La grande riforma di Francesco del processo canonico per le cause di nullità matrimoniale – introdotta oggi attraverso le due lettere “Motu proprio” Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et misericors Iesus – si può inquadrare in quella precisa idea del Pontefice argentino di una “Chiesa ospedale da campo” che curi le ferite dell’umanità.
Oltre alle novità ‘tecniche’ del processo breve e del vescovo giudice, un aspetto che colpisce della ‘rivoluzione’ di Bergoglio è infatti l’anelito pastorale a tutelare la “salvezza” delle persone, soprattutto quelle lasciate per strada da fallimenti matrimoniali o che riportano già a monte la “ferita” di un sacramento che si rivela nullo. Anch’essi una categoria di “poveri” che la Chiesa non può trascurare, dato il suo compito non solo di “curare le ferite” ma anche di “prevenire la salute”, come ha sottolineato mons. Alejandro Bunge, segretario della speciale Commissione istituita dal Pontefice nell’agosto 2014 per studiare le riforme sul processo di nullità e avanzare proposte a riguardo.
Bunge era uno dei sei “qualificatissimi” ospiti che hanno presentato i due documenti stamane in Sala Stampa vaticana. Gli altri erano il card. Francesco Coccopalmerio, presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, mons. Dimitrios Salachas, esarca apostolico di Atene per i cattolici greci di rito bizantino, mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, gesuita, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, mons. Alejandro W. Bunge, prelato uditore della Rota Romana e il domenicano Nikolaus Schoech, promotore di Giustizia Sostituto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Tutti membri della Commissione speciale.
Entrambi i “Motu proprio” riportano la data del 15 agosto, Assunzione di Maria, e, per volontà del Papa, sono stati presentati oggi 8 settembre, altra data mariana della Festa della Natività della Vergine. Le nuove norme entreranno poi in vigore il prossimo 8 dicembre, Solennità dell’Immacolata: un chiaro desiderio del Santo Padre di affidare alla Madonna questo tema così delicato. Soprattutto, però, i due documenti si affacciano alla vigilia del Sinodo ordinario sulla famiglia, offrendo spunti per le discussioni di ottobre in Aula e raccogliendo le richieste dei Padri dell’assise 2014, i quali evidenziavano la necessità di rendere più agili e accessibili – nonché del tutto gratuite – le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità.
Nei documenti confluiscono poi le proposte della Commissione speciale. Queste – ha spiegato il presidente mons. Pio Vito Pinto, decano della Rota Romana – sono state approvate all’unanimità dai vari membri e, dopo il placet del Papa, esaminate da quattro “grandi esperti” il cui nome rimane però sconosciuto. Il Santo Padre – ha aggiunto – ha voluto “seguire e essere periodicamente informato” del lavoro del team. “A lui va dunque la decisione di questa pubblicazione”, presa “con gravità” ma anche la “serenità” di chi sa di perseguire “quella che per noi è la massima legge: la salvezza delle anime. Nella sostanza, nelle procedure e nei tempi….”.
Circa i lavori della Commissione, Pinto ha spiegato che “è chiaro che è un atto di uomini, dunque fallaci, comunque onesti, che hanno discusso, votato e quasi tutto approvato all’unanimità”. Bergoglio “è stato confortato da questa conclusione e da ultimo ha voluto sentire i quattro grandi esperti”, i quali, a loro volta, “hanno fornito delle osservazioni, hanno trovato che la sostanza e anche la forma del documento poteva lasciare il Santo Padre tranquillo”.
Dal presente il decano della Rota Romana ha poi rivolto uno sguardo al passato, rilevando come la riforma di Francesco si inserisca nel filone tracciato dalle storiche riforme dei Papi Benedetto XIV, nel 1741, e di Pio X, nel 1908, ma anche delle indicazioni del Vaticano II. Essa esprime infatti “la fedeltà alla teologia della collegialità”: “Il Papa investe nella fiducia dei vescovi”, ha detto il presule, ricordando le parole del Pontefice al termine dell’Assemblea straordinaria dell’ottobre scorso: “La Chiesa non è padrona, né il Papa è padrone, ma la Chiesa e il Papa sono servi, e il Papa ha invitato i vescovi ad essere servi con lui”.
Proprio questa è la “ratio teologica fondamentale” che ha spinto Bergoglio a decidere di pubblicare ora, e non dopo il Sinodo, questo importante documento: il Papa “ha trovato che la convergenza dei Padri nel Sinodo straordinario fosse quasi unanime, e ora il Sinodo ordinario può essere una spinta perché questa riforma sia accolta con amore”. Secondo il presule, infatti, non sarà facile implementare questo nuovo sistema: “Non è escluso che vi siano delle resistenze… il Santo Padre sa bene, e sappiamo tutti, che non sarà facile…”. Ma l’esperienza unita ad una buona formazione – nonostante i tempi stretti – faranno sì che le nuove disposizioni vengano “accolte” e che si evitino rischi di abusi.
