Dura un’ora ma ma segue un ritmo scoppiettante l’intervista che Papa Francesco ha rilasciato alla emittente portoghese Radio Renascença. Il colloquio è andato in onda questa mattina, lunedì 14 settembre, ma si è svolto lo scorso 8 settembre, in occasione della visita ‘ad limina’ dei vescovi portoghesi. Questo grazie anche alla ‘insistenza’ della vaticanista Aura Miguel che ha bonariamente ‘braccato’ Bergoglio durante i voli papali per chiedergli di rivolgere una parola anche al pubblico del Portogallo. E Francesco ha esaudito il desiderio, incentrando peraltro buona parte dell’intervista sulla situazione sociale e spirituale del popolo portoghese.
“La catechesi non sia teoretica. I giovani parlino il linguaggio di cuore, testa e mani”
In particolare il Pontefice ha espresso quelle che sono le sue due principali preoccupazioni, già manifestate ai vescovi ‘ad limina’: i giovani e le catechesi. Due campi che, secondo il Santo Padre, bisogna far crescere e che bisogna accompagnare “con prudenza, parlando nel momento opportuno”. È importante, ha aggiunto il Papa, che la catechesi non sia “puramente teorica”: essa “è una dottrina per la vita e pertanto deve avere tre linguaggi: quello della testa, del cuore e delle mani”, in modo che i giovani “pensino e sappiano qual è la fede ma, al contempo, sentano nel loro cuore ciò che è la fede e, di conseguenza, si adoperino per fare cose concrete”.
Celebrazioni per apparizioni Fatima. “Maria ci invita a pregare”
Questi stessi giovani, insieme agli altri fedeli del Portogallo, aspettano il Papa per celebrare il centenario delle apparizioni della Madonna a Fatima. Francesco più volte ha espresso il desiderio di recarsi al celebre Santuario e pregare la Vergine. “La Madonna – dice nell’intervista – ci chiede sempre di pregare, di prenderci cura della famiglia, di osservare i comandamenti”. Lei “è Madre” e “si manifesta ai bambini, cerca sempre le anime semplici”.
Emergenza migranti. “Punta di un iceberg. Andare alle cause”
Non manca, nel colloquio, uno sguardo al fenomeno migratorio che ha colpito l’Europa, destando forte preoccupazione. Per il Papa si tratta della “punta di un iceberg”: “Vediamo questi profughi, questa povera gente che fugge dalla guerra, dalla fame… ma alla base c’è una causa: un sistema socioeconomico cattivo, ingiusto”. Ingiusto perché “ha decentrato la persona, mettendo invece al centro il dio denaro, è l’idolo di moda”. La persona deve essere invece una priorità per ogni sistema sociale, economico e politico, rimarca il Santo Padre.
Che esorta quindi ad andare alle radici dei problemi che spingono intere popolazioni all’esodo disperato. Quelle di Africa e Medio Oriente, come pure dei Rohingya. “Bisogna andare alle cause – afferma -. Laddove la causa è la fame, creare fonti di lavoro, investire. Laddove la causa è la guerra, cercare la pace e lavorare per la pace”. Soprattutto la pace, evidenzia Bergoglio, perché “oggi il mondo è in guerra contro se stesso”: una guerra combattuta “a pezzi” che sta progressivamente distruggendo la nostra “casa comune”.
“Accogliere tutti. Anche io sono figlio di migranti. Se non c’è posto in canonica dare almeno un angoletto”
Bisogna allora recuperare una dimensione di comunità, cominciando dall’accoglienza delle persone “così come sono”. Io stesso – ricorda Francesco – “sono figlio di emigrati in Argentina”, nazione che ha saputo aprire le porte a tutta la gente proveniente da paesi europei e non solo.
A proposito di accoglienza, sollecitato dalla giornalista, il Papa rilancia l’invito già espresso nell’Angelus del 6 settembre scorso a parrocchie, conventi e monasteri ad ospitare una famiglia di immigrati. Una richiesta che aveva creato un leggero subbuglio in alcune comunità religiose. Per cui Papa Francesco si sente di chiarire: “Quando dico che una parrocchia deve accogliere una famiglia, non intendo che per forza debbano andare a vivere in canonica, ma che la comunità parrocchiale cerchi un posto, un angoletto per fare un piccolo appartamento o, nel peggiore dei casi, si organizzi per affittare un appartamento modesto per quella famiglia, ma che abbiano un tetto, che vengano accolti e vengano inseriti nella comunità”.
“Se un convento lavora come un hotel, paghi le tasse!”
È un buon esercizio, questo, anzitutto per combattere la “tentazione del dio denaro” in cui spesso incorrono anche le congregazioni religiose. E poi per uscire da quel guscio di “individualismo” che permea il momento attuale. “Se si guadagna nell’accoglienza bisogna pagare le tasse”, spiega il Papa. Alcune congregazioni dicono: ‘No, ora che il convento è vuoto faremo un hotel, un albergo: possiamo ricevere gente e con ciò ci manteniamo e guadagnamo denaro’. Bene, se desideri questo paga le imposte. Un collegio religioso è esente dalle imposte ma se lavora come un hotel è giusto che paghi le imposte”.
