Francesco ai nuovi vescovi: "Siate viandanti per raggiungere chi è andato via sbattendo la porta"

In un lungo e articolato discorso ai presuli nominati nell’ultimo anno, il Papa offre raccomandazioni e indicazioni per essere missionari e guide spirituali, orientati sempre dalla gioia del Vangelo

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Testimoni, pedagoghi, guide spirituali, catechisti, mistagoghi e, soprattutto, missionari. Insomma, non si è solo vescovi indossando lo zucchetto paonazzo. Ai presuli nominati nel corso dell’ultimo anno, ricevuti stamane in Sala Clementina, il Papa offre un variegato ventaglio di ambiti e modalità in cui svolgere il proprio ministero pastorale, rimarcando come sempre – con un accento quasi ‘poetico’ – l’invito “ad uscire” per essere pastori che, sì curano il gregge, ma che non si stancano di andare a cercare le pecorelle smarrite. Che non sono poche. 

“La pace sia con voi”, dice Francesco in esordio ai circa 130 vescovi presenti – riuniti a Roma per le giornate di approfondimento promosse dalle Congregazione per i Vescovi e per le Chiese Orientali -, rivolgendo lo stesso saluto di Cristo Risorto ai discepoli, riuniti nel Cenacolo la sera del “giorno dopo il sabato”. Al pari degli apostoli, infatti, i vescovi “recentemente chiamati e consacrati” sono “venuti da un irripetibile incontro con il Risorto”. “Attraversando i muri della vostra impotenza – sottolinea il Santo Padre – Egli vi ha raggiunto con la sua presenza. Benché conoscesse i vostri rinnegamenti e abbandoni, le fughe e i tradimenti. Ciononostante, Egli è arrivato nel Sacramento della Chiesa e ha soffiato su di voi”.

E, questo, è “un alito da custodire, un soffio che sconvolge la vita (che non sarà mai più come prima), anche se rasserena e consola come brezza leggera, di cui non ci si può impossessare”. “Vi prego – implora quindi il Pontefice – di non addomesticare tale potenza, ma di lasciarla continuamente sconvolgere la vostra vita”. Primo e insostituibile compito è perciò di essere testimoni del Risorto, che – precisa Bergoglio – “non è lo sdolcinato discorso dei deboli e dei perdenti, ma la sola ricchezza che la Chiesa tramanda sia pur mediante fragili mani”.

È la predicazione “della realtà che sostiene tutto l’edificio della Chiesa: Gesù è Risorto!”. Una proclamazione “né ovvia né facile”, specie in un mondo che, almeno in apparenza, si dice “così contento del suo presente”. “Gli uomini – osserva il Papa – sono così dimentichi dell’eternità mentre, distratti e assorti, amministrano l’esistente, rimandando quanto verrà. Tanti si sono tacitamente rassegnati all’abitudine di navigare a vista, al punto da rimuovere la realtà stessa del porto che li attende. Molti sono così rapiti dal cinico calcolo della propria sopravvivenza, che ormai si sono resi indifferenti e, non di rado, impermeabili alla stessa possibilità della vita che non muore”.

Ciò non impedisce tuttavia di essere assaliti dalle domande. Anche per gli stessi vescovi: “Come potremmo affrontare l’increscioso presente se si sbiadisse in noi il senso di appartenenza alla comunità del Risorto?”, interroga Francesco. E “come potremmo donare al mondo quanto abbiamo di più prezioso? Saremmo in grado di ricordare la grandezza del destino umano, se si affievolisse in noi il coraggio di subordinare la nostra vita all’amore che non muore?”.

All’orizzonte ci sono “sfide drammatiche”: la globalizzazione, che “avvicina ciò che è lontano e d’altra parte separa chi è vicino”; il “fenomeno epocale” delle migrazioni che “scombussola” i nostri giorni; la questione dell’ambiente, “minacciato dal miope e spesso predatorio sfruttamento”. Poi intere generazioni private della dignità e del futuro del lavoro umano, “ridotte a statistiche”; e ancora: le “desertificazioni dei rapporti”, la “deresponsabilizzazione diffusa”, il “disinteresse per il domani”; la “crescente e paurosa chiusura”; lo “smarrimento” di tanti giovani e la solitudine di innumerevoli anziani. 

