In un mondo sempre più complesso, i media – ed in particolare i media cattolici – hanno una responsabilità enorme: sviluppare le possibilità comunicative che stiamo ancora esplorando, trasmettere la buona notizia e fornire una lettura cristiana del mondo.
I contenuti di questo cambiamento epocale sono stati affrontati nella tavola rotonda A metà del guado. Rapporto carta stampata e l’edizione on line, quale direzione?, che ha aperto oggi pomeriggio i lavori della seconda edizione del convegno Pellegrini nel cyberspazio, in corso a Grottammare fino a sabato.
Dopo i saluti del vescovo di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto, monsignor Carlo Bresciani, e del sindaco di Grottammare, Enrico Piergallini, è iniziata la tavola rotonda, moderata dal direttore di ZENIT, Antonio Gaspari.
Nel corso di un botta-e-risposta con il moderatore e poi con il pubblico hanno espresso il proprio pensiero in materia, i giornalisti Andrea Tornielli e Andrea Melodia, e il cardinale arcivescovo di Ancona-Osimo, Edoardo Menichelli.
Vaticanista da 23 anni, oggi alla Stampa, Andrea Tornielli, ha individuato due chiavi per un vero giornalismo ‘cristiano’ ma non clericale. “Per me comunicare Dio significa innanzitutto comunicare la realtà e lasciarsi ferire dalla realtà stessa”, ha detto.
“Lasciarsi ferire”, ha spiegato Tornielli, significa saper mettere in discussione non le proprie convinzioni profonde ma le false certezze che crediamo di aver acquisito, lasciandosi alle spalle sia l’“autoreferenzialità”, sia le “semplificazioni” eccessive.
Il vero dilemma non è tanto tra la “buona” o la “cattiva” notizia, quanto nel come “vendere” la notizia, nella “competenza” e nella “autorevolezza” che ci si mette.
Un fenomeno degenerativo dell’informazione odierna, secondo Tornielli, è che “tutto congiura contro la specializzazione” e i giornalisti sono sempre meno indirizzati ad approfondire campi specifici di competenza. Il futuro, al contrario, è proprio nella specializzazione, che però, ha precisato il vaticanista della Stampa non significa un’informazione elitaria o, peggio ancora, dal linguaggio incomprensibile.
Il paradosso del giornalismo di oggi è nell’affermarsi di un’informazione in tempo reale, accompagnata però dalla perdita della “capacità di osservazione”.
Il futuro, comunque, a lungo andare, vedrà l’arretramento delle “corazzate generaliste”, che perderanno mercato a favore di “realtà medio-piccole che offriranno un’informazione autorevole”, ha poi concluso Tornielli.
Secondo il presidente dell’Unione Cattolica della Stampa Italiana (UCSI), Andrea Melodia, il web ridimensionerà notevolmente questioni come il “copyright”; inoltre, più che la notizia in sé, la rete valorizza il “rapporto diretto con i lettori”, seguendo un processo da cui non è esclusa nemmeno la stampa cattolica locale.
Secondo Melodia, svolgere cristianamente la professione giornalistica non significa trattare prevalentemente, in un’ottica clericale, notizie che parlino di chiesa, papi o vescovi ma saper “raccontare il mondo, guardando “più in alto”, diffondere buone o anche cattive notizie ma sempre lasciando intendere che c’è una realtà positiva che le trascende sempre.
Da parte sua il cardinale Menichelli ha osservato: “Se vogliamo raccontare le cose di Dio, dobbiamo essere capaci di viverlo e imitarlo”. Secondo il porporato, il mondo dell’informazione non deve perdere la propria valenza educativa, nel senso in cui, chi usa un mezzo di comunicazione deve essere istruito a farlo nel modo adeguato: “Se vedete dieci adolescenti tutti insieme, li troverete non a parlare tra di loro ma a mandare messaggi dal proprio telefonino…”, ha detto con amara ironia.
Così come Dio, incarnandosi, esce da sé e va incontro all’uomo, parimenti il giornalista deve andare incontro all’uomo e vincere ogni tentazione di autoreferenzialità.
Ci sono tre res novae che “non sono in sintonia con la Parola di Dio” ed esse sono “la velocità, che ti toglie il pensiero, la tecnologia che toglie la libertà di ragionare, il mercato che ti sottomette a una dimensione quantitativa”, ha affermato l’arcivescovo di Ancona.
In definitiva, ha sintetizzato Menichelli, la vera sfida è imparare a descrivere la “complessità” del nostro tempo, fare da “decoder” ai mezzi che oggi utilizziamo, misurandosi con il messaggio che passano.