Giovani disoccupati, anziani soli, bambini non nati: colpa della “cultura del benessere”
Europa: “Ancora non è morta. Torni a essere madre e non nonna…”
Per il Vescovo di Roma, tutte queste problematiche devono rientrare nell’agenda dell’Europa, la cui sfida principale – afferma – è quella di “tornare ad essere madre e non nonna… nonna Europa”. Il vecchio Continente, possiede infatti “una cultura eccezionale”, frutto di secoli, ed una identità forte che trae linfa vitale dalle sue radici cristiane, anche se a volte queste sono dimenticate o non riconosciute. “L’Europa ha sbagliato, non glielo rinfaccio, soltanto glielo ricordo”, dice il Papa; essa deve pertanto “riacquistare la sua leadership nel concerto delle nazioni”, cioè tornare a essere “l’Europa che indica la strada”, poiché ha i mezzi per farlo.
“L’Europa non è ancora morta”, chiosa ancora il Santo Padre; alcuni paesi come l’Albania e la Bosnia Herzegovina, che lui stesso ha visitato, lo dimostrano: usciti dalla guerra hanno saputo risorgere dalle proprie ceneri e diventare faro per altri paesi. Il vero problema semmai è “la corruzione a tutti i livelli”, osserva Bergoglio, che dice di confidare pertanto nelle nuove generazioni di politici.
Meglio una Chiesa “incidentata” che “inferma”
A contribuire a questa rinascita c’è poi la Chiesa. È vero: anch’essa è sottoposta a dei rischi, ma “uscendo” è normale avere qualche incidente di percorso, osserva il Pontefice. “Se si vive chiusi in se stessi, si rischia di ammalarsi, si può andare incontro ad una Chiesa rachitica, con norme fisse, senza creatività, assicurata ma non sicura”. Tuttavia, “è meglio una Chiesa incidentata” piuttos
to che “inferma”, perché almeno significa che è “una Chiesa in uscita”.
Grandi attese per il Giubileo della Misericordia
Proprio questa è l’immagine di Chiesa che il Papa vorrebbe far emergere durante il Giubileo della Misericordia che si aprirà il prossimo 8 dicembre. “Che vengano tutti, che vengano e sentano l’amore e il perdono di Dio” è l’auspicio del Santo Padre, che ricalca anche le raccomandazioni contenute nella lettera a mons. Fisichella, nella quale si raccomandava il perdono anche di peccati come l’aborto, e i due Motu Proprio sulle dichiarazioni di nullità matrimoniale. Due documenti, dice, nati “per semplificare, facilitare la fede alla gente affinché la Chiesa sia madre”, anche in vista del prossimo Sinodo per cui chiede preghiere.
“Perché sono stato eletto? Chiedetelo allo Spirito Santo”
L’idea di Chiesa “incidentata” ma misericordiosa, inoltre, è quella che il cardinale Bergoglio aveva presentato nella sua relazione alle Congregazioni generali pre-Conclave, catturando l’attenzione di buona parte del Collegio cardinalizio. La Miguel infatti domanda: “Per questo è stato eletto Papa?”. Un interrogativo a cui il Vescovo di Roma replica con un sorriso, rimandando la risposta allo Spirito Santo: “Chiedilo a Lui”.
All’inizio del 2013, ricorda poi l’intervistatrice, intenzione dell’arcivescovo di Buenos Aires era di andare “in pensione”, ora invece si ritrova ad essere “uno degli uomini più famosi del mondo”. “Come vive questa situazione?”. “Non ho mai perso la pace” spiega il Santo Padre, “è un dono” che “Dio mi ha dato, qualcosa che nemmeno immaginavo, anche per la mia età”. Anzi, “avevo già predisposto il mio ritorno, aggiunge, raccontando di aver lasciato pronta l’omelia della Domenica delle Palme sulla sua scrivania…
“Mi manca uscire per strada!”
L’elezione al Soglio di Pietro è stato dunque un evento che ha travolto l’allora 76enne cardinale argentino, con tutto ciò che ne è conseguito. Tipo, la mancanza di libertà. A riguardo, Francesco confessa di aver “bisogno di uscire” per strada come accadeva a Buenos Aires. “I tempi non sono ancora maturi – dice – ma ho il contatto con la gente i mercoledì e questo mi aiuta molto”.
“Io popolare? Lo era anche Gesù. Poi è finito in croce…”
Ancora sulla sua popolarità e sull’amore che tutto il mondo dimostra nei suoi confronti, la Miguel ricorda il monito di Gesù: “Sarete odiati a causa del mio nome”. Papa Francesco replica a tono: “A volte mi chiedo come sarà la mia croce… E anche Gesù, in un momento, era molto popolare, ma finì come finì. Cioè, nessuno può comprare la felicità mondana. Io, l’unica cosa che chiedo al Signore è che mi conservi la pace del cuore e che mi conservi la Sua grazia, perché fino all’ultimo momento uno è un peccatore e può rinnegare la Sua grazia. Mi consola una cosa: San Pietro commise un peccato molto grave: rinnegare Gesù. Dopo, però, l’hanno fatto Papa”. Quindi, “il Signore si prenderà cura di me come si prese cura di Pietro”.
“Come vorrebbe morire?”. “Come Dio vuole. Dev’essere bello incontrare il Signore”
Intanto, per precauzione, Francesco continua a confessarsi ogni 15-20 giorni. E alla domanda su come e dove gli piacerebbe morire, risponde: “Dovunque Dio voglia, sul serio, dovunque Dio voglia”. Anche perché la sua idea di eternità è decisamente cambiata nel tempo: “Quando ero più giovane, l’immaginavo più noiosa. Adesso penso che è un Mistero di Incontro. È quasi inimmaginabile, ma deve essere molto bello incontrare il Signore”.