Ai tempi dello studio della teologia, l’allora padre Tomáš Špidlík ricordava sovente la storia di un poeta ceco che aveva letto tanti libri sul mare e desiderava immensamente vederlo. Il crescendo di desiderio ebbe una violenta delusione quando quell’uomo per la prima volta è approdato su una spiaggia. Non riusciva a spiegarsi tutta quella esaltazione del mare. È come se tutti gli scrittori si fossero messi d’accordo per illuderlo e deluderlo. Ma ecco che, mentre ritornava sui suoi passi con un carico mesto di malinconia, incrocia dei pescatori che con gioia stavano andando verso il mare. È lì, nei loro occhi e nei loro volti che scopre la vera magia e la poesia del mare.
Questa storia mi è tornata in mente leggendo il libro di padre Bruno Moriconi, Volti del Carmelo. Figure ed esperienze di preghiera. L’analogia non vorrebbe identificarsi con la delusione del poeta – i santi del Carmelo hanno una nota fascinazione universale – ma vorrebbe evocare quel sentire particolare che nasce dal vedere i volti del Carmelo con gli occhi di un carmelitano molto abile a sintetizzare l’essenziale e a far percepire nei frammenti un ricco mosaico.
Il volume parte dalla considerazione delle figure sorgive dell’afflato carmelitano (il Profeta Elia, la vergine Maria e san Giuseppe), sostando poi particolarmente sulla madre e riformatrice del Carmelo, Teresa d’Avila, attraversando in seguito le grandi figure note e meno note di questo giardino fiorito di preghiera e amore che il Signore ha regalato alla Chiesa tra cui Giovanni della Croce, Antonio dell’Ascensione, Lorenzo della Risurrezione, Teresa Margherita Redi, Teresa di Lisieux, Francisco Palau, Elisabetta della Trinità, ecc.
L’autore stesso spiega così l’intento del libro, a partire dal titolo: «mentre il titolo (Volti del Carmelo) indica la cornice dalla quale, di volta in volta, s’affacciano le varie “fisionomie”, il sottotitolo (Figure ed esperienze di preghiera) specifica che, in fondo, a parte qualche minuto particolare, non si tratta che di variazioni sullo stesso tema: quello della preghiera, colto nelle sue varie sfumature e nella sua gradualità. Mancano altri volti e altre esperienze, anche se credo di aver colto le principali. Se, dunque, le modeste pagine che seguono, dovessero aiutare il lettore a entrare anche solo un po’ di più nella “terra del Carmelo”, il mio modesto sforzo sarebbe ampiamente compensato».
Il libro di padre Moriconi va gustato in ogni medaglione che presenta e forse per onorarlo la scelta migliore è offrire un assaggio di uno dei volti meno conosciuti, ma che personalmente amo molto: quello di fra Lorenzo della Risurrezione.
È un volto molto poco conosciuto, anche fra gli stessi carmelitani, ma che offre un condensato e una versione originale e accattivante del carisma carmelitano. Nato al secolo come Nicola Herman, ad Hériménil nel 1614, in Francia, diventa soldato all’età di 18 anni. I tre anni di combattimento vengono epilogati con una scelta di vita ritirato seguita dalla maturazione della vocazione carmelitana.
I 51 anni di vita religiosa a Parigi di fra Lorenzo furono svolti all’insegna del servizio umile in comunità svolgendo le mansioni di cuoco e di calzolaio del convento. «Ed è proprio tra pentole e sandali – spiega Moriconi – che fra Lorenzo vive la sua avventura di santità che ne fa un maestro di vita spirituale. Perfino di persone molto più colte e preparate di lui, che, tuttavia, vengono a imparare, conquistate dalla sua semplice, ma profonda spiritualità. Capace di mantenere il suo raccoglimento abituale, come fu riferito dagli stessi barcaioli, anche tra le botti del battello che lo portava in Borgogna a fare provviste di vino per il convento».
Il cammino di santità di fra Lorenzo viene precisato pian piano attraverso la scoperta della centralità del vivere alla presenza di Dio a prescindere dal luogo e da quello che si sta facendo. L’umile frate è convinto infatti che è possibile essere con il Signore dappertutto: «Godo di Dio tranquillamente nel trambusto della mia cucina, dove a volte più persone insieme mi chiedono cose diverse, come se fossi in ginocchio davanti al Santissimo Sacramento».
L’esercizio fondamentale della sua vita spirituale era quello della presenza al Signore presente. «Contemplare Dio presente nella propria anima, non richiede niente di particolare. Vuol dire, semplicemente, elevare lo spirito a Lui a partire da tutto ciò che si vede o ci capita, nel bene e nel male, nel bello e nel brutto. Le cose visibili diventano un richiamo a quelle invisibili o, meglio ancora, alla presenza invisibile del Dio creatore e salvatore che, attraverso il Figlio, ha promesso di essere con noi tutti i giorni, sino alla fine del mondo».
Il cammino non era sempre in discesa, anche fra Lorenzo aveva le sue difficoltà, le sue distrazioni, ma queste distrazioni non diventavano per lui una tentazione di abbattimento, ma un’occasione per gettarsi sempre più umilmente alla presenza del Signore conscio che «nella via di Dio, i pensieri contano poco. È l’amore a fare tutto».
Il segreto per fra Lorenzo era il non rimandare: «L’importante è cominciare subito e non avere paura di ricominciare sempre, una volta che si fosse sbagliato o si fosse trascurata l’attenzione alla presenza di Dio. Dovunque uno si trovi e qualunque cosa stia facendo, prendere coscienza di questa presenza. A casa sua. Per la strada. Mentre lavora. Prima e dopo ogni incontro. Il segreto sta nel pensare a Dio e nel pensarci spesso. Al mattino. Alla sera, ogni volta che è possibile».
È proprio esercitando la presenza del Signore che la persona impara ad essere alla Sua presenza in tutte le vicende. Gradualmente, l’esercizio diventa abitudine, diventa una seconda natura. La spiritualità di fra Lorenzo è una spiritualità di semplicità ma al contempo di «determinata determinazione». Questa sua determinazione si manifesta in vari episodi della sua vita, tra cui una sula lettera a un giovane chierico che era affascinato dalla sua vita spirituale.
A questo scrive: «Dio illumina coloro che desiderano essere suoi. Se hai questo desiderio nel cuore, puoi venire da me quando vuoi, senza paura di disturbarmi, ma se non hai questo desiderio è inutile che tu ritorni». Parole che si possono applicare a ognuno di noi invitandoci ad accogliere il richiamo del Signore a trasfigurare il nostro volto alla luce della Sua presenza.