Dal primo settembre sciopero delle scuole cattoliche, sit-in con insegnanti, famiglie, alunni , incontri con il ministro dell’Istruzione e con membri della Knesseth (il Parlamento israeliano) per far rispettare il diritto all’educazione, come previsto dalle leggi di Israele. A spiegare a ZENIT cosa sta accadendo a Nazareth e in altre città israeliane è mons. Giacinto Marcuzzo, Vescovo Ausiliare di Nazareth e Vicario Patriarcale per Israele.
Partiamo dalle cifre e dalla storia. Sono 47 le scuole cristiane in Israele con 33mila studenti e 3500 insegnanti. Le scuole cristiane in Israele ci sono da sempre. Già ai tempi di Gesù le sinagoghe svolgevano anche funzione di scuola. Delle scuole esistenti, quelle cristiane sono le più antiche del Paese. Ce ne sono alcune presenti dalla metà del 1500. La maggior parte delle scuole cristiane hanno almeno 150 anni e sono state fondate nella seconda metà del XIX secolo, quando il patriarcato latino è tornato ad esistere in Terra Santa.
“Per noi la scuola è il passato e l’avvenire”, ha affermato mon. Marcuzzo, “perché siamo solo il due per cento della popolazione e se perdiamo anche le scuole spariremo”. Ha spiegato il presule che “il più grande problema di queste terre è che i cristiani tendono ad emigrare. Se noi non possiamo offrire l’educazione e la formazione scolastica, allora i giovani non possono qualificarsi, hanno più difficoltà a trovare un lavoro e quindi saranno costretti all’emigrazione”.
“Avere o non avere le scuole per noi è un problema di Essere o non essere (Be or not to be)”, ha sottolineato. Il Vescovo ha ricordato che sin dalla sua costituzione come Stato, Israele ha un’ottima legge sull’educazione. Lo Stato fornisce l’infrastruttura e permette alle varie religioni di educare secondo la propria tradizione.
Lo Stato lascia ad ogni famiglia la possibilità di far educare i propri figli secondo i propri convincimenti e tradizione religiosa. Lo Stato valuta attentamente che i criteri di qualità dell’insegnamento vengano mantenuti. E comunque provvede con un finanziamento pubblico nei confronti delle scuole gestite dai cristiani, ebrei, musulmani e altre fedi.
Tutto funzionava perfettamente finché a partire dal 2009, su pressioni di gruppi di estrema destra, supernazionalisti, il Governo ha cominciato a non rispettare più la legge ed ha tagliato il finanziamento nei confronti delle scuole cristiane.
“Attualmente – ha spiegato mons. Marcuzzo – riceviamo solo il 29% di quello cui abbiamo diritto, e non ce la facciamo più”. Per qualche anno siamo riusciti a raccogliere fondi dalle famiglie degli studenti, ma adesso anche loro non hanno più risorse”. Le scuole cristiane coprono l’insegnamento dalle materne fino alla scuola secondaria. Sono frequentate da tutti (il 65-70% sono cristiani) e sono tra le migliori in Israele.
In merito alla qualità, ogni anno tra le prime dieci scuole in Israele, sei o sette sono cristiane. Nelle università il 30% degli studenti sono cristiani o provengono dalle scuole cristiane. L’80% delle persone che lavora nel settore hi-tech ha studiato nelle scuole cristiane, così come una grande percentuale di professionisti, medici, dottori, avvocati. Inoltre nelle scuole cristiane si insegna a vivere insieme.
Alla domanda sul perché di queste riduzioni di bilancio che colpiscono le scuole cristiane, mons. Marcuzzo ha spiegato che ci sono gruppi che vogliono imporre e allargare la giudaizzazione della nazione erodendo gli spazi delle altre religioni. Non tutti sono però d’accordo e le proteste dei cristiani stanno trovando ascolto da ebrei, musulmani, laici. “Non c’è da fare una legge, c’è solo da rispettare quella che c’è”, ha concluso mons. Marcuzzo.