“Oggi ricordiamo uno di quei religiosi che ha saputo testimoniare in queste terre la gioia del Vangelo: Padre Junipero Serra”. Quando in Italia era già notte, Papa Francesco, nel Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione, a Washington, ha presieduto la Messa e il rito di canonizzazione del missionario francescano spagnolo vissuto tra il 1713 ed il 1784 considerato “l’apostolo della California”.
Professore di teologia, scelse di andare tra gli indigeni, li difese, li educò, li amò. Fu beatificato da Giovanni Paolo II il 25 settembre 1988 e oggi Francesco ha deciso di elevarlo agli onori degli altari, con una canonizzazione equipollente, in una funzione partecipata da numerosi fedeli. Tra questi, il vice presidente degli Stati Uniti, il cattolico Joe Biden, e tre giudici della Corte Suprema, il presidente John Roberts, Anthony Kennedy e Sonia Sotomayor.
Padre Junipero – ha detto il Papa nella sua omelia – “ha saputo vivere quello che è ‘la Chiesa in uscita’, questa Chiesa che sa uscire e andare per le strade, per condividere la tenerezza riconciliatrice di Dio”. Lui “ha saputo lasciare la sua terra, le sue usanze, ha avuto il coraggio di aprire vie, ha saputo andare incontro a tanti imparando a rispettare le loro usanze e le loro caratteristiche”. “Ha imparato a generare e ad accompagnare la vita di Dio nei volti di coloro che incontrava rendendoli suoi fratelli”. Non solo, il francescano – ha sottolineato Bergoglio – “ha cercato di difendere la dignità della comunità nativa, proteggendola da quanti ne avevano abusato. Abusi che oggi continuano a procurarci dispiacere, specialmente per il dolore che provocano nella vita di tante persone”.
“Sempre avanti” era il motto che guidava la vita di Serra, che infatti è stato sempre avanti nel vivere e comunicare la gioia del Vangelo. Una gioia che si riverbera nella esortazione di Papa Francesco ad “essere lieti”. Per farlo – ha aggiunto – bisogna evitare “l’anestetizzazione del cuore”: “C’è qualcosa dentro di noi che ci invita alla gioia e a non adattarci a palliativi che cercano semplicemente di accontentarci”.
Il Santo Padre ha quindi ricordato l’invito di Gesù ad “andare ed annunciare la gioia del Vangelo, donandola e donandosi” a tutti, in tutte le nazioni, “senza fare distinzioni tra quelli che sono degni o no di ricevere il suo messaggio”. Gesù – ha rimarcato – non ha prospettato una vita “imbellettata, decorata, truccata”, ed ha invitato i suoi discepoli ad “andare e abbracciare in suo nome”. Invito valido ancora oggi: “Andate agli incroci delle strade, andate… – ha ribadito il Pontefice – andate ad annunciare senza paura, senza pregiudizi, senza superiorità, senza purismi a tutti quelli che hanno perso la gioia di vivere, andate ad annunciare l’abbraccio misericordioso del Padre”. “Andate – ha proseguito – da quelli che vivono con il peso del dolore, del fallimento, del sentire una vita spezzata e annunciate la follia di un Padre che cerca di ungerli con l’olio della speranza, della salvezza… Andate ad annunciare che gli sbagli, le illusioni ingannevoli, le incomprensioni, non hanno l’ultima parola nella vita di una persona. Andate con l’olio che lenisce le ferite e ristora il cuore”.
Per Francesco, la missione “non nasce mai da un progetto perfettamente elaborato o da un manuale molto ben strutturato e programmato; la missione nasce sempre da una vita che si è sentita cercata e guarita, trovata e perdonata. La missione nasce dal fare esperienza una e più volte dell’unzione misericordiosa di Dio”. E “la vita – ha concluso il Papa – si accresce donandola e si indebolisce nell’isolamento e nella comodità”.