Due professionisti, l’avvocato Luca Basilio Bucca, esperto in bioetica, e la psicoterapeuta Roberta Genovese, siciliani, marito e moglie, hanno progettato un percorso rivolto alle coppie in crisi, strutturato in sei incontri.
Con un intervento integrato, che considera gli aspetti legali, psicologici, bioetici e affettivi, si forniscono, alle coppie in crisi, strumenti utili a risolvere il conflitto o, per lo meno, a fare scelte il più possibile informate, consapevoli e responsabili.
Successivamente, se i professionisti lo suggeriscono o se gli utenti lo richiedono, si può pure proseguire con un intervento più specialistico. Il progetto si chiama Oltre il Conflitto ed “è nato dalle nostre rispettive esperienze professionali”, ci raccontano Roberta e Luca.
“Ci siamo accorti – proseguono – che quando una coppia si rivolge ai legali, per chiedere la separazione, in molti casi ci sono ancora margini di intervento, per recuperare il rapporto e molte coppie, che si rivolgono alle associazioni di mediazione familiare, più che essere accompagnati verso la separazione, vorrebbero ricevere un aiuto per superare la fase di crisi, cosa sulla quale questo istituto, al di là del nome, probabilmente in molti casi, nella sua pratica, non si sofferma abbastanza”.
È davvero possibile fare qualcosa per evitare di arrivare al conflitto?
Sì. Entrambi svolgiamo, da molti anni, ciascuno nel suo ambito, il servizio di preparazione dei fidanzati al matrimonio, in alcune parrocchie della nostra città, Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. Ma oggi non tutti si sposano con rito religioso, e, con Oltre il conflitto, proviamo a dare questa opportunità di preparazione anche a chi sceglie il rito civile. Alle giovani coppie di sposi proponiamo interventi che potremmo definire “di prevenzione” attraverso specifici incontri di formazione. Alle famiglie che invece non vivono una fase particolarmente problematica, ma hanno necessità di aiuto per gestire i quotidiani rapporti familiari, proponiamo un supporto attraverso gruppi di condivisione. Alle coppie che si sono già separate, infine, forniamo gli strumenti necessari per cercare di ricostruire il rapporto o, perlomeno, per gestire i rapporti sia affettivi che patrimoniali cercando di evitare che insorgano nuovi elementi di conflitto.
Qual è stata la risposta delle persone?
Il progetto è nato all’inizio dell’estate appena passata, quindi è ancora presto per fare bilanci precisi. Possiamo dire di aver suscitato la curiosità dei colleghi, sia psicologi che avvocati; un certo numero di coppie ci hanno già contattato e abbiamo avuto modo di riscontrare che la nostra collaborazione risponde effettivamente a un bisogno reale. Il segnale più interessante è che le coppie che si sono rivolte a Oltre il conflitto, poi hanno deciso di proseguire con un percorso di terapia di coppia, dove evidentemente esce di scena la figura del legale per un intervento di tipo più specificamente psicologico. Anche sui social network il progetto è abbastanza seguito, soprattutto su Facebook ma abbiamo anche un profilo Twitter e Google+ e abbiamo avuto modo di prendere contatti con vari ambienti, anche geograficamente lontani dalla nostra zona di origine e di azione.
Oltre il conflitto è una vostra idea o ci sono realtà simili in Italia? Ci potreste suggerire un nome per il Centro Italia e uno per il Nord (dal momento che al Sud ci siete già voi)?
In Italia esistono varie realtà che forniscono servizi simili, come consultori familiari, studi professionali o associazioni. La peculiarità di Oltre il Conflitto è che fornisce un intervento professionale integrato, attraverso un metodo originale che fa sintesi tra diverse esperienze e competenze e in particolare della psicologia, del diritto e della bioetica.
Voi siete marito e moglie. Quanto influisce sul lavoro la vostra personale esperienza di coppia e viceversa?
