Dopo quattro anni dal suo ultimo film Aleksandr Sokurov torna a far tappa al Lido, proseguendo il viaggio intrapreso con Elegia di un Vaggio (2001) e Arca Russa (2002). Con questi due film infatti, Sokurov visitò e raccontò il Bojimans Van Beuningen Museum di Rotterdam e l’Hermitage di San Pietroburgo; oggi con Francofonia, presentato in anteprima mondiale alla 72. Mostra del Cinema di Venezia e in concorso per il Leone d’oro, è la volta del Louvre di Parigi.
La pellicola, ambientata nel 1943 durante l’occupazione nazista della Francia in un incrocio tra documentario e fiction, racconta la collaborazione tra Jacques Jaujard (Louis Do de Lencquesaing), direttore del museo più famoso al mondo, e il Conte Franziskus Wolff-Metternich (Benjamin Utzerath), rappresentante delle forze naziste di occupazione, messa in atto per salvare i tesori dell’arte.
Come ogni film d’autore che si rispetti, Francofonia sfugge alle classificazioni e alle definizioni, assumendo in sé molteplici significati e chiavi di lettura. Celebrazione dell’arte, del suo inestimabile pregio estetico ma ancor di più del suo valore salvifico che emerge nel rapporto con il potere, rapporto che sta alla base di questo film. Di fronte all’intramontabile corruttibilità ed avidità dell’uomo, è l’immortalità dell’arte, in quanto rappresentazione più nobile ed elevata del pensiero umano, l’unica forma di salvezza in grado di radicare nella memoria il passato e resistere anche quando l’uomo non sarà più in grado di tutelarla.
Questo è il principio fondante la pellicola, lo stesso principio che ha fatto sì che due uomini, provenienti da due mondi opposti e apparentemente inconciliabili, collaborassero a tal punto da disobbedire alla propria madre patria, avendo a cuore la sola preservazione delle opera d’arte. Il richiamo all’importanza dell’arte e alla sua tutela è oggi più che mai attuale: in un periodo in cui opere d’arte, siti archeologici, chiese, musei e curatori sono bersagli del fanatismo religioso, l’importanza di questo film sta nel porvi l’attenzione in modo autentico, senza scadere nella retorica e specularci sopra.
Ma Francofonia non è solo la celebrazione dell’arte: è prima di tutto un’Elegia dedicata all’Europa, un inno lirico ai suoi valori e alla sua cultura tanto amata dal regista russo. Sokurov stesso lo motiva, pronunciando al Lido un vero e proprio appello: “La pittura ci permette di capire chi siamo noi europei: dovremmo guardarci di più il viso, i particolari, le cose che ci diversificano. La cultura ha bisogno di distanze, non si può mescolare, bisogna rivolgersi alla cultura in modo molto più tenero; se la cultura viene distrutta non è possibile ricrearla. La grande sfida è infatti trovare il rispetto nella distanza. Bisogna entrare nello sguardo dell’altro, che è la base delle culture religiose: non a caso, quello religioso è un elemento altissimo della cultura, anche se qualcuno qui in Europa mi dirà che non ho ragione. Ma noi russi vi amiamo, amiamo l’individualità della cultura europea. Quando si dice Italia, Francia, si dice cultura: dovete separare le cose, non mescolatevi, altrimenti non troverete un viso unico, proteggetevi, difendetevi, difendete la vostra cultura europea”.
Aiutato dal grande maestro e direttore di fotografia Bruno Delbonnel, Sokurov ha realizzato un film in cui affianca video e immagini di repertorio a scene contemporanee realizzate in studio e sulla nave. Alternando la bidimensionalità di quadri e foto alla tridimensionalità del video, il simbolismo al realismo, gli effetti speciali in CGI al naturalismo, il risultato non è un racconto lineare e cronologico ma, come dichiarato dal regista stesso, “un percorso che segue i meandri fantasiosi del pensiero”.
Spazio anche ad una lezione cinematografica, con una risposta di Sokurov all’eterno dibattito tra forma e contenuto in seno alla settima arte: “La forma ha avuto grande rilievo per me tempo fa, ma oggi il significato delle cose ha più importanza per me, la decisione formale non è affatto interessante. L’individualità, la particolarità del film va risolta tramite il significato artistico, non la forma. Il mio, il nostro desiderio era di realizzare un’opera artistica, una rappresentazione soggettiva e solida, non pubblicitaria, ma storica: volevo, e spero di esserci riuscito, aiutare tutti voi a sentire, capire, reagire”.
Così, dopo aver vinto il Leone d’Oro nel 2011 con Faust, anche in questa edizione Aleksandr Sokurov si candida prepotentemente per la vittoria dell’ambito premio, con un film audace ed emozionante; fortunatamente, la Academy Two non si è fatta sfuggire l’occasione di distribuire una pellicola di tale pregiata fattura, che quindi sarà priettata nelle sale italiane.