Scola tra i rifugiati iracheni: "L'Occidente intervenga. Non resisteranno ancora molto"

Dopo la tappa in Libano, l’arcivescovo di Milano si è recato nel campo-profughi di Erbil, dove ha portato 110mila euro, raccolti tramite Caritas Ambrosiana 

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Prosegue la visita del cardinale Angelo Scola in Medio Oriente. Dopo la tappa in Libano, al Sinodo della Chiesa maronita, l’arcivescovo di Milano si è trasferito in Iraq per visitare il campo profughi di Erbil, nel Kurdistan iracheno, che attualmente accoglie circa 125mila cristiani costretti a fuggire dai loro villaggi nella piana di Ninive, per non cadere nelle violente mani dei miliziani dello Stato Islamico.

Accompagnato dal patriarca di Babilonia dei caldei Louis Raphael I Sako e dal patriarca maronita Béchara Boutros, Scola ha fatto visita ai diversi container di circa 5 metri per 2 che accolgono due famiglie con bambini. Tra questi, alcuni sono adibiti a dispensario medico e a laboratorio di analisi. “Tutti qui lavorano gratis ma servono 50mila dollari al mese per sostenere le spese”, ha raccontato al cardinale il medico che dirige il piccolo centro, spiegando che sono circa 1500 i malati cronici in cura. “Non so fino a quando riusciremo a tenerlo aperto, abbiamo soldi solo fino a luglio”. 

La chiesa locale, il governo del Kurdistan iracheno, la comunità internazionale, la rete della Caritas e di tante associazioni umanitarie hanno inviato qui ad Erbil decine di milioni di dollari in aiuti. Lo stesso Scola ha portato con sé 110mila euro, raccolti tramite Caritas Ambrosiana, che già in precedenza aveva donato 145mila euro.

Ma il denaro, a Erbil, non è l’unico problema. C’è anche il fatto che tutti i bambini residenti nel campo da ormai un anno non frequentano più la scuola e, come ha spiegato il porporato, “c’è il rischio che i più giovani scappino all’estero”. Questa, “sarebbe una grave perdita per il Paese, per la comunità cristiana e per la Chiesa intera”.

“Ho visto bambini senza un braccio, persone che portano i segni delle ferite da bombe, famiglie che hanno avuto dei morti a causa delle persecuzione, tutti portano il dolore per essere stati costretti a lasciare la propria casa, sradicati dalla propria terra”, ha poi riferito il cardinale. Queste persone, ha aggiunto, “non hanno lavoro, una vera abitazione: al momento per loro, nella condizione in cui sono, non vedo futuro”.

L’arcivescovo di Milano ha rimarcato quindi la necessità che “l’Occidente intervenga in fretta per aiutarli. O il futuro lo cercheranno bussando alle porte dell’Europa”. “Occorre – ha detto Scola – che la politica internazionale prenda delle decisioni, che l’Occidente dichiari la reale volontà di fermare Isis, altrimenti la gente perderà la speranza, non possono resistere ancora molto”.

In gioco, infatti, ci sono i diritti fondamentali di queste persone: “Occorre che gli Stati garantiscano il rispetto dei diritti fondamentali di ciascuno. Diritti che vengono prima della religione che ciascuno professa”. “La cittadinanza – ha concluso il cardinale – deve essere riconosciuta come tale, come base di uguaglianza effettiva. I cristiani curdi, nemmeno sulla carta hanno gli stessi diritti degli altri cittadini musulmani. Per questo impegno le chiese devono fare di più; io stesso, personalmente, voglio fare di più”.

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ZENIT Staff

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