Pope Francis during the audience to the Plenary Assembly of the Catholic Biblical Federation (FEBIC)

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"Fate di tutto per aiutare diaconi, sacerdoti e vescovi a dare la Parola di Dio nelle omelie"

Il discorso a braccio rivolto ieri dal Papa ai partecipanti alla X Assemblea plenaria della Federazione Biblica Cattolica 

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Quando una Chiesa si chiude in sé stessa e dimentica di annunciare il Vangelo, “invecchia, si ammala e muore”. Così Francesco ha accolto ieri mattina i partecipanti alla X Assemblea plenaria della Federazione Biblica Cattolica (FEBIC), ricevuti in udienza nella Sala del Concistoro.
 
Dopo il saluto del neo presidente, il cardinale Luis Antonio Tagle, il Papa ha rivolto ai presenti un discorso a braccio, consegnando poi al porporato il testo del discorso precedentemente preparato per l’incontro. Proprio Tagle è il responsabile del cambio di programma del Pontefice: “Ringrazio per le sue parole il cardinale, che mi ha spostato un po’ da quello che era preparato…”, ha detto Bergoglio, “sono le sorprese di Dio, che ci aiutano a renderci conto che tutti i nostri piani, tutti i nostri pensieri e tante cose, davanti alla Parola viva di Dio, alla Parola vivente, del Dio Vivente, cadono. Cadono, crollano”. 
 
Poi, a braccio, il Papa ha aggiunto: “Quando una Chiesa si chiude in sé stessa e si dimentica che è stata mandata, che è stata inviata per annunciare il Vangelo, cioè la Buona Novella, per muovere i cuori col Kerygma – il cardinale ha detto bene – invecchia. Un’altra cosa ha detto il cardinale: si indebolisce. E anch’io ne aggiungo due: si ammala e muore”. E “ci sono due modi, due maniere di morire”, ha spiegato il Santo Padre: “O morire chiusi in sé stessi o morire dando la vita in testimonianza. E una Chiesa che ha il coraggio – la parresia – per portare avanti la Parola di Dio e non si vergogna è sulla strada del martirio”.
 
Il Pontefice ha quindi richiamato la prima lettura della Messa di ieri (2 Cor 11,21), in cui Paolo “raccontava le cose che lui aveva patito, in quella prospettiva del ‘vantarsi’”: “’Quest’uomo [san Paolo] – ha spiegato – se fosse rimasto lì, in una delle chiese – come quella di Corinto – e solo in quella, non avrebbe sofferto tutto quello che dice. Perché? Perché era un uomo in uscita. Quando vedeva che le cose andavano bene, imponeva le mani ad un altro e se ne andava. È un modello”.
 
Un modello di “una Chiesa in uscita, una Chiesa ‘martiriale’”, ha detto il Pontefice, “una Chiesa che va per strada, che va in cammino. E succede quello che può succedere ad ogni persona che va per strada: un incidente… Ma io – ha ribadito – preferisco una Chiesa ferita in un incidente, che una Chiesa ammalata, nella chiusura di sé stessa. Con quella parresia e quella hypomone; quella pazienza che è portare sulle spalle le situazioni, ma anche la tenerezza di portare sulle spalle i fedeli feriti, che le sono stati consegnati”. Insomma “una Chiesa pastorale”, con “soltanto la Parola di Dio e, accanto alla Parola, l’Eucaristia”, dove “i fratelli si riuniscono per lodare il Signore proprio con la debolezza del pane e del vino, del Corpo del Signore, del Sangue del Signore”.
 
“La Parola di Dio non è una cosa che ci rende la vita facile”, ha poi aggiunto Papa Bergoglio, “no, no. Ci mette sempre in difficoltà! Se uno la porta con sincerità, essa lo mette in difficoltà, lo mette in imbarazzo tante volte. Ma bisogna dire la verità, con tenerezza, con quel portare sulle spalle le situazioni, le persone. Lo si può intendere come un rispetto fraterno che sa ‘accarezzare’”.  
 
Prima di concludere, il Papa ha poi voluto fare un piccolo excursus per risolvere “una delle cose che mi preoccupano tanto”, ovvero “l’annuncio funzionale della Parola di Dio nelle omelie”. “Per favore – ha detto ai presenti – fate di tutto per aiutare i vostri fratelli – diaconi, sacerdoti e vescovi – a dare la Parola di Dio nelle omelie, che arrivi al cuore”.
 
“Un pensiero, un’immagine, un sentimento è arrivato, ma che arrivi la Parola di Dio!”, ha proseguito, “tanti sono capaci, ma sbagliano e fanno una bella conferenza, una bella dissertazione, una bella scuola di teologia… La Parola di Dio è un sacramentale! Per Lutero è un sacramento, che agisce quasi ex opere operato. Poi la corrente è un po’ quella tridentina, è quella dell’ex opere operantis; e poi i teologi hanno travato che la Parola di Dio è in mezzo: parte ex opere operato, parte ex opere operantis. È un sacramentale. I discorsi non sono sacramentali, sono discorsi che fanno bene. Ma che nelle omelie ci sia la Parola di Dio, perché tocca il cuore!”. 

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ZENIT Staff

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