“La fede cresce quando è vissuta e plasmata dall’amore”

Omelia di papa Francesco nella Messa conclusiva dell’VIII Incontro Mondiale delle Famiglie

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Riportiamo di seguito la traduzione italiana dell’omelia di papa Francesco nella Messa conclusiva dell’VIII Incontro Mondiale delle Famiglie, celebrata domenica 27 settembre nel Benjamin Franklin Parkway a Philadelphia.

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Oggi la Parola di Dio ci sorprende con un linguaggio allegorico forte, che ci fa pensare. immagini potenti, che interrogano le nostre riflessioni. Un linguaggio allegorico che ci interpella, ma che anima il nostro entusiasmo.

Nella prima Lettura, Giosuè dice a Mosè che due membri del popolo stanno profetizzando, e annunciano la parola di Dio senza alcun mandato. Nel Vangelo, Giovanni dice a Gesù che i discepoli hanno impedito a uno di scacciare gli spiriti maligni nel nome di Gesù. E qui viene la sorpresa: Mosè e Gesù rimproverano questi collaboratori per essere così chiusi di mente. Fossero tutti profeti della parola di Dio! Fosse capace ciascuno di fare miracoli nel nome del Signore!

Gesù, invece, trova ostilità nella gente che non aveva accettato ciò che faceva e diceva. Per loro, l’apertura di Gesù alla fede onesta e sincera di molte persone che non facevano parte del popolo eletto da Dio sembrava intollerabile. I discepoli, da parte loro, agivano in buona fede; ma la tentazione di essere scandalizzati dalla libertà di Dio, il Quale fa piovere sui giusti come sugli ingiusti (cfr Mt 5,45), oltrepassando la burocrazia, l’ufficialità e i circoli ristretti, minaccia l’autenticità della fede e, perciò, dev’essere respinta con forza.

Quando ci rendiamo conto di questo, possiamo capire perché le parole di Gesù sullo scandalo sono così dure. Per Gesù, lo scandalo intollerabile è tutto ciò che distrugge e corrompe la nostra fiducia nel modo di agire dello Spirito.

Dio nostro Padre non si lascia vincere in generosità e semina. Semina la sua presenza nel nostro mondo, poiché «in questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Lui che ha amato noi» per primo (1 Gv 4,10). Amore che ci dà la certezza profonda: siamo cercati da Lui, siamo aspettati da Lui. E’ questa fiducia che porta il discepolo a stimolare, accompagnare e far crescere tutte le buone iniziative che esistono attorno a lui. Dio vuole che tutti i suoi figli prendano parte alla festa del Vangelo. Non ostacolate ciò che è buono – dice Gesù –, al contrario, aiutatelo a crescere. Mettere in dubbio l’opera dello Spirito, dare l’impressione che essa non ha nulla a che fare con quelli che non sono “del nostro gruppo”, che non sono “come noi”, è una tentazione pericolosa. Non solo blocca la conversione alla fede, ma costituisce una perversione della fede.

La fede apre la “finestra” alla presenza operante dello Spirito e ci dimostra che, come la felicità, la santità è sempre legata ai piccoli gesti. «Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome – dice Gesù, piccolo gesto – non perderà la sua ricompensa» (Mc 9,41). Sono gesti minimi, che uno impara a casa; gesti di famiglia che si perdono nell’anonimato della quotidianità, ma che rendono ogni giorno diverso dall’altro. Sono gesti di madre, di nonna, di padre, di nonno, di figlio, di fratello. Sono gesti di tenerezza, di affetto, di compassione. Gesti come il piatto caldo di chi aspetta a cenare, come la prima colazione presto di chi sa accompagnare nell’alzarsi all’alba. Sono gesti familiari. E’ la benedizione prima di dormire e l’abbraccio al ritorno da una lunga giornata di lavoro. L’amore si esprime in piccole cose, nell’attenzione ai dettagli di ogni giorno che fanno sì che la vita abbia sempre sapore di casa. La fede cresce quando è vissuta e plasmata dall’amore. Perciò le nostre famiglie, le nostre case sono autentiche Chiese domestiche: sono il luogo adatto in cui la fede diventa vita e la vita cresce nella fede.

