Si tratta di un mito inventato per rendere accettabile anche la morte oppure il centro del disegno di Dio per la salvezza di tutta l’umanità?
E se è veramente accaduto, che c’entra con la vita di ognuno?
Può realmente la Risurrezione del crocifisso liberare l’uomo dal male e dalla morte?
A queste ed altre domande sul tema ha cercato di rispondere don Giuseppe Costantino Zito, in un Messaggio per la Pasqua che ha scritto e inviato ai numerosi laici associati all’Azione Cattolica e alla FUCI (Federazione Universitaria Cattolica italiana).
Secondo don Zito con l’annuncio della Risurrezione la Chiesa “non intende affatto comunicare una mera convinzione soggettiva di alcuni” e, ancor meno intende “narrare un mito da dover interpretare come una grande metafora dell’uomo, che non vuole rassegnarsi alla morte!”.
Trattasi in effetti di un fatto, realmente accaduto nella città di Gerusalemme, verificato peraltro da non pochi testimoni oculari.
Il Vangelo racconta che “Dio volle che apparisse a testimoni prescelti, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con Lui dopo la Sua risurrezione dai morti” (At 10, 40-41).
Nel messaggio don Zito sostiene che in questo caso dobbiamo parlare di una “definitiva vittoria di Cristo sulla morte!” che presuppone il passaggio dalla morte alla vita e quindi “ad una vita, che non può più morire! Egli, perciò, è il Vivente per sempre!”.
Alla domanda su cosa c’entri questo fatto con la vita di ognuno, e cosa implica per la storia dell’umanità, don Zito sostiene che la Risurrezione di Gesù non è un fatto che riguarda solamente Lui, “ma è anche una reale possibilità offerta ad ogni credente!”.
Perché “viene offerta la possibilità di partecipare alla stessa vita immortale del Risorto!”.
Nel Messaggio don Zito sostiene che la vera difficoltà per l’uomo d’oggi è quella di non ridurre la Risurrezione ad un dato di carattere storico “misurabile e manipolabile”.
Non si tratta di un fenomeno di mera ragione.
Negando le evidenze originarie, infatti, si sta cercando di produrre tecniche sempre più sofisticate senza essere più in grado di rispondere alla domanda di “bellezza, di giustizia e di bontà!”.
Il Messaggio afferma che se non si sottomette la ragione alla misura del cuore si rischia di non essere più capaci di “stupirsi, di meravigliarsi e, quindi, di porsi anche confusamente o inconsciamente alla ricerca dell’Incontro!”
Per cercare e comprendere le cose del cielo, - sottolinea don Zito – è una “questione di cuore”.
In questo contesto risorgere con Cristo significa “accettare la Sua signorìa e accogliere il Suo amore; obbedire alla Sua parola è vivere nella libertà! Se pertanto il nostro cuore è con Lui, noi siamo resi capaci di vederLo ovunque, anche nelle difficoltà e nei travagli della vita!”.
Don Zito ribadisce che “la vera distanza non è quella dei corpi, ma quella dei cuori!” e se non si ascolta il cuore è difficile riconoscere Gesù.
“Talvolta - è scritto nel Messaggio - anche noi affrontiamo momenti, che potremmo definire di ‘sepolcro’; situazioni, in cui il buio e il freddo sembrano aver ‘ucciso’ la calda luce della speranza e della gioia! Tuttavia, se il nostro cuore ama veramente il Cristo e si lascia da Lui amare, allora Lo ‘vediamo’ e, come Maria di Magdala, ci slanciamo per abbracciare i Suoi piedi! (cfr. Gv 20, 16-18)”.
Riprendendo la Sacra Scrittura (cfr. Sal 139 [138], 1-18) don Zito ha scritto “Noi non siamo soli in balìa del caso capriccioso, non siamo dei condannati a morte, bensì dei destinati alla vita, perché il Maestro è risorto ed è sempre con noi”.
Per vivere quotidianamente e fortemente l’appartenenza a Gesù, il Messaggio indica come esempio i martiri che hanno trovato “la forza e la gioia della fedeltà fino alla testimonianza suprema!”
Nella vita dei martiri la debolezza e l’eroismo si sono inseguiti, e “hanno annunciato il Signore della vita con la forza della debolezza e con l’ardore dell’amore!”
In questo contesto il Messaggio spiega “la profonda scissione fra la percezione e il desiderio di una vita buona e giusta e l’esercizio di una libertà, che spesso contraddice quel desiderio!” può essere risolta dalla Pasqua, quale “sorgente della sapienza e dell’amore!”
Principio di una “nuova creazione”, con la natura umana liberata da male e “restaurata nella gloria di Dio”.
Letta in questo modo la Risurrezione è giorno di liberazione, il giorno in cui siamo stati strappati, ‘dal potere delle tenebre’ (Col 1, 13) e ‘resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce’ (Col 1, 12)”.
Don Zito sostiene che dal Risorto scaturisce la speranza e la libertà creativa al fine di generare un “Umanesimo cristiano liberante!”.
“La libertà – è scritto nel messaggio - è lo “splendore” della Pasqua, che brilla sul volto degli uomini, che Lo riconoscono!”.
Il messaggio si conclude con l’affermazione che “niente più ormai, neanche il sordo rumore della morte, che accompagna quotidianamente la nostra esistenza, può renderci schiavi! Siamo stati infatti acquistati a caro prezzo: non per mezzo di realtà corruttibili, come l’argento e l’oro, bensì attraverso il sangue prezioso dell’Agnello immolato, Autore della vita! (cfr. 1Pt 1, 18-21)”.