Più dettagliato l’intervento del cardinale Coccopalmerio che ha subito chiarito che quello introdotto dal Papa è “un processo che conduce alla dichiarazione della nullità”, e dunque “in primo luogo a vedere se un matrimonio è nullo e poi, in caso positivo, a dichiararne la nullità. Non si tratta, perciò, di un processo che conduca all’annullamento del matrimonio”. “Nullità è diversa da annullamento”, ha precisato il porporato, ricordando i molteplici motivi che determinano la nullità del sacramento. Ad esempio, l’esclusione della indissolubilità. Tutto questo “è dottrina e prassi recepita senza difficoltà”, ha aggiunto; il problema, di natura pastorale, consiste invece “nel rendere più veloci i processi di nullità del matrimonio, così da servire più sollecitamente i fedeli che si trovano in tali situazioni”. Sempre, naturalmente, “nel pieno rispetto della loro natura di indagine della verità”.
Coccopalmerio ha quindi illustrato le principali modifiche al processo canonico. In sostanza, il vescovo diocesano che potrà giudicare autonomamente o, in alternativa, affiancato da un collegio formato da tre membri tutti chierici (o anche da un solo chierico e altri laici). Poi l’abolizione della “doppia conforme”, ovvero il ricorso in appello d’ufficio; infine il “processus brevior”, struttura “più agile e veloce” che viene introdotta quando i coniugi sono entrambi convinti della nullità del matrimonio e vi sono prove testimoniali o documentali “evidenti”. La nullità, in quest’ultimo caso, sarà valida dopo 45 giorni dalla sentenza, emanata dallo stesso vescovo diocesano.
Il cardinale ha poi voluto rendere noto anche il lavoro che il suo Dicastero sta svolgendo per la normativa canonica relativa a matrimonio e famiglia. Un lavoro diviso in tre settori, il primo dei quali riguarda i canoni sul matrimonio nel Codice latino, per cui sembra necessario “dare spazio non solo al sacramento del matrimonio, bensì anche alla famiglia, alla sua identità, soggettività e missione”. Il secondo settore è “una necessaria armonizzazione” tra disciplina sul matrimonio nei Codici latino e orientale. Il terzo, il problema della nuove normative civili relative a matrimonio e famiglia, “spesso incompatibili con la dottrina e la disciplina della Chiesa, però di fatto esistenti”.
“Queste nuove normative civili vengono inevitabilmente ad avere un impatto sull’ordinamento canonico”, ha sottolineato Coccopalmerio, lasciando in sospeso il suo intervento con alcuni interrogativi: “Come reagisce tale normativa? Un solo caso, tra i più semplici; nelle legislazioni in cui le coppie omosessuali possono adottare, se una coppia omosessuale vuole battezzare il bambino, come si deve procedere? Come, per esempio, si registra il battesimo?”.
Vivace, poi, l’intervento dell’esarca Salachas, che ha chiesto: “Perché due ‘Motu proprio’?”. La risposta è nella immagine “poetica” di Giovan
ni Paolo II nel Codex canonum Ecclesiarum Orientalium del 1990: “Una Chiesa che respira con due polmoni… Un’unica fede nella diversità di culture e discipline canoniche”. Per Salachas le novità introdotte dal Pontefice – specie quella di rivestire il vescovo del ruolo di “giudice e medico” – sono un punto di svolta per le Chiese orientali dove la maggioranza dei processi riguardano matrimoni misti tra cattolici e ortodossi che costituiscono il 90%. “I fedeli ortodossi non aspettano anni e anni, ma se ne vanno. La parte cattolica invece rimane e aspetta 4-5 anni, la doppia sentenza conforme ecc. Ma così abbiamo perso tantissimi fedeli…”.
Infine mons. Ladaria, che ha sottolineato che anche se i processi si devono svolgere nelle diverse diocesi, le procedure “sono le stesse per tutta la Chiesa”. “E’ il Papa che con la Sua autorità afferma e rafforza quella dei pastori delle Chiese particolari”, ha detto. “Il potere delle chiavi di Pietro rimane sempre immutato, anche in questo processo l’appello alla Sede Apostolica è aperto a tutti perché si confermi il vincolo fra la Sede di Pietro e le Chiese particolari”, che non entrano assolutamente in concorrenza tra loro.