“Non abbiamo nessuna guerra con l’Islam, nessuna lotta con il cristianesimo; tutti dobbiamo lottare insieme contro l’estremismo e il fondamentalismo”. Lo ha detto stamane il presidente di Israele, Reuven Rivlin, ricevendo i vescovi del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (Ccee), in Terra Santa per l’assemblea plenaria.
Il presidente ha riferito di aver ricordato con Papa Francesco, nel corso della udienza privata in Vaticano, la sua infanzia, durante la quale lo Stato di Israele non esisteva ancora. Era la festa di Yom Kippur, e Reuven insieme al padre stava andando verso il Muro Occidentale per ascoltare il suono dello shofar. Ma in quel tempo non si poteva suonare lo shofar e chi lo fece in quell’occasione fu arrestato.
“Come un bambino – ha detto il presidente – mi sono promesso di lottare con tutte le mie capacità in modo che nessuno – ebreo, musulmano, cristiano, o altro – avrebbe mai dovuto aver paura di mostrare la propria fede”. Ed ha aggiunto: “Il popolo ebraico sa cosa vuol dire nascondere la propria fede ed avere paura di perdere la vita. Ancora oggi, in troppi posti nel mondo gli ebrei non possono indossare la kippah in strada”.
“L’antisemitismo e antisionismo, insieme a tutte le forme di odio razzista devono essere condannati da tutti”, ha ribadito Rivlin, “questo è quanto mi ha detto Papa Francesco nel mio incontro con lui. Ho molto apprezzato le sue parole”.
Il presidente d’Israele ha poi riconosciuto che negli ultimi anni le comunità cristiane del Medio Oriente hanno pagato un prezzo pesante a causa della loro fede. “Israele, come Stato ebraico e democratico – ha detto – è orgoglioso del fatto che i cristiani in Israele godono della libertà di culto, della libertà di religione, e non devono temere per la loro vita”. Infatti, quando si sono verificati atti di vandalismo contro i luoghi sacri, “ci siamo ritrovati insieme, e continuiamo a stare insieme, con la comunità cristiana, a condannare questi atti terribili”.
Anche perché – ha affermato Rivlin – “un attacco a qualsiasi luogo di culto, è un attacco a tutti noi” e Israele non si accontenta di essere solo un rifugio sicuro per la comunità cristiana. “Vogliamo che la comunità cristiana possa prosperare, svolgendo un ruolo importante nella società israeliana”, ha assicurato. Ha poi spiegato di conoscere molto bene i motivi di preoccupazione della comunità cristiana, avendo più volte incontrato i dirigenti cristiani ed avendo fatto visita ai luoghi che hanno subito vandalismi.
Rimarcando quindi il proprio impegno pubblico per continuare a lavorare “insieme con i cristiani” per “trovare una soluzione possibile e rapida”, il capo di Stato ha affermato: “È dovere di tutti lavorare per il rispetto reciproco e la comprensione”, soprattutto considerando che nel mese di ottobre ricorrono i 50 anni della Dichiarazione Conciliare Nostra Aetate.
Un documento che, secondo Rivlin, ha indicato una svolta importante non solo per la rinnovata denuncia dell’antisemitismo, per aver aperto la strada ad un dialogo vero e proprio tra la Chiesa cattolica e le comunità ebraiche, ma anche per aver dichiarato che tutto il genere umano è stato creato a immagine di Dio, indipendentemente dalla religione o dalla etnia”. E questo – ha concluso il presidente – è il messaggio che “dobbiamo sempre ricordare”.