Diciamo che l’intervento di Oltre il Conflitto è innanzitutto di tipo professionale ma certamente il fatto di essere marito e moglie ci è servito e ci serve molto, tant’è che l’idea è nata dal confronto delle nostre esperienze quotidiane e vive anche dello scambio e dell’esperienza in coppia.
Perché aiutare una coppia in crisi? Non è meglio separarsi quando non si va più d’accordo?
Siamo convinti che la fine di un matrimonio non sia mai un evento positivo: è una sconfitta, sia a livello personale sia sociale. Nel nostro piccolo, cerchiamo di offrire un servizio alle coppie e, indirettamente, anche di fare il bene della società. Dopo gli ultimi interventi legislativi, che hanno introdotto il cosiddetto “divorzio breve” e hanno di fatto “privatizzato” la procedura di separazione e divorzio, mettere fine a un matrimonio è diventato così facile e veloce da non lasciare spesso il tempo e gli spazi per una riflessione adeguata. Oggi più che mai è allora necessario intervenire, spiegare ai coniugi in crisi che prendersi del tempo può essere utile, che in molti casi la situazione non è irrisolvibile. Da questo punto di vista, la presenza di professionisti con competenze diverse è rassicurante. Ci sono coppie in cui l’uno cerca di trovare una soluzione per restare insieme mentre l’altro vuole semplicemente rivolgersi a un legale per mettere fine al rapporto. La presenza di un avvocato e di uno psicologo, da questo punto di vista, garantisce quindi le esigenze di entrambi.
Papa Francesco ha suggerito tre parole da usare sempre in famiglia: “Grazie, scusa, permesso”: quanto contano in un rapporto di coppia, dove piuttosto la confidenza porta a trascurare, spesso, quelle che sembrano solo formalità?
Queste tre parole sono fondamentali nei rapporti umani in generale e quindi a maggior ragione nelle relazioni intime. Considerarle una formalità è un grosso errore, non si tratta di galateo! La parola “grazie” sottende il riconoscimento dell’altro e la gratitudine per ciò che fa per noi. Chiedere “scusa” è fondamentale nelle relazioni familiari, dove con le parole e con i comportamenti ci si ferisce maggiormente, a causa dell’intimità, che porta a essere più istintivi e meno cauti. Riconoscere di avere sbagliato – dal momento che siamo umani – e dirlo all’altro, ammorbidisce gli animi. Anche chiedere “permesso” ha un senso nelle relazioni intime, in quanto sottende il vedere l’altro e i suoi bisogni e il metterli prima dei nostri. Sapersi parlare, in famiglia, con questi termini, favorisce l’intimità e la fiducia reciproca.
Se durante il fidanzamento emerge qualcosa che fa presagire il fallimento del futuro matrimonio cosa è meglio fare? Scoraggiare gli innamorati? O c’è un modo per sanare qualsiasi conflitto?
Il fidanzamento è il periodo della conoscenza e della costruzione del rapporto. Sarebbe sbagliato valutare, a priori, se andrà bene o male. Quello che, invece, è necessario fare, è vivere questo periodo con responsabilità, cercando di superare le difficoltà e gettando le basi per un matrimonio che possa funzionare. Certo, questo periodo deve anche essere utile a comprendere la compatibilità e quindi se ci si rende conto dell’impossibilità di stare insieme, per quanto possa essere in alcuni casi doloroso, è meglio interrompere il rapporto.
L’ultima domanda: è possibile salvare il proprio matrimonio da soli? O è necessaria la volontà di entrambi per superare il conflitto?
Da soli si può perdonare, si può sopportare o tollerare, si può anche continuare a portare avanti un matrimonio, si può certamente fare qualcosa per cominciare a renderlo migliore, ma, per fare davvero la pace, bisogna essere almeno in due. In alcuni casi non basta e allora è necessario che qualcuno ci aiuti: per questo è nato Oltre il Conflitto
.
***
Per info: http://www.oltreilconflitto.org/