La riflessione sull’ambiente è cara a papa Francesco; fin dall’inizio del suo Ministero ha invitato a essere “custodi dei doni di Dio” e fin da subito ha unito il concetto di custodia del creato a quello di tutela della sua bellezza[1]: «La vocazione del custodire, però, non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi»[2]. Anche nella Enciclica Laudato Sì’ (24 maggio 2015) interamente dedicata alla custodia del creato, la bellezza ha un suo posto grazie alla prospettiva ampia e feconda della “ecologia integrale”. In questa ecologia “integrale”, la natura viene presentata come un insieme complesso e integrato che richiede un approccio conoscitivo e una cura complessi e integrati. L’Enciclica infatti ha una tessitura realmente interdisciplinare: il riconoscimento della verità della realtà naturale, nella sua complessa realtà oggettiva, è il primo passo per una autentica custodia del creato.
In questa prospettiva, da subito interviene la questione della bellezza che è propria della natura. La bellezza è presente nella natura in quanto Dio ne è autore: «Per questo [San Francesco] chiedeva che nel convento si lasciasse sempre una parte dell’orto non coltivata, perché vi crescessero le erbe selvatiche, in modo che quanti le avrebbero ammirate potessero elevare il pensiero a Dio, autore di tanta bellezza» (Laudato Sì’, n. 12)[3].
L’aggettivo “bella” è usato poche volte nell’Enciclica, in posizioni peculiarmente importanti. Il primo uso è “fondativo”: innanzitutto “bella” è la terra come “madre”: «“Laudato si’, mi’ Signore”, cantava san Francesco d’Assisi.[…] la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia » (n.1). Un uso ulteriore dell’aggettivo “bella” è in senso critico: la terra diventa «meno ricca e bella» (n. 34) quando gli interventi umani sono solo al servizio della finanza e del consumismo. Dunque la gradualità della bellezza naturale può andare verso il peggioramento a causa degli uomini. Ma “belle” sono anche le opere dell’uomo: infatti, bella è definita anche una città che sa convivere con la natura: «Spesso si trova una città bella e piena di spazi verdi ben curati in alcune aree “sicure”» (n. 45).
La dinamica di questi tre passaggi traccia il percorso dell’Enciclica: la terra ci è donata “bella”, interventi sconsiderati dell’uomo la rendono “meno bella”, ma “bella” è la capacità umana di vivere la terra, di coltivarla, di costruirla ma con rispetto e cura: anche la città può e deve essere bella.
Il termine sostantivo “bellezza” ricorre molte volte, in diversi contesti, qui nel seguito elencati: «il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo» (n. 11); «la natura come uno splendido libro nel quale Dio ci parla e ci trasmette qualcosa della sua bellezza e della sua bontà»; «Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore» (Sap 13,5) (n.12); «Dio, autore di tanta bellezza» (n. 12); «la grandezza, l’urgenza e la bellezza della sfida che ci si presenta» (n.15); «ci illudiamo di poter sostituire una bellezza irripetibile e non recuperabile con un’altra creata da noi» (n. 34); «In alcuni luoghi, rurali e urbani, la privatizzazione degli spazi ha reso difficile l’accesso dei cittadini a zone di particolare bellezza» (n. 45); «progetto di pace, bellezza e pienezza» (n. 53); «La fede ci permette di interpretare il significato e la bellezza misteriosa di ciò che accade» (n. 79); «Il Signore poteva invitare gli altri ad essere attenti alla bellezza che c’è nel mondo, perché Egli stesso era in contatto continuo con la natura e le prestava un’attenzione piena di affetto e di stupore. Quando percorreva ogni angolo della sua terra, si fermava a contemplare la bellezza seminata dal Padre suo» (n. 97); «il “salto” nell’ambito della bellezza. Si può negare la bellezza di un aereo, o di alcuni grattacieli? Vi sono preziose opere pittoriche e musicali ottenute mediante il ricorso ai nuovi strumenti tecnici. In tal modo, nel desiderio di bellezza dell’artefice e in chi