Si parla già di aperture della Chiesa e di strappi alla tradizione per il prossimo Sinodo di ottobre 2015, laddove in realtà non si è nemmeno ad una fase preliminare. L’Instrumentum laboris pubblicato oggi non è altro, infatti, che la presentazione del materiale che i vescovi del mondo troveranno sui tavolini dell’Aula nuova del Sinodo e su cui avranno da discutere per tre settimane. Poi ci sarà una Relatio Synodi (quest’anno non è prevista infatti una Relatio post disceptationem) da consegnare nelle mani del Santo Padre, il quale suggellerà il tutto con una Esortazione apostolica post-Sinodale.
Quindi, il cammino è ancora lungo, sebbene già ben strutturato, come hanno evidenziato nella conferenza stampa di presentazione dell’Instrumentum i tre relatori: il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei Vescovi, il card. Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest, relatore generale dell’Assemblea, e mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, segretario speciale della XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo.
Baldisseri, in particolare, ha evidenziato come nel documento confluiscano “in modo affidabile la percezione e le attese della Chiesa intera sul tema cruciale della famiglia”. “Da tutte le latitudini, infatti, stanno rispondendo alle sollecitazioni” inviate dopo i Lineamenta: “una sinfonia di voci” che, con “diverse sensibilità culturali e geografiche”, esprimono “la ricchezza delle esperienze ecclesiali presenti nel mondo”, ha evidenziato il porporato.
Ha quindi illustrato le modalità di lavoro dell’assise autunnale, che quest’anno seguiranno una linea più “dinamica”, senza soffermarsi troppo sugli interventi “dei singoli membri”, come richiesto dagli stessi Padri sinodali, ma dando piuttosto maggior spazio ai Circoli Minori, “distribuiti nel tempo e non tutti insieme”, in modo da mantenere fermo “il principio dell’ordine tematico”. Le tre settimane saranno quindi divise in aree tematiche, secondo le parti dell’Instrumentum Laboris. La prima settimana tratterà quindi L’ascolto delle sfide sulla famiglia (I parte), la seconda Il discernimento della vocazione familiare (II parte), la terza La missione della famiglia oggi (III parte). In mezzo, esattamente il 17 ottobre, si terrà anche un evento speciale per ricordare i 50 anni del primo Sinodo voluto il 15 settembre 1965 dal Beato Paolo VI.
Baldisseri ha poi offerto delucidazioni riguardo all’informazione durante i lavori, fonte di polemiche lo scorso anno per la scarsa organizzazione e trasparenza. Desiderio del Papa era che ognuno dei Padri potesse esprimersi in totale libertà, per questo aveva deciso che l’assemblea si svolgesse a porte chiuse. Quest’anno il discorso non cambia, anche perché – ha rimarcato il porporato – “il Sinodo non è un parlamento”, bensì “uno spazio in cui possa agire lo Spirito Santo”. Quindi l’invito alla “parresia” per i Padri sinodali è valido come l’anno scorso. Essi, inoltre, “saranno liberi di comunicare con i media a loro discrezione e responsabilità”. Intanto la Sala Stampa curerà, come di consueto, la comunicazione ufficiale dell’evento.
A proposito di comunicazione, come nell’ottobre scorso, anche in questo secondo appuntamento l’attenzione dei media sembra essere catturata dalle presunte ‘aperture’ come comunione a divorziati risposati o riconoscimento di coppie dello stesso sesso. Specie alla luce delle indicazioni dell’Instrumentum laboris che indicano come via maestra “l’accompagnamento”, “l’accoglienza”, la “misericordia”, anche in vista del prossimo Giubileo, alla gente ferita o che vive situazioni anomale.
Ad esempio, il documento raccomanda “un’opportuna attenzione pastorale all’accompagnamento delle famiglie in cui vivono persone con tendenza omosessuale, senza condividere il cosiddetto matrimonio gay”. “Come è possibile?”, domandavano alcuni giornalisti in sala. “Attenzione pastorale e riconoscimento del matrimonio gay sono due cose diverse”, ha chiarito il cardinale Erdő, evidenziando che ciò risulta anche dalla precedente Relatio Synodi, dove in proposito si riporta un brano che rimanda ai “documenti precedenti della Chiesa cattolica”.
Più specifico mons. Forte che è entrato nel merito della questione ribadendo che per la Chiesa “è certamente un punto fermo, che fa parte della Dottrina della Chiesa, intendere il matrimonio intendiamo quello fra un uomo e una donna, aperto alla procreazione”. Anche l’articolo 29, comma 1, della Costituzione italiana – ha ricordato il vescovo – afferma “che la famiglia è un’unione fra un uomo e una donna, aperta alla procreazione”.
Questo, però, “non significa che io non possa rispettare e accogliere una persona omosessuale”, ha chiarito, anche perché “ogni persona, qualsasi sia la sua tendenza sessuale, deve sentirsi amata da Dio”. “Sono due cose distinte”, dunque: da una parte “una realtà che è la famiglia”; dall’altra “una sfida pastorale”, che è anche “un valore”. Ovvero fare di tutto perché “nessuno possa sentirsi rifiutato, giudicato, emarginato, ma possibilmente accompagnato e integrato nella vita della comunità”.
In questo quadro di accoglienza – ha aggiunto il presule – “si può capire quanto una persona si possa sentire psicologicamente accolta e valorizzata. Se in partenza la persona non si sente accolta, come è possibile fare altri approfondimenti”.