La tappa a Cuba, passaggio "emblematico" in una terra "ricca di bellezza naturale, di cultura e di fede". Poi le visite a Washington e New York negli Stati Uniti, il paese "che nel secolo scorso ha raggiunto il massimo sviluppo economico e tecnologico senza rinnegare le sue radici religiose". Infine l’Incontro mondiale delle Famiglie a Philadelphia, "dove l’orizzonte si è allargato a tutto il mondo attraverso il 'prisma' della famiglia".
 
Come sempre al termine di ogni viaggio, Francesco condivide il suo diario di bordo con pellegrini e fedeli riuniti in piazza San Pietro per l'Udienza generale del mercoledì. Con loro il Pontefice sfoglia una ad una le pagine di questo decimo pellegrinaggio internazionale, ripercorrendone i momenti salienti, ognuno legato ad un'emozione o a un ricordo. 
 
Anzitutto Bergoglio rinnova la sua gratitudine ai presidenti Castro e Obama e al segretario generale delle Nazioni Unite Ban ki-Moon per l’accoglienza ricevuta, come pure a tutti i vescovi e ai collaboratori "per il grande lavoro compiuto e per l’amore alla Chiesa che lo ha animato". Torna poi a Cuba, dove - dice - mi sono presentato come “Misionero de la Misericordia”, perché "la misericordia di Dio è più grande di ogni ferita, di ogni conflitto, di ogni ideologia". Con questo sguardo "ho potuto abbracciare tutto il popolo cubano, in patria e fuori, al di là di ogni divisione".
 
Simbolo di questa unità profonda dell’alma cubana è la Vergine della Carità del Cobre, proclamata un secolo fa Patrona dell'isola. "Mi sono recato pellegrino al Santuario di questa Madre di speranza, Madre che guida nel cammino di giustizia, pace, libertà e riconciliazione", racconta il Pontefice. E spiega di aver potuto condividere col popolo cubano "la speranza del compiersi della profezia di san Giovanni Paolo II: che Cuba si apra al mondo e il mondo si apra a Cuba".
 
"Non più povertà, ma libertà nella dignità": questa - dice Papa Francesco - "è la strada che fa vibrare il cuore di tanti giovani cubani". Una strada non "di evasione, di facili guadagni", ma un cammino di "responsabilità", "servizio al prossimo", "cura della fragilità", che trae forza "dalle radici cristiane di quel popolo, che ha tanto sofferto". "Lo Spirito Santo, con l’intercessione di Maria Santissima, faccia crescere i semi che abbiamo gettato", è l'auspicio del Papa.
 
Da Cuba si è giunti poi negli Stati Uniti d’America: "Un passaggio emblematico", osserva il Santo Padre, che traccia "un ponte che grazie a Dio si sta ricostruendo". Perché Dio, rimarca Papa Bergoglio, "sempre vuole costruire ponti; siamo noi che costruiamo muri! Il muri crollano, sempre!". Negli Usa, il Vescovo di Roma ha svolto tre tappe: Washington, New York e Philadelphia.
 
A Washington, incontrando le autorità politiche come la gente comune, i vescovi e i consacrati come i poveri e gli emarginati, "ho ricordato che la più grande ricchezza di quel Paese e della sua gente sta nel patrimonio spirituale ed etico", spiega Francesco. "Così - prosegue - ho voluto incoraggiare a portare avanti la costruzione sociale nella fedeltà al suo principio fondamentale, che cioè tutti gli uomini sono creati da Dio uguali e dotati di inalienabili diritti, quali la vita, la libertà e il perseguimento della felicità". Valori, questi, "condivisibili da tutti", che "trovano nel Vangelo il loro pieno compimento".
 
Nelle parole del Papa ritorna la testimonianza di fede di padre Junípero Serra, francescano, "grande evangelizzatore della California", canonizzato il 23 settembre nel Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione a Washington. Il nuovo Santo - commenta il Pontefice - "mostra la strada della gioia: andare e condividere con gli altri l’amore di Cristo. Questa è la via del cristiano, ma anche di ogni uomo che ha conosciuto l’amore: non tenerlo per sé ma condividerlo con gli altri. Su questa base religiosa e morale sono nati e cresciuti gli Stati Uniti d’America, e su questa base essi possono continuare ad essere terra di libertà e di accoglienza e cooperare ad un mondo più giusto e fraterno".
 
I ricordi si spostano dunque New York, tappa focalizzata soprattutto sulla visita alla sede centrale dell’Onu, dove "parlando ai Rappresentanti delle Nazioni, nella scia dei miei Predecessori, ho rinnovato l’incoraggiamento della Chiesa Cattolica a quella Istituzione e al suo ruolo nella promozione delle sviluppo e della pace, richiamando in particolare la necessità dell’impegno concorde e fattivo per la cura del creato", dice il Papa. Anche, soggiunge, "ho ribadito l’appello a fermare e prevenire le violenze contro le minoranze etniche e religiose e contro le popolazioni civili". 
 
Una preghiera di pace e di fraternità che è tornata preminente nell'appuntamento interreligioso al Memorial di Ground Zero, insieme con i rappresentanti delle religioni, i parenti di tanti caduti e il popolo di New York, "così ricco di varietà culturali". Per la pace e la giustizia il Papa ha inoltre celebrato l’Eucaristia nel Madison Square Garden. Da non dimenticare, poi, che sia a Washington che a New York Francesco ha potuto incontrare "alcune realtà caritative ed educative, emblematiche dell’enorme servizio che le comunità cattoliche – sacerdoti, religiose, religiosi, laici – offrono in questi campi".
 
Culmine del pellegrinaggio negli Stati Uniti - e dell'intero viaggio - è stato tuttavia l’Incontro delle Famiglie a Philadelphia. Perché "la famiglia - afferma Papa Francesco -, cioè l’alleanza feconda tra l’uomo e la donna, è la risposta alla grande sfida del nostro mondo, che è una sfida duplice: la frammentazione e la massificazione, due estremi che convivono e si sostengono a vicenda, e insieme sostengono il modello economico consumistico". Essa "è la cellula di una società che equilibra la dimensione personale e quella comunitaria" e, al contempo, è "il modello di una gestione sostenibile dei beni e delle risorse del creato".
 
La famiglia - ribadisce il Santo Padre - è "il soggetto protagonista di un’ecologia integrale", perché "è il soggetto sociale primario, che contiene al proprio interno i due principi-base della civiltà umana sulla terra: il principio di comunione e il principio di fecondità". Così lo presenta l’umanesimo biblico mostrando la doppia "icona" della "coppia umana, unita e feconda, posta da Dio nel giardino del mondo, per coltivarlo e custodirlo".
 
Le ultime parole del Papa nella sua catechesi sono un "fraterno e caloroso" ringraziamento a mons. Charles Chaput, arcivescovo di Philadelphia, "per il suo impegno, la sua pietà, il suo entusiasmo e il suo grande amore alla famiglia nell’organizzazione di questo evento". "A ben vedere - conclude - non è un caso ma è provvidenziale che il messaggio, anzi, la testimonianza dell’Incontro Mondiale delle Famiglie sia venuta in questo momento dagli Stati Uniti d’America, cioè dal Paese che nel secolo scorso ha raggiunto il massimo sviluppo economico e tecnologico senza rinnegare le sue radici religiose. Ora queste stesse radici chiedono di ripartire dalla famiglia per ripensare e cambiare il modello di sviluppo, per il bene dell’intera famiglia umana".