggi è solo peggio. Dio non c’è mai, se non per esaltare qualche ricorrenza riservata o collettiva. Il Cristo ha perso anche il diritto di rimanere appeso ad una parete di un vecchio e umido edificio, figuriamoci in quelli avveniristici che amplificano la forza umana, anche se solo nella carne.
Non si vuole capire che il male fuori di noi proviene dall’impurità del cuore degli uomini, qualsiasi sia il loro posto nella società: Famiglia; Parlamento; Gruppo di amici; Chiesa; Scuola; Fabbrica; Ufficio; Comunità di appartenenza; Luoghi artistici o sportivi; Contesti finanziari o sociali, ecc. L’inventario è senza fine. Un elenco qui necessario per affermare come non siano i riflessi esterni di un luogo qualsiasi ad inquinare l’animo di un individuo. È infatti la giusta predisposizione del suo cuore, dinnanzi alla verità, a rendersi promotrice o meno di effetti positivi su quanto gira attorno. Uno scudo sicuro tra le mille aggressioni che maturano nell’habitat esterno, a causa del male seminato ogni giorno dai tanti cuori impuri. Come denunciava il profeta Isaia in tempi a noi lontani, anche nel terzo millennio si cura l’esteriorità, diluendo il senso etico dell’essere. Gli stessi scribi denunciavano Cristo perché i suoi seguaci prendevano cibo con mani impuri, non curandosi delle stoltezze e delle iniquità compiute da chi, rispettando ogni rito, violava apertamente la verità eterna del Signore. Un “film” che resta attuale e fa scricchiolare l’armonia del mondo. La società è ormai proiettata verso una gestione empirica dei doveri e dei dei diritti. Ogni legame con le leggi del Signore è stato reciso. I dieci comandamenti sono cimeli da esibire come regole per un vecchio popolo ormai consegnato alla memoria. Così la legge dell’uomo emenda e supera quella del cielo e cambia il valore della famiglia, del matrimonio, dell’eucaristia, dell’accoglienza e stravolge il disvalore della violenza, dell’adulterio, delle ruberie, delle stragi, dell’egoismo sociale. Senza il ritorno vero al rispetto della legge del Signore diventa difficile attrezzarsi per la costruzione di un tempo migliore. Il Giubileo straordinario e l’Enciclica Laudato Si’, grazie a Papa Francesco, ci aiutano a farlo.
Vani saranno le attenzioni alla cura spasmodica di tutto ciò che ci circonda, senza prima eliminare le “infezioni” del cuore. Il teologo mons. Costantino Di Bruno così rifletteva in una omelia dinnanzi ad una folla numerosa di turisti: “Nessuno più si preoccupa di essere o meno nella volontà di Dio. Abbiamo abolito il Signore come fonte di verità della nostra vita. A lui è negato ogni diritto di parola, in un mondo dove spesso esiste il diritto di mentire, di ingannare, di dire falsa testimonianza, di abortire, di uccidere, di delinquere. Lo stesso Cristo ha perso il diritto ad essere e restare crocifisso, perché da fastidio a noi che siamo tolleranti di ogni cosa. Viviamo infatti in una società in cui si permette di tutto, ma non si consente al Figlio dell’Uomo di poter parlare. Il mondo dimentica di essere stato piantato nella stupenda vigna di Cristo, dalla quale generare i frutto per la salvezza del mondo”. Uno stralcio significativo da cui trarre lo slancio per affrontare un tempo difficile. È necessario, come scriveva mirabilmente l’altro giorno, sul Corriere della Sera, Ernesto Galli della Loggia, prepararsi ad intervenire su assetti delicatissimi che riguardano in primo luogo “La migrazione di masse umane”; “La crisi demografica in Europa”; “I cambiamenti climatici”; I mutamenti epocali nel mondo del lavoro”. L’editorialista denunciava tra l’altro la mancanza di un vero e proprio sentimento di appartenenza, in grado di unire il popolo nei momenti difficili. Mi permetto di aggiungere che senza la riscoperta del Dio di Gesù Cristo nessuno sarà in grado di abbordare con equilibrio eventi del genere e ciò che giornalmente ne consegue. Più che di un sentimento che metta assieme una società ormai troppo individualista, serve la spinta della verità evangelica. L’uomo potrà così ridare la parola al suo Dio e risorgere con Lui, per poter arginare i tanti mali del mondo.
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