Un progetto interreligioso con la finalità di prevenire ogni violenza terroristica è stato finanziato in Niger dall’Unione Europea, sotto la gestione della ONG Care International.
Ne sono protagonisti rappresentanti della maggioritaria comunità musulmana e della minoranza cristiana (ulema, pastori e sacerdoti), in un paese da almeno otto mesi lacerato dagli attentati e dagli assalti di Boko Haram.
Al progetto, operativo in tutte le otto regioni amministrative del Niger, stanno partecipando “tutte le tendenze, comprese quelle più radicali. Cristiani e musulmani si confrontano per migliorare la convivenza pacifica, secondo le raccomandazioni della Bibbia e del Corano”, ha spiegato alla France Press Ibrahim Niandou, coordinatore del progetto Rivalorizzazione del vivere insieme.
“Le crisi sono spesso generate da leader religiosi attraverso i loro sermoni infuocati nelle moschee o nelle chiese”, spiega Boubacar Seydou Touré, rappresentante dell’Associazione islamica del Niger.
Da parte sua, il pastore Baradjé Diagou ha spiegato che gli scontri dello scorso gennaio, seguiti alla strage presso la redazione di Charlie Hebdo, a Parigi, “hanno accentuato la necessità di vivere insieme nella coesione. Se noi viviamo ognuno per sé, è molto difficile che possiamo comprenderci”.
“Accettare di ascoltarci per progredire insieme è molto importante”, ha dichiarato Boureima Kimso, presidente dell’Alleanza delle chiese e delle missioni evangeliche del Niger, che ha raccontato di come, dopo le violenze “i cristiani sono avvisati: per poter sopravvivere, sono obbligati a rivedere le proprie posizioni e a nuove condizioni”, guadagnandosi l’aiuto dei musulmani – un tempo ostili – nella ricostruzione delle chiese distrutte.