Meglio mordersi la lingua e ferirsela piuttosto che sparlare di un altro e creare divisione. Dopo una breve pausa ‘spirituale’, Bergoglio torna alla carica a Santa Marta e, nella sua quarta omelia dopo l’estate, ricomincia a bacchettare tutti i cristiani che cedono facilmente a quella antipatica “malattia” che sono le chiacchiere.
Una malattia che porta a seminare zizzania e quindi alla divisione e quindi vicino al demonio e lontano da Cristo, il cui spirito è invece quello della pace e riconciliazione. Lo afferma San Paolo nella Lettera ai Colossesi della liturgia di oggi, in cui dice che Dio ha inviato il suo primogenito per “riconciliare e pacificare” l’umanità dopo il peccato. “La pace è opera di Gesù” – ha rimarcato Francesco – è segno di quel suo “abbassarsi per obbedire fino alla morte e morte di Croce”.
E quando noi parliamo di pace o di riconciliazione, anche “piccole paci, piccole riconciliazioni”, dice il Pontefice, “dobbiamo pensare alla grande pace e alla grande riconciliazione che ha fatto Gesù”. “Senza di Lui non è possibile la pace. Senza di Lui non è possibile la riconciliazione”, aggiunge. A tutti i cristiani spetta dunque il compito di essere “uomini e donne di pace, uomini e donne di riconciliazione”, specie in mezzo alle “notizie di guerre, di odio, anche nelle famiglie” che permeano il tempo attuale.
A tal fine, Bergoglio suggerisce il solito esame di coscienza per capire di chi stiamo seguendo l’esempio: “Io semino pace? Per esempio, con la mia lingua, semino pace o semino zizzania?”. “Quante volte – prosegue – abbiamo sentito dire di una persona: ‘Ma ha una lingua di serpente!’, perché sempre fa quello che ha fatto il serpente con Adamo ed Eva, ha distrutto la pace. E questo è un male”: “seminare la divisione, seminare l’odio, seminare non la pace…”. Un male che non risparmia anche “la nostra Chiesa”, evidenzia il Papa.
Allora fa bene ogni giorno fermarsi e chiedersi: “Io oggi ho seminato pace o ho seminato zizzania?”. E “se una persona, durante la sua vita, non fa altra cosa che riconciliare e pacificare la si può canonizzare: quella persona è santa”. Perciò “dobbiamo crescere in questo, dobbiamo convertirci”, ribadisce il Santo Padre, “mai una parola che sia per dividere, mai, mai una parola che porti guerra, piccole guerre, mai le chiacchiere”.
“Io penso: cosa sono le chiacchiere?”, prosegue, “eh, niente, dire una parolina contro un altro o dire una storia: ‘Questo ha fatto…’. No! Fare chiacchiere è terrorismo perché quello che chiacchiera è come un terrorista che butta la bomba e se ne va, distrugge: con la lingua distrugge, non fa la pace. Ma è furbo, eh? Non è un terrorista suicida, no, no, lui si custodisce bene”.
Il segreto per non scadere in tutto questo è uno, conclude il Papa: “Ogni volta che mi viene in bocca di dire una cosa che è seminare zizzania e divisione e sparlare di un altro… Mordersi la lingua! Io vi assicuro, eh? Che se voi fate questo esercizio di mordersi la lingua invece di seminare zizzania, i primi tempi si gonfierà così la lingua, ferita, perché il diavolo ci aiuta a questo perché è il suo lavoro, è il suo mestiere: dividere”.
“Signore – è quindi la preghiera finale del Pontefice – tu hai dato la tua vita, dammi la grazia di pacificare, di riconciliare. Tu hai versato il tuo sangue, ma che non mi importi che si gonfi un po’ la lingua se mi mordo prima di sparlare di altri”.