"Sì a una legge sul fine vita, ma senza ideologie"

Lo afferma padre Laurent Mazas, direttore esecutivo del Cortile dei Gentili, sottolineando l’importanza di garantire l’obiezione di coscienza

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Appropriatezza della cura, la sua proporzionalità e il consenso del paziente. Intorno a questi principi si snoda il documento Linee propositive sulla relazione di cura, elaborato dal Comitato scientifico del Cortile dei Gentili – Fondazione che cura il dialogo tra credenti e non credenti – e presentato ieri sera a Palazzo Giustiniani, in Senato, nell’ambito del convegno I doveri della medicina, i diritti del paziente. Presenti come relatori, tra gli altri, il card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, e il senatore Luigi Manconi, promotore di un intergruppo parlamentare che preme affinché si arrivi a una legge sul fine vita. ZENIT ne ha parlato con padre Laurent Mazas, direttore esecutivo del Cortile dei Gentili.

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Padre Mazas, in un momento storico in cui in Italia si torna a parlare di un testo di legge sul fine vita, qual è la posizione contenuta nel Vostro Rapporto rispetto al “diritto di morire”?

Non è un testo sull’eutanasia, ma sulla relazione di cura. Cioè, detto in modo un po’ dialettico, riguarda i doveri del medico e i diritti dei pazienti. Non si parla di “diritto di morire” come neanche si parla di diritto a prolungare a tutti i costi la vita! Altre espressioni non vengono usate nel nostro documento: testamento biologico (si parla di fiduciario), accanimento terapeutico (si parla di sproporzionalità delle cure), ecc.

Si può dire che il Vostro Rapporto ricalchi il paragrafo 2278 del Catechismo della Chiesa cattolica, che ritiene legittima la rinuncia all’accanimento terapeutico?

San Tommaso d’Aquino affermava: “Ars cooperans natura”. Fino a quando il medico accompagna l’“opera” della natura, deve agire; quando l’ars (l’operato del medico) prende il posto della natura, cioè quando il principio della vita non è più nella persona ma nella macchina, non è più legittimo.

Si pone inoltre l’accento sull’importanza di tutele nei confronti dell’obiezione di coscienza del medico…

A tal proposito cito testualmente dal documento (5.3): “È possibile l’obiezione di coscienza del medico, quando l’interruzione delle cure, in particolare in ragione di una eventuale condizione di dipendenza, esiga l’intervento del medico stesso. In questo caso il medico può sottrarsi agli atti conseguenti al rifiuto se contrari alle sue convinzioni, nel rispetto del dovere deontologico di assicurare la continuità delle cure e delle procedure di sostituzione a tal fine previste.”

Nel corso della conferenza si è parlato anche dell’appello affinché vengano calendarizzate in Parlamento le proposte di legge sul fine vita. Quale la posizione del “Cortile dei Gentili” in merito?

Se abbiamo iniziato questo cammino, mettendo attorno a uno tavolo credenti e non credenti, era perché dei medici c’è l’hanno chiesto. Personalmente, non sono italiano… ma sento dire che l’attuale legislazione non è soddisfacente per loro. Forse, com’è stato detto nel corso della conferenza, la prima cosa da ritenere della nostra proposta è il metodo, il dia-logos: il card. Gianfranco Ravasi l’ha ricordato, nel senso greco della parola dia, non si esprime soltanto una interrelazione, ma si esprime anche un’attitudine all’approfondimento. Un iter legislativo sarà fecondo se si libera delle battaglie ideologiche e delle eccessive semplificazioni.

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Federico Cenci

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