Tra oggi e domani tornano sui banchi di scuola circa 9milioni di studenti. Mai come quest’anno, il primo suono della campanella è accompagnato da polemiche e iniziali mobilitazioni di protesta. Un tema che resta caldo è quello relativo all’insegnamento della teoria gender.
A tal proposito sembra esser servita a poco la circolare emanata nel giugno scorso dal ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, che ha ribadito che nessuna attività extra-curriculare può essere avviata senza il consenso informato dei genitori. Vani anche i generosi tentativi, da parte di esponenti del Pd, di negare riferimenti al gender all’interno della Buona Scuola.
Del resto l’art. 3, comma 16, del maxiemendamento sulla “violenza di genere”, si richiama a un quadro normativo che lascia ben poche rassicurazioni ai genitori. In particolare, suscita allarme l’indiretto riferimento alla Convenzione di Istanbul, di fatto recepita ed attuata con la legge 119 del 2013 a cui il testo della Buona Scuola si riferisce.
In questo trattato, sottoscritto nella città turca nel 2011 dal Consiglio d’Europa, si legge: “Con il termine ‘genere’ ci si riferisce a ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti”. Parole esplicite dunque, che testimoniano la presenza della teoria secondo cui l’identità sessuale sarebbe determinata da elementi esclusivamente culturali.
Di qui i volantinaggi avvenuti già questa mattina, agli ingressi di molti istituti, in occasione dell’apertura delle scuole in gran parte delle regioni italiane. I pieghevoli invitano i genitori ad assumere un atteggiamento di massima vigilanza nei confronti di corsi i quali potrebbero nascondere, dietro criptici riferimenti alla lotta contro le discriminazioni, l’indottrinamento al gender.
Un forte appello ai genitori giunge anche dal Comitato Difendiamo i Nostri Figli, nato per organizzare la grande manifestazione del 20 giugno scorso in piazza San Giovanni. Sul proprio sito, il Comitato propone una serie di “consigli operativi concreti per contrastare l’introduzione dell’ideologia gender nell’insegnamento scolastico”.
Si tratta di un decalogo di 10 articoli, al quale si aggiunge come appendice l’invito ai genitori ad offrirsi come “rappresentanti di classe” e ad entrare nei “consigli d’istituto”. La vigilanza scrupolosa verso tutti i programmi d’insegnamento è il punto numero uno del documento. Si colloca in questa prospettiva il consiglio di leggere attentamente il Pof (piano d’offerta formativa), nel quale devono essere elencate con chiarezza tutte le attività d’insegnamento che l’istituto intende adottare.
Laddove venisse individuata qualche attività che coincida con quelle legate all’insegnamento della teoria gender, i genitori devono ricorrere allo strumento del consenso informato. Devono cioè dichiarare per iscritto di non autorizzare il proprio figlio a partecipare a determinati corsi, consegnare il foglio firmato in segreteria e infine protocollarlo.
Il Comitato ricorda però che il gender potrebbe introdursi anche attraverso corsi curriculari, verso i quali nulla può il consenso informato. In questo caso - si legge - “si raccomanda che i genitori vigilino con grande attenzione, intervenendo sul singolo insegnante e/o sul dirigente scolastico, qualora si scorgano impostazioni in contrasto con propri valori morali o sociali di riferimento”.
Del resto - prosegue il Comitato - “il genitore ha il diritto di chiedere tutti i chiarimenti che vuole, coinvolgendo ogni istituzione scolastica, ad ogni livello: consiglio di classe, consiglio d’istituto, consiglio dei professori, preside”. La raccomandazione è inoltre quella di coinvolgere le associazioni dei genitori che fanno parte del Comitato, i cui indirizzi mail sono elencati nel documento in questione.
Infine, il Comitato ricorda che “ogni genitore ha grande potere decisionale e - cercando di aggregare altre famiglie - la possibilità d’intervento sugli organismi scolastici diventa tanto più forte e positiva, soprattutto se sostenuta da un’associazione genitori accreditata”.