Prosegue non senza difficoltà il percorso di distensione dei rapporti diplomatici tra la Repubblica islamica dell’Iran e le potenze occidentali. Il Governo degli Stati Uniti ha ottenuto ieri la soglia minima di 34 senatori necessaria per blindare l’accordo sul nucleare iraniano raggiunto dalla Casa Bianca nei mesi scorsi con gli emissari di Teheran. Il presidente Barack Obama ha ora i numeri richiesti dalla Costituzione (34 voti) per sostenere un eventuale veto presidenziale a una legge che cancelli l’intesa.
“Trentaquattro voti sono sufficienti perché il presidente possa porre un eventuale veto. Ma questo non è soddisfacente per noi, vogliamo cercare di andare oltre e continueremo a cercare consensi”. Lo ha detto il segretario di Stato John Kerry, manifestando così l’intenzione del Governo di raggiungere la soglia di 41 voti favorevoli, la quale eviterebbe al presidente Obama di dover porre un eventuale veto che metterebbe in cattiva luce gli Usa con gli alleati internazionali.
Si attende ora il 17 settembre, data in cui il Senato Usa dovrà esprimersi sull’accordo. Intanto dall’altra parte dell’Oceano, in Iran, si invocano gli effetti concreti della fine dell’embargo, stabilita nel luglio scorso durante i colloqui tra Teheran e le sei potenze mondiali definite 5+1 (Stati Uniti, Russia, Francia, Cina, Gran Bretagna, cioè i 5 che hanno diritto di veto all’Onu, più la Germania).
Teheran chiede a Washington il rilascio di 19 cittadini iraniani detenuti negli Stati Uniti per aver violato le sanzioni a carico del Paese asiatico. “Chiediamo al Governo americano e alle sue autorità giudiziarie di porre fine alla detenzione di questi individui”, ha detto la portavoce del ministro degli Esteri, Marzieh Afkham. La quale si è inoltre lamentata del silenzio circa questa situazione da parte degli organismi internazionali per i diritti umani.
Per una controversia che resta aperta, un’altra è stata risolta la settimana scorsa. Teheran e Londra hanno infatti ricucito le relazioni diplomatiche e hanno riaperto le rispettive ambasciate. Quella britannica era stata chiusa nel 2011, dopo le proteste anti-occidentali seguite alla decisione della Gran Bretagna di appoggiare le sanzioni internazionali contro il programma nucleare iraniano. Alla cerimonia di Teheran era presente il segretario di Stato per gli Affari Esteri britannico, Philip Hammond, mentre a quella di Londra ha partecipato il vice-ministro degli Esteri iraniano, Mehdi Danesh Yazdi.