Parolin: "Santa Sede contraria a embargo Usa a Cuba: fa soffrire la popolazione"

Il segretario di Stato illustra al CTV i punti focali del viaggio di Francesco a Cuba e in Usa: dal disgelo tra i due paesi, alla crisi migratoria, fino all’Incontro mondiale delle Famiglie 

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“Con la fine dell’embargo degli Usa, ci sarà più libertà a Cuba”. È questo l’auspicio che il cardinale segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, esprime in un’intervista al Ctv, il Centro televisivo vaticano, alla vigilia del viaggio di Papa Francesco a Cuba e negli Stati Uniti. “C’è da sperare e da augurarsi che una misura di questo genere, cioè una liberalizzazione a livello di vincoli e di legami soprattutto a livello economico, possa portare anche una maggiore apertura dal punto di vista della libertà e dei diritti umani, un fiorire di questi aspetti fondamentali per la vita delle persone e dei popoli”, spiega il porporato. E rimarca che “sul tema dell’embargo, la posizione della Santa Sede è ben nota ed è una posizione contraria”.
 
Al di là di quelle che possono essere le motivazioni – aggiunge Parolin – esiste un dato di fatto: “L’embargo, per il tipo di sanzione, provoca disagi e sofferenze nella popolazione che lo subisce. Per questo motivo, la Santa Sede ha sempre appoggiato le mozioni che chiedono una revoca dell’embargo a Cuba”.  Quindi, dice, “c’è da sperare, come dicono i vescovi, che una misura di questo genere, cioè una liberalizzazione a livello di vincoli e di legami, soprattutto a livello economico, possa portare però anche una maggiore apertura dal punto di vista della libertà e dei diritti umani, un fiorire di questi aspetti fondamentali per la vita delle persone e dei popoli”.

Il segretario di Stato individua poi i punti focali del viaggio del Pontefice del 19-28 settembre: dallo storico disgelo tra Cuba e gli Usa, alla crisi migratoria, dalla canonizzazione di padre Junipero Serra all’Incontro mondiale delle Famiglie di Philadelphia. Su Cuba, in particolare, rileva l’importanza della visita al santuario della Virgen de la Caridad del Cobre, visto che “la devozione mariana è una delle caratteristiche fondamentali della religiosità e della fede cattolica del popolo latino americano”, e poi perché la Virgen “ha sempre accompagnato la storia dei cubani, in tutti i suoi momenti, di gioie e di dolori, di lotte, di sofferenze e di progressi, quindi è un po’ il simbolo della sua storia, della stessa popolazione”. Andando al Santuario, il Papa “incontrerà un po’ il cuore di questa isola e di questo popolo”.

Riguardo al passaggio del Papa dall’isola verso gli Stati Uniti, l’intervistato Alessandro Di Bussolo, fa notare al cardinale che il Papa ha deciso di entrare negli Usa “come un migrante”, per ricordarci che “siamo un Paese di immigrati”. L’America, ricorda Parolin, “ha una lunga storia di immigrazione e, nello stesso tempo, anche una lunga storia di apertura, di accoglienza e di integrazione delle varie ondate di immigrati che sono arrivati”. Quindi uno dei leit motiv dei discorsi del Pontefice sarà proprio la questione migratoria, oggi, peraltro, particolarmente sentita visto quello che sta succedendo in Europa. È “una preoccupazione costante del Papa”, confessa infatti il segretario di Stato: il Santo Padre è intervenuto di continuo “di fronte all’emergenza che ci troviamo a vivere in questi giorni”. Quindi la speranza è che questo incontro tra il Papa, “che porta questo problema nel suo cuore”, e un Paese “che ha conosciuto questo fenomeno nella sua storia, possa offrire anche indicazioni per la soluzione dei problemi che attualmente si presentano da questo punto di vista”.

Nel colloquio, il cardinale passa poi in rassegna le tappe della visita negli Stati Uniti. Anzitutto la celebrazione di Washington, quando il Pontefice canonizzerà fray Junípero Serra, missionario francescano evangelizzatore dell’America, tanto da essere definito “padre fondatore” della California, “santo della cattolicità” e patrono della popolazione ispanica negli Stati Uniti. “La lezione fondamentale che ci dà il padre Junípero Serra”, dice il capo della diplomazia vaticana è prorpio “questo entusiasmo, questo coraggio, questo slancio per portare il Vangelo in quelle terre”. Slancio “che diventa anche oggi un invito a saper integrare all’interno della Chiesa degli Stati Uniti questa componente ispanica, sempre più importante e sempre più rilevante e che ha un notevole contributo da offrire alla Chiesa degli Stati Uniti”.

Sugli incontri nelle sedi del Congresso degli Stati Uniti e poi delle Nazioni Unite, il porporato afferma che saranno occasioni privilegiate per rilanciare l’essenza del messaggio dell’Enciclica Laudato si’, a partire dalla riflessione sulla “ecologia integrale” che prende in considerazione “l’uomo all’interno del creato”. In questo senso, il Papa “non mancherà di ribadire quella che è la natura trascendentale della persona, dalla quale scaturiscono i suoi diritti fondamentali, soprattutto il diritto alla vita e alla libertà religiosa”. E, sicuramente, “inviterà a cambiare i nostri stili di vita per poter essere custodi del creato come lui dice e non invece dominatori o aggressori del creato”. Un discorso, quindi, decisamente più ampio dei “cambiamenti climatici” e delle “preoccupazioni che essi stanno generando per il futuro dell’umanità”.

A proposito dell’Enciclica, il segretario di Stato non manca di replicare a quanti, negli Stati Uniti, considerano il documento papale un attacco frontale al sistema capitalistico. Secondo il cardinale, si tratta invece di un invito collettivo alla riflessione: “È realistico rendersi conto che le cose non stanno andando nel verso giusto”, quindi Francesco cerca di “trovare anche delle vie di soluzione” ricordando che “ognuno può dare il suo contributo”, ma che, di fondo, “c’è bisogno di un cambio”.

Un ultimo spunto è poi l’Incontro a Philadelphia con le famiglie di tutto il mondo, evento che – conferma Parolin – il Papa “ha visto e vede e vive proprio come un ultimo momento in preparazione anche al Sinodo che si svolgerà in ottobre”. Anche lì, infatti, Bergoglio vuole “mettere in luce soprattutto la bellezza della famiglia e il messaggio che il Vangelo offre alle famiglie, l’aiuto che il Vangelo offre alle famiglie”. Quindi, evidenzia il porporato, il centro è “questo aspetto positivo” che però non deve assolutamente far “dimenticare anche le grandi sfide che la famiglia pone al mondo di oggi”. In tal senso, Philadelphia “sarà davvero una preparazione immediata all’assemblea del Sinodo dei vescovi” che darà a tutti i partecipanti e alla Chiesa intera “questo nuovo entusiasmo e questa voglia di proclamare il Vangelo della famiglia e, nello stesso tempo, di aiutare le famiglie che si trovano in qualsiasi genere di difficoltà a vivere questo Vangelo nella sua pienezza che è fonte di gioia, di pace e di felicità per tutti”.
 

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ZENIT Staff

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