La via pulchritudinis nella poesia

Nei versi di Rosario Giuffrè e Sergio Zavoli i nuovi segni di una rinascente poetica della fede

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Rodolfo Papa ha pubblicato recentemente su ZENIT un articolo intitolato Il futuro dell’arte cristiana, nel quale sviluppa un’approfondita riflessione sulla condizione dell’arte – ed in particolare dell’arte cristiana – nell’era moderna e post-moderna.

Il Sistema d’Arte Cristiano – egli afferma – è “aggredito e abbandonato in maniera sistematica” perché “l’uomo, nel fondare la modernità, si pone in una posizione atea e, rifiutando Dio, ipotizza un nuovo mondo capace di salvezza con la sola forza del progresso”. Ne consegue che “l’arte sacra cristiana non è più attraente perché parla di Dio”. Un pregiudizio – spiega Papa – che si riflette anche nello “strano percorso che compiono i manuali di storia dell’arte: giunti alle soglie del XVIII secolo, si impennano in una iperbole spasmodica tutta tesa a elogiare la rivoluzione, l’originalità e la discontinuità, come valori assoluti nella ricerca artistica”.

Ma oggi la modernità è profondamente in crisi, né sono in grado di porgerle soccorso le fragili teorie del cosiddetto “postmodernismo”. I suoi presupposti ideologici hanno fallito sia nella costruzione del progresso (“sviluppo senza progresso” è una formula assai nota per definire la situazione attuale), sia nella creazione di una ipotetica felicità in terra che possa sostituirsi alla presenza di Dio.

Di fronte a questo stato di cose, che ha ormai assunto un’evidenza incontrovertibile, Rodolfo Papa giunge alla conclusione che l’arte tornerà a dare “fiori e frutti bellissimi quando si riprenderà a costruire la nuova città di Dio e ci saremo lasciati alle spalle le macerie della città degli atei”. Nel frattempo, il compito della comunità cristiana è quello di “accogliere e coltivare le tante piccole piantine che qua e là spontaneamente stanno nascendo”.

Giova sottolineare che Rodolfo Papa, oltre ad essere docente di Storia delle teorie estetiche presso l’Università Urbaniana, è egli stesso un artista di valore (assai apprezzata la sua recente retrospettiva di 32 dipinti, esposti all’Università Europea di Roma nel corso del Convegno internazionale Fiat Lux), e questo gli consente di cogliere l’elemento di sintesi fra la dimensione razionale e quella intuitiva, entrambe presenti nelle espressioni d’arte.

Ci siamo chiesti se le riflessioni di Rodolfo Papa, che riguardano il fenomeno della creazione artistica, possano applicarsi anche all’ambito specifico della poesia. E la risposta è affermativa. Guardando al secolo appena trascorso, possiamo rilevare che la poetica della fede, nonostante il trionfo della secolarizzazione, non ha mai perso il proprio filo conduttore. Possiamo rintracciarne la radice profonda nell’opera di letterati come Paul Claudel, Cristina Campo, Clemente Rebora. La prossimità fra la ricerca poetica e quella spirituale si ripropone sempre, anche quando non venga esplicitamente teorizzata. Perché la fede rappresenta spesso un percorso tormentato, che può trovare nell’espressione artistica il suo momento catalizzatore.

Crediamo che questa prossimità sia presente anche oggi, e che il consiglio di Rodolfo Papa (quello di accogliere e coltivare le tante “piantine” che qua e là stanno nascendo) debba essere seguito con attenzione. Per individuare le esperienze in corso che rivelano un dialogo fecondo tra fede e cultura. La rubrica di poesia di ZENIT deve servire anche a questo.

In tale prospettiva, proponiamo ai nostri lettori due poeti da noi molti apprezzati. Due personalità della cultura che hanno scoperto la loro personalissima vena poetica soltanto in età matura. Un architetto di fama, Rosario Giuffrè, membro della Commissione Diocesana per l’Arte Sacra, e un giornalista e scrittore assai noto al grande pubblico: Sergio Zavoli. Nella convinzione che le loro opere siano altamente rappresentative della via pulchritudinis indicata da Papa Francesco nella Evangelii Gaudium. Espressioni di bellezza che contengono “nuovi segni”, “nuovi simboli” e “nuova carne per la trasmissione della Parola”.

CHE NEBBIA

di Rosario Giuffrè

Che nebbia
sapere le stelle
ignote
la luce
degli uomini
fa buio
nero
come la notte
di Hegel,

foschia
pensieri
pensati
sciacquati
in petrolio
ideologico,

perduti
nella fiamma
alta sui camini
delle case illuminate
per altri,

dialoghi
simboli correnti
senza voci
di parole,

corpi
accostati
non fusi
traversine ferroviarie
ai margini
tante

binari paralleli
senza scambi
omofobici
soggetti,
stazioni
solitarie ferme
senza treni
in attesa
in partenza
neppure.

Dolori
irragionevoli
come loghi
senza linguaggio
sogni
non realtà
strappati
da tagli
di convenienza.

Eppure le stelle
sono

guardano
questo mondo
che gira
e
non lo sa,

come Cristo
saputo
non conosciuto
da noi,

nella polvere
dei pensieri
affogati
nel Lete.

*

DOVE UN CIGLIO DI SOLE

di Sergio Zavoli

Dove un ciglio di sole
passa appena, chi tenderà l’orecchio
all’inaudita voce che pronunzia la lode
innominata, chi ascolterà il magnificat,
un grido senza gola, uscito dal silenzio?
Perché se tutto è altrove,
vogliamo qui la prova?

***

I poeti interessati a pubblicare le loro opere nella rubrica di poesia di ZENIT, possono inviare i testi all’indirizzo email: poesia@zenit.org

I testi dovranno essere accompagnati dai dati personali dell’autore (nome, cognome, data di nascita, città di residenza) e da una breve nota biografica.

Le opere da pubblicare saranno scelte a cura della Redazione, privilegiando la qualità espressiva e la coerenza con la linea editoriale della testata.

Inviando le loro opere alla Redazione di ZENIT, gli autori acconsentono implicitamente alla pubblicazione sulla testata senza nulla a pretendere a titolo di diritto d’autore.

Qualora i componimenti poetici fossero troppo lunghi per l’integrale pubblicazione, ZENIT si riserva di pubblicarne un estratto.

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Massimo Nardi

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