I momenti di difficoltà e crisi come quello di una pandemia sono tempi di verifica, come il fuoco che brucia la paglia e purifica l’oro. Questo vale per strutture, idee, progetti di vita e quant’altro, comprese alcune espressioni spesso ripetute. Tra queste vi è la famosa frase di Dostoevskij secondo cui la bellezza salverà il mondo. Anche la teologia ha intrapreso al via della bellezza. Ma è proprio così oppure sono frasi d’evasione?
Certamente dal coronavirus salverà il vaccino e nel frattempo che si scopre le cure sanitarie fatte da persone competenti così come l’osservanza delle norme igenico sanitarie date dagli scienziati. L’estetismo è messo fuori gioco così come tutte le teorie d’evasione.
Eppure la bellezza che salva il mondo di cui parla lo scrittore russo è quella della misericordia, come avvenne per Francesco d’Assisi (cfr. Francesco il misericordioso. La sfida della fraternità, Milano 2019). In questa prospettiva sì, dal coronavirus ci si salverà solo se sarà tale bellezza a spingere i ricercatori a trovare con competenza il vaccino giusto, le aziende farmaceutiche a commercializzarlo nel momento che sarà scoperto in modo che sia accessibile a tutti, gli operatori sanitari a agire con professionalità, tutti a osservare le norme sanitarie per amore di se e degli altri, i governanti a gestire con oculatezza il dopo e così via.
Quindi nessuna presunzione che sarà la bellezza della misericordia a salvare dalla pandemia, ma anche piena consapevolezza che senza questo umile amore ogni sforzo sarà vano.