Le preghiere ascoltate sono proprio quelle del buon ladrone che dal “profondo” della propria miseria ha permesso a Gesù di entrare in lui ed esprimere lui stesso la preghiera.
Nelle ristrettezze…nei dolori,…nei difficili rapporti con gli altri…l’anima sale a Dio. Nella perdita dei rapporti con gli uomini, con gli amici, l’uomo ritrova il suo rapporto con Dio. Abbandonato dagli amici di ventura, finito nella miseria tra i porci, ecco fiorire nell’ animo: “Mi alzerò e andrò da mio Padre”.
Aveva iniziato un cammino di schiavitù, illuso dagli uomini e dalle cose della terra. Ma grazie alla totale delusione scaturisce nel cuore la più bella preghiera: “Gli dirò, Padre…” In questa parola è rinchiusa tutta la “libertà” ritrovata.
Dal profondo; dopo aver toccato il fondo. È lì che sgorga la preghiera più vera e più santa perché nel proprio niente l’uomo trova e coglie l’amore di Colui che per amore suo si è annientato.
Spesso chiediamo preghiere alle persone che – diciamo – sono più degne e più vicine a Dio. Chi si esprime così, chi si affida alle preghiere degli altri, annuncia e riconosce la propria indegnità, il proprio peccato…; si direbbe che reciti o, meglio, viva il proprio “Domine non sum dignus”.
Proprio perché si riconosce miseria è degno di essere ascoltato ed entra nell’innocenza riconoscente.
Ciao da p. Andrea
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