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Vatileaks 2. I gendarmi accusano Chaouqui. E Chaouqui accusa Becciu

Ascoltati i gendarmi Gianluca Gauzzi e Stefano De Santis: nessun nuovo materiale fornito ma dettagli utili alle indagini. Come l’arresto della pr dopo la sua confessione di aver passato documenti sul VAM

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Sembrava finita invece è arrivato un gendarme a rimescolare le carte del processo Vatileaks 2 per fuga di documenti riservati della Santa Sede. Il vice commissario Gianluca Gauzzi Broccoletti, chiamato dal Pm a testimoniare per aver svolto l’analisi forense dei materiali informatici sequestrati durante le indagini, ieri pomeriggio è stato ascoltato per la seconda volta dal Tribunale vaticano.

Tra scambi di mail e messaggi Whatsapp, articoli inviati in anticipo rispetto alla effettiva pubblicazione e documenti privati finiti in libri best seller, il gendarme rivelava nella scorsa udienza nuovi e inediti dettagli sui rapporti tra i cinque imputati. La Corte ha voluto quindi riconvocarlo e valutare le prove, la cui presentazione – ha contestato l’avvocato Laura Sgrò – “è stata fatta in grave pregiudizio degli imputati” dal momento che sarebbero state prodotte solo alcune email, scelte tra “un mare magnum” di documenti inviate a “molteplici” destinatari.

Nell’udienza di ieri, Gauzzi non ha fornito alcuna documentazione ma solo alcuni particolari utili alle indagini. Come il fatto che la pr Francesca Immacolata Chaouqui fosse stata arrestata in Vaticano quel fatidico 31 ottobre dopo aver lei stessa dichiarato, nell’interrogatorio della Gendarmeria, di aver passato al giornalista Gianluigi Nuzzi un documento sul VAM, ovvero il progetto di un Vatican Asset Management che centralizzasse gli investimenti dello Stato pontificio.

Era questo un documento “strasegreto”, ha sottolineato l’altro gendarme ascoltato nell’udienza, Stefano De Santis, il quale ha spiegato che quello del VAM era un progetto riservato nonché “il frutto più importante” della Cosea, la commissione istruttoria che doveva coadiuvare il Papa ad attuare la riforma economica della Santa Sede.

All’interno dell’organismo, in mezzo alle sotto-commisioni tecniche, agiva “una sottocommissione segreta” che doveva operare “la riforma della riforma”. Era la stessa Chaouqui a confermarlo: “Ci stupiva il fatto che lei stessa ne parlasse” ha detto infatti De Santis ai giudici, spiegando che ne facevano parte, oltre a lei, anche mons. Lucio Vallejo Balda, principale imputato del processo, e il suo collaboratore Nicola Maio.

Le deposizioni dei due gendarmi hanno fatto insorgere la donna – ormai vicinissima al parto – che, prendendo la parola, ha dichiarato di essere stata e di essere tuttora “vittima di una macchinazione”. “Ci sono organi del Vaticano che spingono e vogliono che il processo si concluda con la mia condanna” ha affermato, puntando il dito in particolare contro il sostituto alla Segreteria di Stato, mons. Angelo Becciu. Il presidente Dalla Torre l’ha pertanto invitata a tacere, perché “queste sue dichiarazioni potrebbero rappresentare un’offesa al Collegio”.

Ma se in aula ha fatto silenzio, dal suo profilo Facebook Francesca Immacolata ha rincarato la dose attaccando nuovamente l’arcivescovo: ovvero “colui che piccato dalla mia nomina avvenuta senza che lui, in qualità di sostituto della Segreteria di Stato fosse stato avvisato, dal primo momento ha gestito una guerra contro di me partendo dalla diffusione di un dossier falso pervenuto al suo ufficio e dato alla stampa 10 giorni dopo la mia nomina e finendo con l’impegnarsi personalmente davanti al Pontefice per convincerlo che tali e tante erano le prove a mio carico che per forza era necessario arrestarmi”.

“È la persona che sta fondando la sua credibilità sulla mia condanna” ha scritto Chaouqui, chiudendo il post con il consueto hashtag #avantiilprossimo. Anche su questi è stata chiesta in aula qualche delucidazione, e la donna ha spiegato di “non poter non gioire vedendo un giornalista che aveva svelato il sistema utilizzato in questo Stato per distruggere le persone”. “Chi fa dossieraggio poi ne diventa vittima” ha aggiunto.

Poi ha smentito nettamente il passaggio del verbale, compilato all’arresto, in cui parlava del documento sul VAM trasmesso a Nuzzi. “Durante l’interrogatorio con la Gendarmeria mi era stato chiesto solo se avessi passato documenti, senza specificazioni. Ho detto di sì pensando all’invito a Nuzzi per il ricevimento”, cioè la famosa festa in terrazza per la canonizzazione dei due Papi.

