"È’ un momento storico per la società e la Chiesa Calabrese, una grande occasione che ci vede insieme, l’Episcopato calabro e la Commissione antimafia, consapevoli che solo nel riconoscimento delle comuni responsabilità possiamo ridare speranza e futuro alla nostra terra". Così mons. Salvatore Nunnari, presidente della Conferenza Episcopale calabra e amministratore apostolico di Cosenza-Bisignano, durante la conferenza stampa tenutasi il 22 giugno presso l’Oasi Bartolomea di Lamezia Terme, al termine dell’incontro tra i presuli e la Commissione parlamentare Antimafia, presieduta dall'on. Rosy Bindi, che, presente all'incontro, ha fatto eco all’arcivescovo. "Quello di oggi - ha detto - è un momento in cui la Chiesa calabrese e le istituzioni dialogano insieme per capire meglio il fenomeno della ‘ndrangheta, le cause e i modi per combatterla. Occorre combattere insieme la ‘ndrangheta per restituire alla terra di Calabria una prospettiva di futuro negata".
Nel corso della conferenza, mons. Nunnari ha evidenziato come la Chiesa calabrese combatta da sempre il fenomeno della ‘ndrangheta e cerchi di recidere il legame presente tra i clan e la loro convinzione di religiosità: "La ‘ndrangheta è il grande male della Calabria e gli uomini della mafia non hanno nulla a che fare con il Vangelo. I mafiosi sono l’anti-Vangelo e l’anti-Chiesa. Possono anche partecipare a processioni o far finta di ricercare nella Chiesa una legittimazione morale e sociale, ma gli uomini di mafia sono fuori dalla comunione ecclesiale perché loro stessi si sono messi fuori con i loro comportamenti".
Parole, quelle di mons. Nunnari, che richiamano il severo attacco di papa Francesco ai mafiosi, pronunciato durante la Messa del viaggio pastorale a Cassano all'Ionio il 21 giugno 2014: "La ’ndrangheta è adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato! Bisogna dirgli di no! […] Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!", aveva detto il Pontefice in quell'occasione.
Mons. Nunnari, riferendosi anche al documento pastorale della Conferenza Episcopale Calabra, Testimoniare la verità del Vangelo, ha aggiunto: "La Chiesa non chiude le porte a nessuno e nella nota dei vescovi calabresi abbiamo rinnovato l’invito alla conversione, alla possibilità di cambiare vita: tutti possono ritornare nella Chiesa con un radicale cambiamento di vita, ma serve chiarezza, l’amore va coniugato con la verità, la misericordia con la giustizia".
Il presidente della Conferenza Episcopale calabra ha inoltre ricordato come la Chiesa locale abbia introdotto un percorso formativo all’interno dei seminari calabresi per far conoscere meglio ai futuri sacerdoti la ‘ndrangheta e le modalità pastorali per combatterla mediante la formazione delle coscienze.
Apprezzando l’insegnamento per la conoscenza del fenomeno mafioso e del come combatterlo, la Bindi ha affermato che la Commissione ha già pensato "alla introduzione nella riforma della scuola di una nuova materia per far conoscere agli studenti la storia delle mafie nel nostro Paese". Un modello, che secondo l’onorevole, "costituisce un confronto franco, aperto, un modello da riprendere anche in altre regioni".
Durante l'incontro sono stati poi richiamati gli sforzi attuati dalla Chiesa calabrese per la lotta alla mafia, di cui grande esempio è stato mons. Giancarlo Bregantini, oggi arcivescovo di Campobasso-Boiano, ma fino al 2007 vescovo di Locri-Gerace, territorio in cui si è adoperato con moltissimi giovani a riutilizzare campi sequestrati alla mafia con attività per la produzione di agrumi. Oanche don Giacomo Panizza, che a Lamezia Terme ha dato vita alla Progetto Sud, una comunità con sede presso uno stabilimento sequestrato ad un clan locale.
Sulla scia di questi due esempi, mons. Nunnari ha rivolto un appello allo Stato: "Chiediamo che lo Stato sia presente in Calabria per combattere l’antistato, che si rilanciano politiche di sviluppo e di occupazione, che sia introdotta anche nelle scuole italiane anche un’adeguata formazione sulle mafie". E anche Rosy Bindi, al termine della conferenza, ha rimarcato: "Le mafie trovano grandi vantaggi nell’assenza dello stato in territori come la Calabria, ma questo non può rappresentare una giustificazione. Le mafie ch qui esercitano la violenza, con il pizzo, reclutando manovalanza, poi investono i profitti al Nord e rendono il Sud sempre più povero e fragile".
"La corruzione e la mafia – ha concluso– rendono il Mezzogiorno sempre più subalterno: per questo chiediamo al governo un impegno incisivo di politiche nazionali per lo sviluppo e l’occupazione in Calabria e in tutto il Mezzogiorno".