Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente lettura patristica sulle letture liturgiche della XXIII domenica del Tempo Ordinario (Anno B) — 6 settembre 2015.
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San Beda il Venerabile,
In Evang. Marc., 2, 7, 32-37
E gli conducono un sordomuto e lo pregano di imporre su di lui la mano (Mc 7,32).
Il sordomuto è colui che non apre le orecchie per ascoltare la parola di Dio, né apre la bocca per pronunziarla. È necessario perciò che coloro i quali, per lunga abitudine, hanno già appreso a pronunziare e ascoltare le parole divine, siano loro a presentare al Signore, perché li risani, quelli che non possono farlo per l’umana debolezza; così egli potrà salvarli con la grazia che la sua mano trasmette.
“Ed egli, traendolo in disparte dalla folla, separatamente mise le sue dita nelle orecchie di lui” (Mc 7,33).
Il primo passo verso la salvezza è che l’infermo, guidato dal Signore, sia portato in disparte, lontano dalla folla. E questo avviene quando, illuminando l’anima di lui prostrata dai peccati con la presenza del suo amore, lo distoglie dal consueto modo di vivere e lo avvia a seguire la strada dei suoi comandamenti. Mette le sue dita nelle orecchie quando, per mezzo dei doni dello Spirito Santo, apre le orecchie del cuore a intendere e accogliere le parole della salvezza. Infatti lo stesso Signore testimonia che lo Spirito Santo è il dito di Dio, quando dice ai giudei: “Se io scaccio i demoni col dito di Dio, i vostri figli con che cosa li scacciano?” (Lc 11,19-20). Spiegando queste parole un altro evangelista dice: “Se io scaccio i demoni con lo Spirito di Dio” (Mt 12,28). Gli stessi maghi d’Egitto furono sconfitti da Mosè in virtù di questo dito, dato che riconobbero: “Qui è il dito di Dio” (Ex 8,18-19); infine la legge fu scritta su tavole di pietra (); in quanto, per mezzo del dono dello Spirito Santo, siamo protetti dalle insidie degli uomini e degli spiriti maligni, e veniamo istruiti nella conoscenza della volontà divina. Ebbene, le dita di Dio messe nelle orecchie dell’infermo che doveva essere risanato, sono i doni dello Spirito Santo, che apre i cuori che si erano allontanati dalla via della verità all’apprendimento della scienza della salvezza…
“E levati gli occhi al cielo, emise un gemito e pronunciò: «Effata», cioè «apriti»” (Mc 7,34).
Ha levato gli occhi al cielo per insegnare che dobbiamo prendere da lì la medicina che dà la voce ai muti, l’udito ai sordi e cura tutte le altre infermità. Ha emesso un gemito non perché abbia bisogno di gemere per chiedere qualcosa al Padre colui che in unità col Padre dona ogni cosa a coloro che chiedono, ma per presentarsi a noi come modello di sofferenza quando dobbiamo invocare l’aiuto della divina pietà per i nostri errori oppure per le colpe del nostro prossimo.
“E subito si aprirono le orecchie di lui e subito si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente” (Mc 7,35).
In questa circostanza sono chiaramente distinte le due nature dell’unico e solo Mediatore tra Dio e gli uomini. Infatti, levando gli occhi al cielo per pregare Dio, sospira come un uomo, ma subito guarisce il sordomuto con una sola parola, grazie alla potenza che gli deriva dalla divina maestà. E giustamente si dice che «parlava correttamente» colui al quale il Signore aprì le orecchie e sciolse il nodo della lingua. Parla infatti correttamente, sia confessando Dio, sia predicandolo agli altri, solo colui il cui udito è stato liberato dalla grazia divina in modo che possa ascoltare e attuare i comandamenti celesti, e la cui lingua è stata posta in grado di parlare dal tocco del Signore, che è la Sapienza stessa. Il malato così risanato può giustamente dire col salmista: “Signore, apri le mie labbra, e la mia bocca annunzierà la tua lode” (Ps 50,17), e con Isaia: “Il Signore mi ha dato una lingua da discepolo affinché sappia rianimare chi è stanco con la parola. Ogni mattina mi sveglia l’orecchio, perché ascolti, come fanno i discepoli” (Is 50,4).
“E ordinò loro di non dirlo a nessuno. Ma quanto più così loro ordinava, tanto più essi lo divulgavano e, al colmo dello stupore, dicevano: «Ha fatto tutto bene; ha fatto udire i sordi e parlare i muti»” (Mc 7,36-37).
«Se il Signore, che conosceva le volontà presenti e future degli uomini, sapeva che costoro avrebbero tanto più annunziato i suoi miracoli quanto più egli ordinava loro di non divulgarli, perché mai dava quest’ordine, se non per dimostrare con quanto zelo e con quanto fervore dovrebbero annunziarlo quegli indolenti ai quali ordina di annunziare i suoi prodigi, dato che non potevano tacere coloro cui egli ordinava di non parlare?» (Agostino).