È un “oceano di dolore” quello che investe oggi la Siria e l’Iraq, dove le “terribili conseguenze” dei conflitti stanno distruggendo le popolazioni civili, nonché il patrimonio culturale. E la comunità internazionale “non sembra capace di trovare risposte adeguate” a questi drammi, “mentre i trafficanti di armi – armi bagnate nel sangue innocente – continuano a fare i loro interessi”.
Sono parole commosse ma, al contempo, di vigorosa denuncia quelle che il Papa pronuncia davanti ai partecipanti all’Incontro promosso dal Pontificio Consiglio “Cor Unum” sulla crisi umanitaria siriana e irachena. Il vertice, che si terrà oggi pomeriggio nella sede del Dicastero, vede riuniti in particolare gli organismi caritativi cattolici che operano nell’area del Medio Oriente e i vescovi di quella regione.
Nel suo discorso, il Pontefice va dritto al punto e denuncia il “preoccupante stato di urgente necessità” in cui vessano milioni di persone, “costrette a lasciare le proprie terre di origine”. Ci sono poi paesi come Libano, Giordania e Turchia che “portano oggi il peso dei milioni di rifugiati” generosamente accolti. Insomma uno scenario tragico, che va continuamente estendendosi “turbando in maniera inquietante gli equilibri interni e quelli regionali”.
Eppure, la comunità internazionale sembra non agire, affetta forse da quella ‘globalizzazione dell’indifferenza’ che impedisce di trovare risposte adeguate. Eppure oggi, osserva il Papa, “a differenza del passato, le atrocità e le inaudite violazioni dei diritti umani, che caratterizzano questi conflitti, sono diffusi dai media in tempo reale. Pertanto sono sotto gli occhi del mondo intero”.
“Nessuno può fingere di non sapere! Tutti sono consapevoli che questa guerra pesa in maniera sempre più insopportabile sulle spalle della povera gente”. Occorre allora trovare una soluzione, afferma il Pontefice, che però non sia quella violenta, “perché la violenza crea solo nuove ferite”.
Francesco esprime quindi la propria gratitudine a “Cor Unum” e agli altri organismi caritativi per l’assistenza e il conforto che portano alle vittime della crisi in Siria, Iraq e nei paesi vicini. Incoraggia a proseguire questo impegno, ponendo “speciale attenzione ai bisogni materiali e spirituali dei più deboli e indifesi”, in particolare famiglie, anziani, malati, bambini.
Quest’ultimi, insieme ai giovani, sono la “speranza per il futuro”, tuttavia sono “privati di diritti fondamentali: crescere nella serenità della famiglia, essere accuditi e curati, giocare, studiare”. “Milioni di bambini – denuncia il Pontefice – con il protrarsi del conflitto, sono privati del diritto all’istruzione e, conseguentemente, vedono offuscarsi l’orizzonte del loro futuro. Non fate mancare il vostro impegno in questo ambito così vitale”. Neppure si può “sottacere il grave danno alle comunità cristiane in Siria ed in Iraq, dove molti fratelli e sorelle sono vessati a causa della propria fede, cacciati dalle proprie terre, tenuti in prigionia o addirittura uccisi”.
Da parte sua la Chiesa non mostra segni di cedimento, nonostante le tante aggressioni e persecuzioni che subisce a cui reagisce “testimoniando Cristo con coraggio, attraverso la presenza umile e fervida, il dialogo sincero e il servizio generoso a favore di chiunque soffra o abbia bisogno, senza alcuna distinzione”.
Così la Chiesa assolve a quella “chiamata a rispondere al male col bene, promuovendo uno sviluppo umano integrale”. Una chiamata certo non facile, ammette il Papa, a cui i cattolici possono rispondere rafforzando “la collaborazione intra-ecclesiale ed i legami di comunione che li uniscono alle altre comunità cristiane”, e “cercando anche la collaborazione con le istituzioni umanitarie internazionali e con tutti gli uomini di buona volontà”.
Quindi l’incoraggiamento è “a proseguire sulla via della collaborazione e della condivisione, lavorando insieme e in sinergia. Per favore: non abbandonate le vittime di questa crisi, anche se l’attenzione del mondo venisse meno!”, raccomanda Francesco. E conclude chiedendo di portare il suo messaggio “di profonda e solidale vicinanza a quanti sono nella prova” e assicurando la propria incessante preghiera “per la pace e la fine dei tormenti e delle ingiustizie nelle vostre amate terre”.