I gendarmi hanno però replicato che la lobbista aveva invece un atteggiamento “puntiglioso” durante la compilazione del verbale, e che lo aveva lei stessa approvato dopo averlo seguito e rivisto “con grande attenzione”. Gauzzi e De Santis hanno inoltre avanzato la teoria che lo scopo di Francesca Immacolata, così come di mons. Vallejo, fosse di “ricollocarsi in un ente vaticano”. Probabilmente lei aspirava al Vatican Media Center, quella che oggi ha preso la forma della Segreteria per la comunicazione, di cui – si dice – sia stata la fautrice durante la breve vita della Cosea. In un messaggio al prelato, inviato il giorno della creazione della Segreteria per l’economia, scriveva invece: “Pell presidente, tu di fatto il capo… Io non faccio nulla, organizzo eventi con molta dignità”.

Ricordando ancora la notte dell’arresto, i gendarmi hanno poi smentito ogni tipo di maltrattamento denunciato dalla donna. Anzi, hanno raccontato: “Lei ha subito detto di essere incinta, quindi l’abbiamo accompagnata dai Padri salesiani al Belvedere insieme al marito”. “L’ho accompagnata io stesso – ha detto De Santis –  nella camera da letto con bagno. Ha avuto l’opportunità di dormire insieme al marito. E c’era un gendarme fuori la porta”.

Tempo un minuto e Francesca aveva già chiamato un medico dicendo di star male. Accompagnata al vicino ospedale del Santo Spirito in ambulanza, la donna è rimasta ricoverata per un’ora. Poi è stata dimessa con tanto di rimbrotti del medico di turno che ha “maltrattato” i gendarmi dicendo che stavano facendo “spendere soldi al sistema sanitario pubblico, visto che questa persona può tornare a casa a piedi”. Il giorno dopo l’imputata ha pranzato con la mamma e la nonna giunte dalla Calabria per la Festa di tutti i Santi; poi nel pomeriggio un altro malore.

Un cenno, durante l’interrogatorio, anche alle microspie: c’erano o no in Prefettura? “La Gendarmeria non ha mai ricevuto segnalazioni” ha spiegato Gauzzi, “anzi la Gendarmeria veniva estromessa da tutto ciò che riguardasse la Cosea. Tanto che il server era tenuto presso la Guardia Svizzera”. Per il sistema informatico della Commissione – quello brevettato dal marito di Chaouqui, Corrado Lanino, e costato 115mila euro (la scorsa volta erano 110mila) – nessuno l’aveva mai utilizzato perché troppo complesso, tantomeno qualcuno del personale tecnico era mai stato informato; veniva usata piuttosto la società CPU di Andrea Bottiglieri di cui Lanino era consulente. 

De Santis ha poi percorso a ritroso le indagini sottolineando che “questo processo non è nato né il 31 ottobre né il 1° novembre ma molto prima grazie all’acume investigativo del comandante Giandomenico Giani che, osservando la pubblicazione di articoli con notizie sulla Santa Sede, ha deciso di seguire piste investigative che poi hanno portato al processo”. 

Inoltre, il 28 settembre, Giani aveva appreso da una telefonata di un tentativo di manomissione del pc del Revisore generale Liberio Milone: l’hard disk risultava essere stato svitato e sembrava che fosse stata fatta una copia. Vennero pertanto controllati tutti i computer della Prefettura degli Affari Economici, per primo quello di Balda. Il risultato che balzò subito agli occhi fu la fitta corrispondenza tra il monsignore e il giornalista Nuzzi. “Ci ha aperto un mondo” hanno detto i due gendarmi, anche perché ben prima che i libri fossero pubblicati “si sapeva già che gli indagati avessero consegnato documenti riservati della Santa Sede ai giornalisti”.

Intervenuto nell’udienza, Emiliano Fittipaldi, autore di Avarizia, ha contestato le dichiarazioni di Gauzzi sul fatto che Chaouqui avrebbe inviato a Vallejo ed altri delle mail contenenti in allegato articoli non pubblicati sull’Espresso. “Non risponde al vero – ha detto il giornalista – che Francesca Immacolata Chaouqui ricevesse i pdf di miei articoli una settimana prima dell’uscita in edicola. Non ho mai anticipato nulla a nessuno men che meno alla Chaouqui. Gli articoli cartacei in pdf dell’Espresso vengono inviati a un nutrito numero di soggetti già giovedì tra cui alcuni servizi di rassegna stampa a cui immagino abbia attinto la dott.ssa Chaouqui”.

La prossima udienza è fissata per il 14 giugno, alle 15.30. Si procederà all’audizione dei due periti e verranno ascoltate le nuove dichiarazioni di Nuzzi richieste dal suo avvocato; poi si passerà alle requisitorie finali e, si spera per la fine del mese, al verdetto finale.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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