Un catalogo di problematiche che potrebbe andare avanti ed avanti. Ma Bergoglio si ferma qui, perché – dice con simpatia – “non vorrei spaventarvi. Siete ancora in luna di miele!”. Rivela dunque ai presuli la chiave per affrontare tutto questo: la gioia del Vangelo. “Gioite – è l’imperativo del Pontefice – mentre vi consumate per le vostre Chiese particolari. Non lasciatevi svaligiare un simile tesoro. Ricordatevi sempre che è il Vangelo a custodirvi e perciò non abbiate paura di recarvi ovunque e di intrattenervi con quanti il Signore vi ha affidato”. Soprattutto, avverte il Papa, “guardatevi dal rischio di trascurare le molteplici e singolari realtà del vostro gregge; non rinunciate agli incontri; non risparmiate la predicazione della Parola viva del Signore; invitate tutti alla missione”.

Siate quindi “pedagoghi, guide spirituali e catechisti” per tutti coloro “che sono di casa, frequentano le vostre comunità e si accostano all’Eucaristia”. Prendeteli per mano e “non risparmiate energie per accompagnarli nella salita”, insiste il Santo Padre. Sempre guidati dal gioia che “trascina, incanta, rapisce”. Senza di essa “il cristianesimo deperisce in fatica”, ribadisce Francesco.  E invita pure ad una maggior cura dei sacerdoti, “affinché risveglino tale incanto di Dio nella gente”. Troppe, infatti, “sono le parole vuote che portano gli uomini lontani da sé, relegati nell’effimero e limitati al provvisorio. Assicuratevi che sia Gesù, l’amato di Dio, l’alimento solido che venga continuamente ruminato e assimilato”, raccomanda il Papa.

La sua attenzione si concentra quindi su quel neanche troppo piccolo universo di “persone battezzate che però non vivono le esigenze del Battesimo”. “Alcuni – riflette il Vescovo di Roma – si sono allontanati perché delusi dalle promesse della fede o perché troppo esigente è sembrato il cammino per raggiungerle. Non pochi sono usciti sbattendo la porta, rinfacciandoci le nostre debolezze e cercando, senza riuscire del tutto, di convincersi che si erano lasciati ingannare da speranze alla fine smentite…”.

Non bisogna arrendersi con queste persone, ma anzi i vescovi siano “capaci di intercettare il loro cammino”. “Fatevi pure voi viandanti apparentemente smarriti, domandando che cosa è successo nella Gerusalemme della loro vita e, discretamente, lasciando sfogare il loro cuore infreddolito”, incoraggia il Papa. “Non vi scandalizzate dei loro dolori o delle loro delusioni. Illuminateli con la fiamma umile, custodita con tremore, ma sempre capace di rischiarare chi è raggiunto dalla sua limpidezza che, però, non è mai abbagliante”.

Ancora, soggiunge: “Dispensate parole che rivelino loro ciò che ancora sono incapaci di vedere: le potenzialità nascoste nelle loro stesse delusioni. Guidateli nel mistero che portano sulle labbra senza ormai riconoscere la sua forza”. Più che con le parole, bisogna riscaldare il cuore di questa gente “con l’ascolto umile e interessato al loro vero bene”, finché “possano invertire la rotta e tornare a Colui dal quale si erano allontanati”. A quelli che già “conoscevano” il Signore bisogna quindi aiutarli a “riscoprirlo”. Al contempo occorre vegliare perché nelle comunità “non s’insinui pericolosamente quella superbia dei ‘figli più grandi’, che rende incapace di rallegrarsi con chi ‘era perduto ed è stato ritrovato’”. 

“Pastori missionari della gratuita salvezza di Dio” è dunque ciò che Francesco auspica di trovare nel collegio episcopale. Pastori che cercano “anche chi non conosce Gesù o l’ha sempre rifiutato”. Perché “non è vero che possiamo prescindere da questi fratelli lontani. Non ci è consentito di rimuovere l’inquietudine per la loro sorte”, afferma. Inoltre, spiega, “occuparci del loro autentico e definitivo bene potrebbe aprire una breccia nel murato perimetro con cui gelosamente tutelano la propria autarchia”. Forse, dice, “vedendo in noi il Signore che li interpella”, questi ‘lontani’ riacquisteranno magari “il coraggio di rispondere all’invito divino”. Qualora ciò avvenisse, le comunità ne sarebbero “arricchite” e il cuore di Pastori “rallegrato”. Una scen
a che Papa Francesco si augura di vedere ripetutamente durante l’Anno Giubilare della Misericordia. 

 

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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