quella bellezza contempla si compie il salto verso una certa pienezza propriamente umana» (n. 103); «un individualismo romantico travestito da bellezza ecologica» (n. 119); «Non basta la ricerca della bellezza nel progetto, perché ha ancora più valore servire un altro tipo di bellezza» (n. 150); «Non esistono sistemi che annullino completamente l’apertura al bene, alla verità e alla bellezza» (n. 205); «Prestare attenzione alla bellezza e amarla ci aiuta ad uscire dal pragmatismo utilitaristico» (n. 215); «nella spiritualità dell’Oriente cristiano: «La bellezza, che in Oriente è uno dei nomi con cui più frequentemente si suole esprimere la divina armonia e il modello dell’umanità trasfigurata» (n. 235); «quando contempliamo con ammirazione l’universo nella sua grandezza e bellezza, dobbiamo lodare tutta la Trinità» (n. 238); «Maria […] vive con Gesù completamente trasfigurata, e tutte le creature cantano la sua bellezza. […] Nel suo corpo glorificato, insieme a Cristo risorto, parte della creazione ha raggiunto tutta la pienezza della sua bellezza» (n. 241); «Alla fine ci incontreremo faccia a faccia con l’infinita bellezza di Dio» (n. 243). Infine “bellezza” ricorre due volte nella “Preghiera per la nostra terra”: «affinché ci prendiamo cura della vita e della bellezza», «affinché seminiamo bellezza» e ancora una volta nella “Preghiera cristiana con il creato”: «insegnaci a contemplarti nella bellezza dell’universo».
Il termine “bellezza” viene, dunque, usato in modo analogico, riferito a varie dimensioni: le cose naturali, gli oggetti della tecnica, l’agire umano, il linguaggio, il progetto di pace. Ma il primo modo di dire la bellezza è “la bellezza infinita di Dio”, ogni altra bellezza viene da Dio che ne è l’Autore. La bellezza presente nella natura in quanto progetto di Dio, può essere anche proposta nelle opere dell’uomo –che siano arte, tecnologia, città- mediante “il salto nella bellezza”.
L’uso del termine nelle preghiere finali dell’Enciclica raduna tutto il percorso: prima di tutto la bellezza è una realtà di cui prendersi cura, poi la bellezza è una realtà che gli uomini stessi possono seminare.
In questa cura e in questa semina consiste la “cultura della cura” (n.231) che viene insegnata dagli stessi testi biblici, che «invitano a “coltivare e custodire” il giardino del mondo (cfr. Gen 2,15). Mentre “coltivare” significa arare o lavorare un terreno, “custodire” vuol dire proteggere, curare, preservare, conservare, vigilare» (n. 67). L’uomo è “signore dell’universo” in quanto deve esserne “amministratore responsabile” (n. 116).
Ma soprattutto nella bellezza del creato si contempla Dio.
La casa comune, da custodire e coltivare, viene infatti presentata come una realtà complessa in cui tutto è in relazione, in cui proprio la complessità è segno di Dio: «L’insieme dell’universo, con le sue molteplici relazioni, mostra al meglio la ricchezza inesauribile di Dio» (n. 86).
La bellezza inesauribile di Dio risplende nella bellezza del creato.
Rodolfo Papa è presidente dell’Accademia Urbana delle Arti. Sito internet: www.rodolfopapa.it Blog: http://rodolfopapa.blogspot.com e.mail: rodolfo_papa@infinito.it .
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NOTE
[1] Questo argomento viene esposto e ampliato in R. Papa, Papa Francesco e la missione dell’arte, prefazione del card. Sarah e introduzione del card. Canizares Cantagalli, Siena 2015 – in corso di pubblicazione.
[2] Francesco, Omelia. Santa Messa per l’inizio del ministero petrino, 19 marzo 2013.
[3] Per una riflessione sul valore, anche simbolico, delle erbe spontanee e delle erbe coltivate, cfr. R. Papa, L’Estetica della Provvidenza. L’utilizzo del paesaggio e della allegoria parenetica delle piante come forma di rappresentazione figurativa della Provvidenza, nel piano dell’opera letteraria dei “Promessi Sposi”, in “I grandi classici della letteratura cristiana Letture teologiche”, a cura del Vicariato di Roma, in pubblicazione.