“Il fenomeno delle migrazioni che segna la vita del nostro tempo si presenta come un fenomeno globale ed epocale. Per questo va affrontato come comunità di Stati. La Comunità di Sant’Egidio ha saputo cogliere un segno dei tempi nel radunarci oggi qui a parlare di questo tema: proprio l’Albania è stata simbolo dell’emigrazione verso l’Italia negli anni 90”. È quanto ha affermato l’arcivescovo di Napoli, il card. Crescenzio Sepe, introducendo oggi a Tirana, in Albania, il panel “Migranti, una sfida globale” che si inserisce nell’incontro per la pace organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio.
All’incontro è intervenuto anche il prefetto Mario Morcone, Capo del Dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione al Ministero dell’Interno, il quale ha ricordato che nell’art.10 della Costituzione Italiana è scritto: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”. “Attenzione – ha sottolineato Morcone – si parla di persone, non di Stati, questo va ricordato a chi non ricorda che abbiamo a che fare con esseri umani, non con categorie”.
Grande e ammirevole il lavoro svolto dall’Italia. “Quando dal 2013 con Mare Mostrum salvavamo esseri umani – ha aggiunto il prefetto – c’era qualcuno che diceva che così attraevamo migranti; oggi in molti hanno cambiato idea e capito. L’Italia ha fatto pienamente la sua parte con serietà e dignità. Penso ai minori non accompagnati: l’Italia non ha piacere a rimpatriare dei minori!”. “Alcuni Paesi insistono che dovremmo creare degli ‘hotspot’ – ha precisato Morcone – temo sia un’idea per schiacciare sui Paesi del sud, soprattutto Italia e Grecia, il fenomeno migratorio. Ma su una cosa sono certo: risponderemo sempre no a chi ci chiede di realizzare una sorta di campi di concentramento per migranti in Calabria o Sicilia!”.
Nel suo intervento, Romano Prodi, già presidente della Commissione Europea, ha rimarcato invece come l’integrazione sia una sfida da cogliere al più presto “se non vogliamo fare la fine degli Stati rinascimentali italiani: spazzati via dalla prima globalizzazione che fu la scoperta dell’America”. “Dobbiamo avere una maggiore integrazione – ha detto -. Gli Stati europei sono troppo piccoli. E le reti globali delle nuove tecnologie, da Apple ad Amazon, da Google a Ali Baba, sono tutte americane o cinesi. Non ce n’è una europea. Non siamo in grado di crearle, così come l’Italia divisa non riusciva a costruire le grandi caravelle necessarie a solcare gli oceani”.
Prima dell’incontro di Sant’Egidio, Prodi ha incontrato alcuni albanesi. Tra questi un giovane, presente a Valona quando Prodi visitò un’Albania in preda alla guerra civile. “Lei ci ha dato coraggio, ci ha dato un messaggio forte, dicendoci di non aspettare la pioggia perché le centrali elettriche potessero produrre energia ma di prendere in mano il nostro destino”, ha detto il ragazzo.
“L’allargamento dell’Europa – ha proseguito Prodi nel suo intervento – è l’unico caso riuscito di esportazione della democrazia. La democrazia si crea con la pace. Ma poi è arrivata l’Europa della paura, con i timori generati dalla crisi e dall’immigrazione, paralizzata da populismo e respiro corto”. Il bivio per il politico è quindi quello tra irrilevanza ed avere un ruolo nel mondo: “In Cina, l’Europa è già considerata out. Ci siamo allargati ad est, ma chiusi a sud. Non siamo riusciti nemmeno a creare una banca del Mediterraneo o una università con sedi sulle due sponde del Mare Nostrum, con professori e studenti provenienti da nord e da sud”
“La situazione dell’Ucraina ci dimostra quanto sia importante l’integrazione e come non si possa affrontare il mondo da soli”, ha concluso l’ex presidente della Commissione Europea, “sui Balcani si può dire solo una parola: sono parte dell’Europa. Punto”.