Gesù ci invita a non ostacolare questi piccoli gesti miracolosi, anzi, vuole che li provochiamo, che li facciamo crescere, che accompagniamo la vita così come ci si presenta, aiutando a suscitare tutti i piccoli gesti di amore, segni della sua presenza viva e operante nel nostro mondo.

Questo atteggiamento a cui siamo invitati ci porta a domandarci, oggi, qui, al termine di questa festa: come stiamo lavorando per vivere questa logica nelle nostre famiglie e nelle nostre società?, che tipo di mondo vogliamo lasciare ai nostri figli (cfr Laudato si’, 160)? Non possiamo rispondere noi da soli a queste domande. E’ lo Spirito che ci chiama e ci sfida a rispondere ad esse con la grande famiglia umana. La nostra casa comune non può più tollerare divisioni sterili. «La sfida urgente di proteggere la nostra casa […] comprende lo sforzo di unire l’intera famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare» (ibid., 13). Che i nostri figli trovino in noi dei punti di riferimento per la comunione, non per la divisione. Che i nostri figli trovino in noi persone capaci di associarsi ad altri per far fiorire tutto il bene che il Padre ha seminato.

In modo diretto, ma con affetto, Gesù ci dice: «Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!» (Lc 11,13). Quanta saggezza c’è in queste parole! In effetti, quanto a bontà e purezza di cuore, noi esseri umani non abbiamo molto di cui vantarci! Ma Gesù sa che, per quanto riguarda i bambini, siamo capaci di una generosità senza limiti. Per questo ci incoraggia: se abbiamo fede, il Padre ci darà il suo Spirito.

Noi cristiani, discepoli del Signore, chiediamo alle famiglie del mondo che ci aiutino. Siamo tanti oggi a partecipare a questa celebrazione, e questo è già in sé stesso qualcosa di profetico, una specie di miracolo nel mondo di oggi, che è stanco di inventare nuove divisioni, nuove rotture, nuovi disastri. Magari fossimo tutti profeti! Magari ciascuno di noi si aprisse ai miracoli dell’amore per il bene della propria famiglia e di tutte le famiglie del mondo – e sto parlando di miracoli d’amore –, e per poter così superare lo scandalo di un amore meschino e sfiduciato, chiuso in sé stesso, senza pazienza con gli altri! Vi lascio come domanda, perché ciascuno risponda – perché ho detto la parola “impaziente”: a casa mia, si grida o si parla con amore e tenerezza? E’ un buon modo di misurare il nostro amore.

Come sarebbe bello se dappertutto, anche al di là dei nostri confini, potessimo incoraggiare e apprezzare questa profezia e questo miracolo! Rinnoviamo la nostra fede nella parola del Signore che invita le nostre famiglie a questa apertura; che invita tutti a partecipare alla profezia dell’alleanza tra un uomo e una donna, che genera vita e rivela Dio. Che ci aiuti a partecipare alla profezia della pace, della tenerezza e dell’affetto familiare. Che ci aiuti a partecipare al gesto profetico di prenderci cura con tenerezza, con pazienza e con amore dei nostri bambini e dei nostri nonni.

Ogni persona che desideri formare in questo mondo una famiglia che insegni ai figli a gioire per ogni azione che si proponga di vincere il male – una famiglia che mostri che lo Spirito è vivo e operante –, troverà la gratitudine e la stima, a qualunque popolo, religione o regione appartenga.

Dio conceda a tutti noi di essere profeti della gioia del Vangelo, del Vangelo della famiglia, dell’amore della famiglia, essere profeti come discepoli del Signore, e ci conceda la grazia di essere degni di questa purezza di cuore che non si scandalizza del Vangelo. Così
sia.

© Copyright – Libreria Editrice Vaticana

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ZENIT Staff

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