“In un mondo in cui la diversità è vista come una minaccia, il nostro stare insieme in amicizia e pace è un segno di apertura reciproca e di impegno per la fraternità umana”. Le parole del cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, ben sintetizzano il significato del convegno buddista-cattolico apertosi oggi, martedì 23 giugno a Castel Gandolfo, sul tema “Sofferenza, liberazione e fraternità”.
By Eröffnung_des_Zentrums_für_Interreligiösen_und_Interkulturellen_Dialog_(8231421505).jpg: Dragan Taticderivative work: Gugganij [CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], via Wikimedia Commons
Tauran: "Dialogo buddista-cattolico, parte della ricerca per cogliere il mistero della vita"
Il cardinale partecipa al convegno buddista-cattolico organizzato dai Focolari, al via oggi, a Castel Gandolfo, sui temi di sofferenza, liberazione e fraternità
Come spiega L’Osservatore Romano, l’incontro è stato organizzato dal movimento dei Focolari in collaborazione con il Dicastero vaticano e la commissione per l’ecumenismo e il dialogo della Conferenza Episcopale statunitense, e si concluderà sabato 27 giugno. Ad esso partecipano una cinquantina di delegati provenienti da cinque tra le più importanti città statunitensi – New York City, Chicago, San Francisco, Los Angeles, e Washington – che rappresentano le comunità cattoliche e buddiste di varie tradizioni (srilankese, thailandese, cambogiana, vietnamita, tibetana, cinese, zen, della Terra pura e le più recenti Won e Rissho Kosei-kai).
Nel suo intervento introduttivo, paragonando il dialogo tra le due realtà a un pellegrinaggio interiore, il cardinale Tauran ha preso spunto della dichiarazione conciliare Nostra aetate — di cui ricorre il 50° anniversario — per ricordare che nel “buddismo, secondo le sue varie scuole, si insegna una via per la quale gli uomini, con cuore devoto e confidente, siano capaci di pervenire allo stato di illuminazione suprema per mezzo dei propri sforzi o con l’aiuto venuto dall’alto” (Naum, 2).
Insomma, “siamo tutti pellegrini”, ha affermato il cardinale, e il dialogo buddista-cattolico è “una parte della comune ricerca in corso per cogliere il mistero della vita e le verità ultime”. Ecco allora che se ogni dialogo è un pellegrinaggio interiore, occorrono tre presupposti per arrivare alla meta.
Il primo, ha spiegato il presidente del dicastero vaticano, è “superare i pregiudizi, le ferite, le paure, al fine di ascoltare il proprio cuore e quello dell’altro”. Il secondo è “l’attraversamento delle frontiere”, cioè dei “confini, etnici, religiosi, linguistici e culturali, per conoscere, capire e rispettare l’altro”, in modo da trasformare “l’ignoranza in conoscenza, un estraneo in un amico, l’ostilità per l’ospitalità e la divergenza in convergenza”. Il terzo è il “ritorno a casa”, cambiati dall’esperienza vissuta.
Infatti, ha concluso Tauran, nel mezzo delle tante sfide poste dalla società globalizzata, “la cooperazione interreligiosa sulla base dei valori» condivisi tra cattolici e buddisti è «in grado di risolvere questioni di interesse comune e di aprire la strada per una vera fraternità”. Di qui l’auspicio “che questi cinque giorni di preghiera, di ascolto, di riflessioni e di discussione” siano davvero un’occasione propizia per “promuovere una maggiore comprensione e cooperazione tra noi per il bene della famiglia umana”.