“Sostenere che la pace è sempre possibile non è un’affermazione ingenua, ma esprime la nostra fede che nulla è impossibile a Dio”. Sono parole d’incoraggiamento quelle che Papa Francesco scrive nel messaggio inviato oggi (ma con data del 29 agosto 2015, memoria del Martirio di San Giovanni Battista) ai partecipanti alla 28° edizione dell’incontro internazionale per la pace organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, sul tema “La pace è sempre possibile – Religioni e culture in dialogo”. L’incontro – al via stamane – si svolge simbolicamente, in quest’anno in cui ricorre il ventennale dalla fine della guerra nei Balcani, a Tirana, capitale dell’Albania.
“Una scelta che condivido”, sottolinea il Papa, e per cui si dice “particolarmente grato”. Come potrebbe essere altrimenti avendo lui stesso voluto visitare come prima tappa europea, nel settembre 2014, questo paese “simbolo della convivenza pacifica tra religioni diverse, dopo una lunga storia di sofferenza”? Una scelta – spiega lo stesso Pontefice – dettata dalla volontà di “incoraggiare il cammino di convivenza pacifica dopo le tragiche persecuzioni subite dai credenti albanesi nel secolo scorso”. Un “lungo” elenco di martiri che ancora oggi “parla di quel periodo oscuro”, ma parla “della forza della fede che non si lascia piegare dalla prepotenza del male”.
“In nessun altro Paese al mondo è stata così forte la decisione di escludere Dio dalla vita di un popolo: anche solo un segno religioso era sufficiente per essere puniti con la prigione se non con la morte”, ricorda il Papa, rilevando che “tale tristissimo primato ha segnato profondamente il popolo albanese, fino al momento della ritrovata libertà, quando i membri delle diverse comunità religiose, provati dalla comune sofferenza patita, si sono ritrovati a vivere insieme in pace”.
La stessa pace che si respirava ad Assisi nel primo storico Incontro tra i rappresentanti delle diverse religioni voluto da Giovanni Paolo II nell’ottobre 1986. Da allora “si è sviluppato un pellegrinaggio di uomini e donne di diverse religioni che, di anno in anno, fa tappa in diverse città del mondo”, rammenta il Santo Padre. E “mentre mutano gli scenari della storia e i popoli sono chiamati a confrontarsi con trasformazioni profonde e talora drammatiche – aggiunge – si avverte sempre più la necessità che i seguaci di diverse religioni si incontrino, dialoghino, camminino insieme e collaborino per la pace”.
Il tutto vissuto sempre “in quello ‘spirito di Assisi’ che fa riferimento alla luminosa testimonianza di san Francesco” e che non è altro che “vivere insieme in pace, ricordando che la pace e la convivenza hanno un fondamento religioso”. E proprio perché ha il suo fondamento in Dio e la sua radice nella preghiera, “la pace è sempre possibile”, ribadisce il Pontefice, citando il titolo dell’Incontro di Tirana. È questa una verità che va necessariamente riaffermata; soprattutto oggi, in un momento in cui in alcune parti del mondo “sembrano prevalere le violenze, le persecuzioni e i soprusi contro la libertà religiosa, insieme alla rassegnazione di fronte ai conflitti che si trascinano”.
“Non dobbiamo mai rassegnarci alla guerra!”, esorta allora Papa Bergoglio. Tantomeno “possiamo restare indifferenti di fronte a chi soffre per la guerra e la violenza”, intendendo per violenza “anche alzare muri e barriere per bloccare chi cerca un luogo di pace”. “È violenza – scrive infatti – respingere indietro chi fugge da condizioni disumane nella speranza di un futuro migliore. È violenza scartare bambini e anziani dalla società e dalla stessa vita! È violenza allargare il fossato tra chi spreca il superfluo e chi manca del necessario!”.
“In questo nostro mondo, la fede in Dio ci fa credere e ci fa gridare a voce alta che la pace è possibile”, rimarca Francesco; la fede “ci spinge a confidare in Dio e non rassegnarci all’opera del male”. Pertanto “come credenti siamo chiamati a riscoprire quella vocazione universale alla pace deposta nel cuore delle nostre diverse tradizioni religiose, e a riproporla con coraggio agli uomini e alle donne del nostro tempo”. Un “grande lavoro”, questo, per cui è richiesto “un coinvolgimento sia personale che delle nostre comunità”, sempre nella certezza che “nulla è impossibile a Dio”.
Di qui l’auspicio del Papa che, dopo l’Incontro di Sant’Egidio, “possa dalla terra d’Albania, terra di martiri, partire una nuova profezia di pace”.