Non era mai accaduto nella storia che un Pontefice varcasse la soglia di un Tempio valdese. L’evento è avvenuto oggi a Torino, dove il Papa ha aperto la sua seconda giornata con la visita nella chiesa di corso Vittorio Emanuele II. Una delle tappe più importanti del viaggio in Piemonte, che ha rappresentato la rottura “di un muro alzato otto secoli fa, quando la nostra chiesa fu accusata di eresia e scomunicata dalla Chiesa romana”.
A rammentarlo con queste parole è stato il moderatore della Tavola Valdese, il pastore Eugenio Bernardini, che insieme al titolare della chiesa di Torino, il pastore Paolo Ribet, e al presidente del Concistoro, Sergio Velluto, hanno salutato Francesco stamane alle 9, sulle note di un canto in spagnolo, Cada cosa en la vida.
Anche il Papa si è associato al ricordo di quegli eventi dolorosi, iniziati intorno al 1208 su ordine di Papa Innocenzo III, e – come già a Caserta con la comunità evangelica – ha chiesto “perdono”. A nome della Chiesa cattolica, in nome di Gesù Cristo. Perdono per tutti “gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani, persino non umani che, nella storia, abbiamo avuto contro di voi. Perdonateci!”.
Una mano tesa, quindi, dal Santo Padre verso questa comunità che lo ha accolto “con gioia, come un nuovo fratello nel nostro percorso”, come ha sottolineato Ribet nel suo indirizzo di saluto. “Vogliamo leggere la sua visita proprio in questa dimensione di fratellanza. Viviamo un’esperienza incoraggiante e spero anticipatrice di ulteriori esperienze ecumeniche anche a Torino”, ha aggiunto. Invito rilanciato dal moderatore della chiesa valdese rioplatense di Uruguay e Argentina che ha detto: “Sarebbe bello poter organizzare un evento simile. Papa Francesco, si consideri invitato sin da ora…”.
Da parte sua, Bergoglio ha ricordato gli incontri “con gli amici della Chiesa Evangelica Valdese del Rio della Plata, di cui – ha detto – ho potuto apprezzare la spiritualità e la fede, e imparare tante cose buone”. Una di queste, proprio “la riscoperta della fraternità che unisce tutti coloro che credono in Gesù Cristo e sono stati battezzati nel suo nome”.
“La riscoperta di tale fraternità – ha proseguito – ci consente di cogliere il profondo legame che già ci unisce, malgrado le nostre differenze”. Legame che “non è basato su criteri semplicemente umani, ma sulla radicale condivisione dell’esperienza fondante della vita cristiana: l’incontro con l’amore di Dio che si rivela a noi in Gesù Cristo”.
In ogni caso, ha voluto precisare il Pontefice, “si tratta di una comunione ancora in cammino”, perché la stessa unità “si fa in cammino”. Un modo per rispondere implicitamente al pastore Bernardini che, nel suo intervento, chiedeva di superare il veto che impedisce a cattolici e protestanti di vivere l’Eucarestia insieme durante il culto. “Ciò che unisce i cristiani raccolti intorno alla mensa di Gesù sono il pane e il vino che Egli ci offre e le sue parole, non le nostre interpretazioni che non fanno parte dell’evangelo. Sarebbe bello che in vista del 2017 le nostre chiese affrontassero insieme questo tema”, ha auspicato il pastore.
Ma il Papa ha esortato alla pazienza, a intraprendere un cammino, lento, per passi e non per salti, in modo da guadagnarsi “una comunione che, con la preghiera, con la continua conversione personale e comunitaria e con l’aiuto dei teologi, noi speriamo, fiduciosi nell’azione dello Spirito Santo, possa diventare piena e visibile comunione nella verità e nella carità”.
“L’unità che è frutto dello spirito santo non significa uniformità”, ha spiegato infatti Francesco. “I fratelli infatti sono accomunati da una stessa origine ma non sono identici tra di loro”. Accadeva anche nelle comunità cristiane primitive. Come allora, purtroppo, anche oggi accade “che i fratelli non accettino la loro diversità e finiscano per farsi la guerra l’uno contro l’altro”. E “riflettendo sulla storia delle nostre relazioni – ha evidenziato il Papa – non possiamo che rattristarci di fronte alle contese e alle violenze commesse in nome della propria fede”. Il Signore conceda pertanto “la grazia di riconoscerci tutti peccatori e di saperci perdonare gli uni gli altri”.
Bergoglio, tuttavia, si dice grato nel constatare che “le relazioni tra cattolici e valdesi oggi sono sempre più fondate sul mutuo rispetto e sulla carità fraterna”. Lo dimostrano le numerose occasioni verificatesi di recente, “che hanno contribuito a rendere più saldi tali rapporti”. La collaborazione per la pubblicazione in italiano di una traduzione interconfessionale della Bibbia, ad esempio, o le intese pastorali per la celebrazione del matrimonio e l’appello congiunto contro la violenza sulle donne.
Senza dimenticare lo scambio ecumenico di doni compiuto per Pasqua dalla Chiesa valdese di Pinerolo che ha offerto ai cattolici il vino per la celebrazione della Veglia. Dono ricambiato dalla diocesi cattolica con il pane per la Santa Cena della Domenica di Pasqua. “Si tratta di un gesto fra le due Chiese che va ben oltre la semplice cortesia e che fa pregustare, per certi versi quell’unità della mensa eucaristica alla quale aneliamo”, ha osservato il Pontefice.
Incoraggiati da questi passi, ha quindi soggiunto, “siamo chiamati a continuare a camminare insieme”, magari sfruttando quegli ambiti dove questa comunione si rende necessaria: l’evangelizzazione o il servizio all’umanità che soffre, ai poveri, agli ammalati, ai migranti. In particolare, la questione dei migranti richiede un impegno comune.
“La scelta dei poveri, degli ultimi, di coloro che la società esclude, ci avvicina al cuore stesso di Dio, che si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà e, di conseguenza, ci avvicina di più gli uni agli altri”, ha affermato Francesco, chiedendo che “le differenze su importanti questioni antropologiche ed etiche, che continuano ad esistere tra cattolici e valdesi, non ci impediscano di trovare forme di collaborazione in questi ed altri campi”. “Se camminiamo insieme, il Signore ci aiuta a vivere quella comunione che precede ogni contrasto”, ha assicurato.
Rimarcando ancora l’appello a guardare “prima di tutto la grandezza della nostra fede comune” e, solo dopo, “le divergenze che ancora sussistono”, il Papa ha recitato il Padre Nostro insieme al pastore Ribet. Poi si è trasferito nel salone attiguo per incontrare una Delegazione di ospiti della Tavola Valdese.