“Francesco e il Papa”: Benedetto XVI visto dai bambini

Intervista a mons. Giuseppe Liberto, ex direttore del “coro del Papa”

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ROMA, martedì, 3 maggio 2011 (ZENIT.org).- Dopo un primo momento di disappunto davanti alla proposta di girare un film con i ragazzi cantori del Coro della Cappella Musicale Pontificia Sistina, l’allora direttore, mons. Giuseppe Liberto, 68 anni, originario della Sicilia, decise alla fine di accettare. 

Parliamo del film “Francesco e il Papa” (Francesco und der Papst), appena uscito in sessanta sale cinematografiche in Germania e Svizzera. Firmata dal regista argentino Ciro Cappellari e prodotta dalla Constantin Film, partner tedesca in numerosi progetti dell’italiana Medusa, la pellicola racconta il Vaticano e Benedetto XVI attraverso la storia di un bimbo, Francesco, che voleva cantare per il Papa. 

Il bambino protagonista del film è infatti un solista di nome Francesco, che fino all’anno scorso è stato nel coro del Papa e che oggi frequenta l’ultimo anno – la terza media – della Schola Puerorum. Altre scene, invece, come quella con il campo di calcio con sullo sfondo il Cupolone, sono state girate con un altro bimbo.

Di seguito vi proponiamo un’intervista concessa a ZENIT da mons. Liberto.

Cosa ha pensato quando sono venuti a dirle che volevano girare un film con il permesso della Segreteria di Stato del Vaticano?

Mons. Liberto: Quando sono venuti a presentarmi questo progetto ho avuto un grande spavento, perché non siamo attori quindi non facciamo sceneggiate filmate. Ho pensato: possiamo prestare la voce, ma trovatevi degli attori. Poi mi hanno rassicurato. Avevano l’appoggio della Segretaria di Stato e mi hanno detto: “Noi facciamo le nostre riprese e voi proseguite la vostra vita quotidiana”. E così è stato. Quindi hanno ripreso la vita della Cappella, dalle prove, al mangiare alle celebrazioni, al concerto ecc. per circa un anno e mezzo.

Come ha trovato il progetto poi divenuto un film?

Mons. Liberto: Mi è sembrata una bella testimonianza di quel che era la Cappella, nella sua vita quotidiana, semplice ed elevata. Certo, la mia responsabilità era limitata all’aspetto musicale. Non è che giravo con loro per le riprese. 

E per i ragazzi cosa significa essere stati parte del Coro della Cappella Sistina?

Mons. Liberto: Intanto hanno fatto una esperienza musicale di notevole valore, sono diventati per così dire dei piccoli professionisti. Le due grandi esperienze – per quanto riguarda almeno il mio operato – erano: la partecipazione alle celebrazioni papali che sono una esperienza unica, e poi i concerti. Noi abbiamo tenuto circa novanta concerti in diverse parti del mondo. 

Al di là del film, alla luce della sua esperienza di quasi 14 anni a capo del Coro, pensa che la musica sia un elemento di evangelizzazione?

Mons. Liberto: Eccome! La musica può e deve essere uno degli elementi più preziosi per poter evangelizzare. Perché la musica parla ai cuori ed ha la capacità di esprimere una gamma di aspetti che vanno dall’angelico fino al satanico. Bisogna sapere e capire a quale tipo di musica appartengono queste due realtà.

Lei ha avuto qualche riscontro in questo senso?

Mons. Liberto: L’esperienza semplicissima la si può avere a contatto con la gente, che tante ma tante volte dopo un concerto o una celebrazione esclama: “Ci avete portato in paradiso”. Questo è accaduto in luoghi e momenti diversi e con persone che a volte non sanno di musica ma che la comprendono, in tanti casi molto di più di coloro che la conoscono. 

La musica è un linguaggio particolare?

Mons. Liberto: Bisogna distinguere nella musica sacra, in genere, quella religiosa da quella della liturgia. La liturgia si lega ai riti, all’anno liturgico e alle diverse culture. Una musica al di là delle parole ha il suono puro che può dire moltissimo, a volte più delle altre arti. Perché il suono e la luce sono i due elementi fondamentali della bellezza. 

Quindi, si può arrivare alla gente attraverso la musica?

Mons. Liberto: Certo che sì! Ricordo i concerti che facevamo con la Cappella, oppure la musica strumentale, per organo, per orchestra. Deve essere, anzi è uno degli elementi più pregevoli per poter evangelizzare. I grandi oratori, le grandi cantate: la musica entra dentro al popolo che l’ascolta. 

E nella sua direzione del Coro della Cappella ha introdotto dei cambiamenti?

Mons. Liberto: Ho rimesso la quarta elementare perché oggi la muta della voce si è anticipata un po’ verso la metà della seconda media. E abbiamo bisogno di questi 35 cantori. I ragazzi che fanno parte del Coro della Cappella Sistina frequentano una loro scuola, che permette di seguire le cerimonie liturgiche con il Santo Padre e le tournée senza perdere lezioni. Alla Schola Puerorum i bimbi entrano alla quarta elementare e finiscono alla terza media con una pratica di circa due ore e mezzo al giorno tra musica e canto, oltre allo studio delle diverse materie come in qualsiasi altra scuola.

Qualche orientamento in particolare?

Mons. Liberto: Ho voluto dare due orientamenti: nella messa si canta per il Papa, ma innanzitutto si canta per Cristo, questo è l’orientamento fondamentale. Poi c’è l’elemento dell’evangelizzazione, vale a dire tutto quello che non si può cantare. Si iniziava con la festività Natalizia e si concludeva con l’Avvento.

In questi giorni lei sta presentando il libro “Parola fatta canto”.

Mons. Liberto: Sì. È la seconda edizione del libro ‘Parola fatta canto’ edito dalla Libreria Editrice Vaticana con altri due capitoli in più. In uno di questi: “vetera et nova” do questa esperienza che ho fatto nella Cappella.

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ZENIT Staff

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