Malgrado sia previsto per oggi l’inizio delle attività scolastiche in Israele, le scuole cristiane lasciano i portoni ancora chiusi. Il motivo è uno sciopero ad oltranza per protestare contro le politiche considerate discriminatorie da parte dello Stato d’Israele nei loro confronti. Negli ultimi anni, infatti, le restrizioni di bilancio imposte da Tel Aviv hanno costretto gli istituti scolastici ad aumentare le tasse a carico delle famiglie, creando così ingenti difficoltà soprattutto nei confronti dei più poveri.
Il negoziato tra Governo e i rappresentanti delle scuole cristiane è nato e morto nel giro di poco tempo, nel giugno scorso. Il Ministero dell’Educazione israeliano aveva proposto agli istituti di diventare scuole statali, ma la proposta era stata categoricamente respinta poiché avrebbe significto “la fine dell’impresa educativa cristiana e un tragico colpo per la presenza cristiana in Terra Santa”. Il Comitato delle Scuole cristiane conferma oggi la sua determinazione e assicura che si fermerà solo dopo aver ottenuto piena soddisfazione delle sue esigenze.
Sono circa 30mila gli studenti, sia cristiani sia musulmani, che ogni anno vengono accolti dalle scuole cristiane. La maggior parte di queste scuole era attiva già prima della costituzione dello Stato d’Israele e ricevono un finanziamento parziale dal Ministero. Il resto dei costi è coperto dalla quota corrisposta dai genitori.