Se è incantevole una catena di montagne, con le cime rocciose illuminate dal sole, non è meno suggestivo attraversare il verde cupo d’un’abetaia: il suo silenzio ti raccoglie, la sua ombra ti rinfresca, lo scricchiolio dei rami ti accompagna, il passo silenzioso di chi sale con te ti rinfranca dalla fatica e ti toglie la paura di spiacevoli incontri.
Il bosco ti dà l’idea di qualcosa di misterioso, direi magico.
All’amico che era con me manifestai la mia meraviglia nell’osservare che quelle piante avevano un fusto altissimo e perfettamente dritto.
Lui mi spiegò che l’abete nel folto è tanto alto e slanciato, con un fusto meravigliosamente dritto perché, stando all’ombra degli altri che gli vivono accanto, è obbligato a mandare la sua cima sempre più in alto a cercare la luce vitale.
Non potendo espandersi lati, mortificato da una sorta di rispetto dello spazio altrui, cerca la luce in alto, nello sconfinato, dove c’è posto per tutti. È proprio stando uno accanto all’altro, nel vicendevole rispetto, che ciascuno provoca la crescita propria e lo sviluppo dell’ altro.
L’uomo tanto più si eleva a Dio quanto più vive in comunione d’amore con tutti gli altri. L’amore che spinge l’uomo a donare agli altri lo spazio vitale, è lo stesso che lo richiama in alto, alla sorgente dell’amore.
Perché tu cresca e arrivi all’altezza del cielo, Lui non si limita a viverti accanto, ma vive in te, si fa uno con te, perché tu, in Lui, diventi “te stesso: Gesù”.
Ciao da p. Andrea
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